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COW-T 14, seconda settimana, M2
Prompt: Sacrificio
Numero parole: 514
Rating: SAFE
Note: //


 
L'ultima cosa che Lio ricorda è il sangue di Galo sulle mani. Caldo, una sensazione strana per lui che è stato molto simile al fuoco - se non peggio - per tanto tempo. Ma il sangue di Galo bruciava tra le sue dita, mentre il fiato si riduceva fino a essere un filo sottile. Quello stesso filo sottile che ha tenuto Galo in vita nella corsa verso l'ospedale, attraverso il corridoio e in barella, fino a sparire in sala operatoria e lasciare Lio lì, fuori da due semplici porte, bloccato da un “faremo tutto il possibile” e poi solo una luce rossa a gettare una sfumatura di tensione su tutto l’ambiente.
Sono passate quasi settanta ore da quel momento. Lio le sta contando tutte perché ha bisogno di tenersi impegnato, ha bisogno di non sentire il sangue correre nelle vene e ascoltarlo urlare vendetta, inneggiare a una risposta uguale e doppia a quello che hanno fatto a Galo. Sente i morsi della rabbia divorarlo nell’attesa, mentre Galo è lì a occupare un letto che non sembra abbastanza grande per lui, in una posa così immobile che sembra innaturale. Anche quando dorme Gallo riesce a essere vivo, riesce a dare l'impressione di star facendo tutto meno che riposare. Lio è immobile di fianco a quel letto da quando è uscito dalla sala operatoria e lo riconosce a stento, come se gli avessero restituito un guscio vuoto. 
Ha bisogno che Galo si svegli. Ha davvero necessità di sentirlo, di ascoltare una sua qualche uscita stupida, di volersi muovere dal letto contro il parere del medico, di dire che va tutto bene, che è un graffio, che non è successo niente. Lio ha davvero bisogno di sapere che riavrà Galo di fianco a sé.
E poi c'è questa vocina che pensa a quanto sia pericoloso per Galo stargli accanto. La gente lo odia ancora, a Lio. Ci sono persone lì fuori pronte ad alzare un’arma contro di lui in nome di un passato che ha visto tanta, troppa umanità combattersi e odiarsi e mai trovare pace. E Lio ha incarnato quel simbolo.
Mentre Galo… no, Galo era l'eroe. Galo non ha smesso di esserlo. Galo ha trascinato Lio al suo fianco, lo ha portato dal lato dove si ride, dove si organizzano serate di pizza e film, dove dormire di fianco a qualcuno che si vuole bene non è sinonimo di protezione contro un nuovo giorno che sorge, ma la più semplice condivisione di tempo e spazio e affetto.
Lio lo sa perché Galo si è sacrificato senza pensarci due volte, perché si è gettato sulla traiettoria di un proiettile destinato a lui in nome dell'odio. Lio lo sa, ma se ci pensa, se lo realizza, il respiro si spezza in un singulto, in un suono che Lio detesta, perché significa dare spazio all’angoscia, al cuore che non riesce a contenere l’angoscia, agli occhi che si fanno lucidi e alla gola che balbetta una preghiera.
Lio non vuole più sentire il sangue di Galo sulle mani. Lio vuole solo che Galo apra gli occhi e torni tutto come prima. 


 
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COW-T 13, sesta settimana, M6
Prompt: Tema libero
Numero parole: 300
Rating: //
Warning: //



Quando le mani di Lio tremavano, Galo gliele stringeva. 

La prima volta era successo in un momento di tensione. Lio non era direttamente sotto accusa - le sue colpe, i suoi crimini, la sua vita da Burnish era già stata posta sotto processo - ma ogni parola trasudava di "se" e di "ma" che lo riguardavano.

Se i terroristi avessero... Ma purtroppo i Burnish non hanno... 

Parole, parole... 

"Non sanno quello che dicono" aveva concluso Galo con un'altrava di spalle, stringendo le loro dita e trascinandolo via. "Non ti conoscono."

Lio non si era imposto. 

Era successo in altri momenti che le mani di Lio tremassero e quelle di Galo, due, tre volte più grandi, erano sopraggiunte puntuali ad afferrarle. 

"Stai tremando! Hai freddo?" 

"Ehi, hai la febbre? Accidenti, scotti!" 

