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Cow-t, settima settimana, M6

Prompt: Un altro giro della spirale

Numero Parole: 1082

Rating: Safe

Note: post Dark Era, incentrato su Ango.  




Alla Divisione Governativa per la Supervisione dei Poteri Sovrannaturali c'era un'usanza per quegli agenti a cui toccavano incarichi sotto copertura. Non era una regola e non era riportata in forma scritta da nessuna parte. Non tutti ne erano a conoscenza, anzi, erano più i casi in cui agenti di passaggio, segretarie, nuovo personale e via dicendo si trovavano ad additare la buffa statuina che compariva sulle scrivania di quei membri della Divisioni "in congedo momentaneo". 

Era la piccola scultura in legno scuro di una rana. 

Dal giorno alla notte appariva vicino alla targhetta sulla scrivania che identificava il proprietario dell'ufficio. Non era molto grande e neanche particolarmente pregiata. Però stava lì, senza spiegazioni. Era anche uno dei motivi per cui alcuni avevano soprannominato la Divisione "lo stagno", scherzando su come quelle ranocchiette ogni tanto facessero la loro apparizione, presidiando posti lasciati vuoti. 



Ango aveva conosciuto quella storia quando era tornato dalla sua missione sotto copertura presso la Port Mafia. Mentre tentava di arginare la voragine che gli si era aperta nel petto e si chiedeva se fosse giusto, per lui, dopo tutto quel tempo, tornare a sedersi a una scrivania e lavorare, aveva trovato quella rana in legno ad aspettarlo. Non ci aveva fatto caso da subito, i suoi pensieri erano altrove. 

Non solo Odasaku era morto, Dazai era scomparso e la Mafia, raggirandolo come avesse avuto cinque anni, aveva ottenuto il permesso di adoperare i poteri soprannaturali legalmente in cambio della sua vita. Ango si sentiva sconfitto su tutta la linea e non riusciva a focalizzare realmente l’attenzione su quella piccola scultura intagliata. 

"Ancora a crucciarti, ragazzo?" 

Il capo Taneda entrò nell'ufficio e chiuse la porta alle proprie spalle. Aveva il solito sorrisetto provocatorio sulle labbra, qualcosa che l'Ango di ora riusciva a tollerare poco rispetto a prima. Dopo due anni nella Mafia a contatto con Mori Ougai e Dazai, Ango aveva appreso quanto insidiosi, menzogneri e dolcemente velenosi potessero rivelarsi i sorrisi. Il suo umore era di un grigio così scuro che poteva sentire il rombo di quei tuoni che nelle ultime ore si erano tradotti come battiti feroci nelle sue orecchie. Un momento così basso nella vita Ango non lo aveva mai sperimentato, ma da quello che aveva imparato, impastò un contro sorriso in risposta. 

"Sto meglio" mentì, e non si sentì in colpa. Si era abituato a farlo. 

"C’è un detto in Occidente: Ora et labora, Prega e fatica, lo conosci?" 

Ango abbassò lo sguardo sulla rana intagliata. "No." 

"Era un modo di dire dei monaci benedettini. Il tempo per la preghiera e il tempo per la fatica. Un modo per scandire le giornate con equilibrio." 

Per un attimo, un'espressione sarcastica attraversò il viso di Ango, nascosta solo dal fatto che stesse dando le spalle al superiore. Le sue dita si erano mosse di propria iniziativa per sfiorare quell’oggetto che non gli apparteneva, eppure sembrava lì per aspettarlo.

"Hai passato due anni sotto copertura, dividendoti tra noi, la Mafia e anche la Mimic. Un giorno ne raccoglierai i frutti." 

L'unica cosa che Ango avvertiva più forte e impossibile da rimarginare era il senso di colpa e la perdita delle due persone a cui meno e mai avrebbe dovuto affezionarsi. I frutti li avevano raccolti la Mafia e la Divisione, la prima col permesso di operare legalmente, la seconda con tutte le informazioni che lui aveva alacremente scritto in quegli anni. La sconfitta, il lutto e il dolore era ciò che avevano lasciato ad Ango. 

"Vivere due vite, anzi tre, nel tuo caso, è stata la causa che ha spezzato il tuo equilibrio. Hai faticato troppo senza il tempo da dedicare alla preghiera." 

Forse, pensò l'agente, il capo Taneda aveva voglia di prenderlo in giro. Lo sapeva un tipo tradizionale, anche dal modo in cui vestiva, ma non era qualcosa che faceva per lui. Ango non rammentava di essere mai stato particolarmente devoto a nessun culto o divinità. Aveva degli ideali, qualcosa che al momento si trovava sepolto dentro di lui, sotto i sentimenti che si erano corrosi in fretta nel giro delle ultime settimane. Ma pregare, ora come ora, lo faceva ridere interiormente in maniera disgustosa. Che cosa volesse intendere il capo Taneda non era così sicuro di volerlo sapere in quel momento. 

"Cosa sai di queste rane?" continuò il superiore, prendendo in mano la statuina. 

Anche se stanco e con la voglia di togliersi gli occhiali e non vedere più il mondo, Ango rimase nel proprio personaggio. 

"Avevo sentito qualcuno dire che appaiono sulle scrivanie degli agenti in congedo." 

"Apparire è una concezione metafisica” rise Taneda. “Metto io personalmente queste statuine sulla scrivania dei miei agenti sotto copertura. Ho lasciato questa rana qui il primo giorno in cui sei entrato nella Mafia.”

Un’emozione impercettibile e inspiegabile fece guizzare lo sguardo di Ango, che tuttavia si focalizzò finalmente sul proprio capo, che continuò nella spiegazione. “La rana è un anfibio e l’etimologia della parola è dalle due vite. Questo perché la rana è capace di vivere sia in acqua sia sulla terra, la stessa capacità che sviluppano i miei agenti quando si infiltrano, il vivere una doppia vita, parallelamente, dividendosi tra malavita e rettitudine.” 

Ango sentì una commozione indesiderata premergli agli angoli degli occhi. Non ne riconobbe il motivo, ma era come se uno dei tanti sentimenti stracciati dentro di lui avessero trovato la voglia di emergere e palesarsi. Era così rotto dentro, che qualsiasi movimento, qualsiasi pensiero, rischiava di ferirlo con fin troppa facilità. 

Se Taneda se ne accorse, non infierì. Riappoggiò la statuina sulla scrivania, infilandosi poi le mani nelle maniche del kimono e riprendere il discorso. 

“La rana è anche simbolo di buona fortuna, per il suo nome che significa ritornare. Concedimi questo pensiero sentimentale e di buon augurio, ma spero sempre che ognuno di voi torni in ufficio sano e salvo” e qui Taneda sospirò con aria paterna, guardando altrove e lasciando ad Ango la privacy necessaria a scacciare una lacrima indesiderata. “Non hai fallito nel tuo incarico. Sapevo che Mori non si sarebbe fatto fregare facilmente, ma non avevo inteso appieno fino a dove potesse spingersi per i propri obiettivi. I tuoi anni da infiltrato ci sono valsi informazioni inestimabili. E sei tornato vivo. Questo è quello che importa, intesi?”

“Sì, signore.” 

“Bene così, ragazzo. Prenditi il tempo necessario e chiudi con quello che è successo. Non è che un altro giro della spirale chiamata vita, non trovi?. Ah, la rana puoi tenerla. Non si finisce mai ad avere bisogno di fortuna oggigiorno.”  


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