[Bungo Stray Dogs] How to save a life
Cow-t, settima settimana, M6
Prompt: La speranza lascia il posto alla disperazione
Numero Parole: 1040
Rating: SAFE
Warning: SPOILER BUNGO STRAY DOGS --- SPOILER GROSSI!!!
Note: Atsushi e Sigma, liberamente interpetrabili.
La neve stava creando un manto morbido su ogni superficie del vicinato, uniformando tutto sotto una coltre bianca.
Sigma cercava di godersi quel momento, ma nella sua mente il peso della bilancia pendeva con costanza verso la zona più in ombra di lui, donandogli uno sguardo dai tratti malinconici e dalla incancellabile sensazione di dover chiedere scusa per tutto.
"Ecco qui!"
Prima ancora che Sigma realizzasse, Atsushi gli mise in mano una tazza bollente di cioccolata. Bollente al punto che il giovane uomo cacciò un piccolo urletto, appoggiando al volo la tazza sul kotatsu, senza riuscire a rovesciarne neanche una goccia nel mentre.
"Ah! Scusami!" disse avitato Atsushi. "Ti prendo del ghiaccio? O dell'acqua fredda? Kunikida mi ha detto che le patate funzionano bene con le scottature!"
Sigma si stava soffiando sui palmi, ma si mise a ridere sentendo la storia delle patate, dimenticando per un attimo il dolore. "Non abbiamo patate" fece presente, più per scherzo.
Atsushi invece era molto serio e prese tra le mani quelle di Sigma, analizzando i danni che aveva provocato senza badare alla temperatura della tazza.
"Tranquillo, sta già passando" mentì Sigma, ma alla fine sarebbe stato così. Passava tutto, prima o poi.
"Mi dispiace!" disse ancora il ragazzo. "Dovevo farci più attenzione, tu hai le mani così delicate."
Sigma arrossì un po', con piacere. Non era esente dai complimenti, soprattutto quelli che sentiva meritati, visto come si prendesse cura delle proprie mani con le lozioni giuste. Tuttavia, lasciò da parte l'orgoglio e sorrise al ragazzo, ricambiando il gesto e osservando a sua volta le sue mani.
"Uhm" mormorò pensieroso, frenando in tempo le parole dall'esprimere qualcosa di simile a in effetti, le tue dita avrebbero bisogno di un po' di tregua.
I palmi di Atsushi avevano diversi calli, vecchie scottature e addirittura piccole cicatrici. Sapeva che la maggior parte erano dovuti all'infanzia e all'adolescenza passata all'orfanotrofio, il ragazzo stesso gli aveva raccontato la sua infanzia; tuttavia, neanche il lavoro in Agenzia era così clemente. "Ho qualche crema che potrebbe ammorbidire e nutrire la pelle. Che ne dici? Vuoi provare?" domandò con un sorriso un po' timido e un tono di voce arrotondato da una piccola speranza. Atsushi annuì, sia interessato che incuriosito.
La loro convivenza era fatta di impacci e un continuo chiedere scusa, ma anche piena di momenti di tranquillità e inezie per cui l'animo tormentato di Sigma ringraziava. Ricominciare non era facile. Sarebbe stato impossibile farlo da solo, vivere col fardello della consapevolezza di essere lì, nel mondo, solo perché qualcuno un giorno aveva posato la penna su un Libro sovrannaturale e gli aveva dato forma.
Sigma a volte si chiedeva come riuscisse a essere lucido, a non impazzire e cedere alla voragine interiore che lo accompagnava da sempre.
Credeva di essere solo vittima di un'amnesia, che da qualche parte, anche se non lo avesse mai scoperto, c'era stata una vita che aveva vissuto prima del ricordo più lontano che conservava. Tutte menzogne, tutti sogni soffiati nella sua testa da chi lo aveva voluto al fianco per il suo potere e come pedina in una scacchiera minata.
Incontrare l'Agenzia di Detective doveva essere stata l'unica benevolenza da parte di un Dio di cui non era figlio, ma che si era commosso per la sua miseria. O ancora, voleva credere che trovare Atsushi sulla propria strada fosse un modo del Destino per alleggerire il peso di un'esistenza che poteva essere spezzata strappando un leggero foglio di carta.
Le persone morivano in un battito di ciglia; sarebbe potuto succedere anche a lui, che nell'essere un replicato umano era confondibile con chiunque altro. Tuttavia, Sigma non aveva una famiglia. Lui non aveva avuto un ventre materno in cui crescere e da cui nascere, un'infanzia di ginocchia sbucciate e prime scoperte del mondo, un'adolescenza a rincorrere desideri e illusioni. Lui un giorno aveva aperto gli occhi e l'unica sensazione che aveva avuto era stata di non sapere chi fosse.
Aveva dato tutto se stesso per il piano folle di Kamui, Fyodor, Nikolai e gli altri.
Aveva ottenuto Atsushi.
Non come premio di consolazione, ma come possibilità di riscatto.
La prima vera persona gentile con lui.
La prima persona come lui. Un altro figlio del Libro, come avevano iniziato a chiamarli.
Il trauma e lo shock era stato pieno, potente e aveva minacciato di distruggerli. Ma la forza d'animo di Atsushi, e le persone che lo circondavano, l'avevano salvato.
E Atsushi aveva teso una mano a lui, Sigma, portandolo fuori dall'oscurità.
Il mito del vaso di Pandora mentiva quando diceva che la speranza sarebbe stata l'ultima ad abbandonare il vaso, per diffondersi solo quando i suoi fratelli avessero schiacciato gli animi umani. Il mito mentiva perché, dopo di lei, tra le ombre di quel fondo infausto, la disperazione rimaneva a vegliare, pronta ad abbracciare chi si illudeva e si lasciava fuorviare da desideri imbevuti nella fiducia di un futuro che giocava a dadi.
Se un uomo era la somma delle proprie azioni, ricordi e aspettative, Sigma era un'imitazione ingannevole. Sigma...
"Sigma?"
Atsushi lo stava chiamando, le mani a coppa sul viso del giovane uomo. "Va... tutto bene?"
Sigma sbatté le palpebre un paio di volte, spaesato. Si era di nuovo perso negli incroci infiniti dei propri pensieri.
"Io... sì" farfugliò, facendosi un po' indietro per l'imbarazzo crescente. Atsushi lo lasciò andare, arretrando a sua volta e risedendosi vicino al kotatsu.
"La cioccolata si raffredda-" ridacchiò il ragazzo, grattandosi la nuca. "E sono andato a prendere l'astuccio che dicevi."
"Oh, sì, giusto, le creme" si ricordò il maggiore.
Il silenzio era teso ma in maniera piacevole, spezzato da qualche risata e poche parole, dette mentre Sigma frugava in cerca dei tubetti giusti. Una skin care fuori programma era una delle cose tipiche che potevano succedere in serate come quelle e Sigma sentiva il proprio cuore, e in parte la mente, rappacificarsi col mondo in quei brevi momenti. Era una cosa di cui non sapeva di aver bisogno finché non succedeva. Una routine di serenità che poteva instaurare solo con Atsushi.
"Ecco, spalmala così" disse, facendo vedere come stendere la crema, inebriato anche dall'odore di quella cioccolata rimasta intoccata, ma che sapeva sarebbe stata buona lo stesso anche dopo.
Con Atsushi vicino, pensare al futuro era più facile.