"Hai sbattuto il gomito!? Ahah, ti formicolerà per ore!" 

"Ehi, Lio, cos'hai? Vuoi che torniamo a casa?" 

Ormai convivevano da quasi tre anni. L'ex Burnish aveva accettato una vita sedentaria, stabile, una vita che, nel cuore della notte, quando non riusciva più a chiudere occhio, gli permetteva di tracciare le linee sulle mani gigantesche di Galo. Quelle dita che lo avevano salvato in più di un'occasione, goffamente o con poca delicatezza, ma che non si erano mai sottratte dal dargli calore. A stringere quando il mondo pretendeva da lui un senso di colpa inzuppato di ricordi, di dolori, vividi ma lontani. Se non era bruciato fino a diventare cenere, Lio lo doveva a quelle mani e alla testardaggine che erano in grado di trasmettere. 

"... hai freddo?" 

Lio sussultò appena, sentendo il respiro di Galo tra i capelli cianciare quelle due parole. Gli strinse la mano che stava osservando tra le proprie, come un bambino che ha trovato un tesoro, il più prezioso al mondo. 

"No... è tutto perfetto. Buonanotte."


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COW-T 12, quinta settimana, M1
Prompt: Interruzione
Numero parole: 883
Rating: Verde
Warning: //



La prima interruzione, per quanto irritante, Lio l’aveva accettata.

Era stata una chiamata di emergenza - un incendio anche piuttosto brutto in un locale - e poteva succedere. Ovviamente la sera in cui lui e Galo stavano finalmente per arrivare al dunque dopo mesi di tira e molla, tensione alle stelle e tutto il corredo, ma il lavoro era lavoro, e, se c’erano delle vite in pericolo, Galo era il primo a mettere tutto da parte. Lio non era stato da meno, certamente.

Quindi l’ex Burnish aveva sospirato pesantemente, era passato in bagno per sciacquarsi il viso con l’acqua più fredda per smorzare l’eccitazione e si era precipitato fuori casa con il compagno per raggiungere il luogo dell’incendio in moto. Ci avevano impiegato buona parte della notte per domare le fiamme, evitare che gli edifici limitrofi venissero coinvolti e, in fine, ciliegina sulla torta, Galo aveva fatto troppo lo spavaldo e si era procurato una piccola frattura al gomito e incrinato qualche costola in un salvataggio estremo.

Prognosi del medico: molto riposo e pochi sforzi.

Prognosi di Lio (con una certa dose di stizza tra sé e sé): programma prima volta posticipato a data da destinarsi.

Tuttavia, l’ex Burnish aveva compreso le circostanze e se le era fatte andare bene.

La prima volta.

La seconda volta che erano stati interrotti, dopo più di un mese di attesa e di preparativi e aspettative, Lio aveva iniziato ad avere un tic nervoso. Aveva predisposto tutto - atmosfera, cibo, occorrente, impegni. Ma no, il giorno prima il Sindaco aveva deciso di impiegare proprio la loro caserma in un progetto nuovo di sensibilizzazione della comunità, sia sul tema prevenzione degli incendi sia sulla riabilitazione dei Burnish nella società. 

Era finita che Galo e Lio non solo si erano ritrovati le agende piene di appuntamenti extra con gruppi di sconosciuti, scuole e simili, ma anche separati per la maggior parte del tempo. Una volta tornati a casa, erano sempre così stanchi che il massimo di contatto che avevano avuto era stato addormentarsi uno sopra l’altro in maniera disordinata e senza neanche cambiarsi.

Un altro mese era volato in quella maniera e Lio aveva iniziato a odiare chiunque li interrompesse anche solo mentre prendevano un caffè in pausa, un raro momento che potevano passare insieme.

Oltre a quello, Lio aveva dovuto mettere in conto la propria libido offesa. Non aiutava ritrovarsi a fissare Galo che usciva dalla doccia per poi vederlo vestirsi in fretta e scapicollarsi per un appuntamento o una chiamata improvvisa. Come non aiutava essere svegliato dalle sue erezioni mattutine contro il corpo e non avere neanche un momento per ricamarci qualche idea sopra, perché il pompiere era già fuori dal letto per la sveglia o il telefono che squillava. Non aiutava minimamente fissare il cavallo dei suoi pantaloni, rintronato dalla stanchezza e dalla voglia, e fantasticare su cose ed essere punzecchiato da Aina o Lucia, o sentire Remi passargli di fianco e commentare con un Prendetevi una stanza. Come se non ci avesse pensato. O non avesse pensato di spegnere entrambi i loro cellulari e finalmente avere quella cavolo di prima volta in silenzio, solo loro due.

La terza volta che ci avevano provato, un vicino aveva suonato al loro appartamento perché il tubo del gas perdeva e Galo era accorso mollando Lio sul letto, mezzo svestito e con un nodo nel basso ventre che gli aveva fatto emettere un urlo frustrato nella federa di un cuscino.

La quarta volta c’era stato un blackout generale nel quartiere ed erano dovuti intervenire.

La quinta volta Galo si era addormentato per la stanchezza e Lio aveva avuto un mezzo pensiero di assaltarlo comunque, finendo invece col chiudersi in bagno a farsi una doccia e sfogarsi da solo.

Dopo tre mesi in bianco, Lio era sull’orlo della follia.

“Io giuro” iniziò, mentre chiudeva a chiave la porta di casa a doppia mandata e staccava il telefono fisso e il wi-fi. “Che se questa notte qualcuno suona o bussa, lo ammazzo.”

Galo rise, osservando il tutto seduto sul divano mentre divorava a manciate le patatine da un sacchetto gigante.

“Perché, che succede stanotte?”

Non c’era malizia. C’era solo la sua perenne ingenuità. Non sapeva cosa Lio avesse in mente perché l’ex Burnish aveva deciso che programmare significava solo vedersi i piani rovinati. Quindi aveva preso in mano il timone tutto nell’ultima ora.

Avevano la sveglia presto il giorno dopo, ma erano fortunatamente tornati prima. Erano stanchi ma non spossati. Il film d’azione che Galo aveva scelto di vedere per rilassarsi avrebbe potuto fare loro da accompagnamento, a Lio non importava.

L’unica cosa che gli premeva era l’eccitazione costretta nei pantaloni e il bisogno fisico di avere Galo. Senza atmosfere preparate, senza lenzuole particolari, solo loro due. Il divano sarebbe stato perfetto.

Lio non rispose alla sua domanda se non dopo aver spento i cellulari di entrambi e averli buttati sulla poltrona libera.

“Stanotte” e nel dirlo, si inginocchiò davanti a Galo, in mezzo alle sue gambe, fissando così dall’alto in basso il compagno - che aveva la bocca sporca del sale e dell’unto delle patatine. “Siamo solo io e te.”

E, finalmente, si dedicò a slacciargli i pantaloni e prendersi ciò che agognava da mesi. 


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Cow-t, settima settimana, M4

Prompt: Warning: Alternate Universe – Pirates/Mermaid

Numero Parole: 1337

Rating: SAFE

Note: Lio e Galo versione pirata e sirenetto. 



Lio comprese di essere spacciato prima ancora di cadere in acqua. 

La tempesta sopra le loro teste era ancora nel pieno della sua ferocia. Il ponte della nave era impraticabile senza funi di sicurezza a cui legarsi. Alcune casse del carico si erano rotte, riversando il contenuto ovunque e intralciando ulteriormente i movimenti. Non c'era un singolo membro dell'equipaggio pirata che potesse permettersi di rimanere con le mani in mano o che non stesse già rischiando la vita. 

Lio era uno di questi, appeso alle sartie con una mano e tutte le sue vane speranze. La corda che aveva stretto intorno alla vita come tutti, e che avrebbe dovuto evitare che finisse in mare senza la possibilità di ritornare a bordo, giaceva sul ponte come un serpente a cui era stata tagliata la testa. Una cima recisa e non accidentalmente: il capitano aveva appena riposto un piccolo pugnale all’interno del proprio pastrano, fermo in piedi sotto la sartia al pari di una montagna che non teme la furia del vento e della pioggia. Il ghigno di Kray era la realtà sotto la maschera da capitano benevolo che indossava quotidianamente mentre era in mezzo al suo equipaggio. 

Lio lo sapeva. Si era imbarcato con l'intento di rovesciare Kray, di fermarlo una volta per tutte dallo sfruttare le isole dove la sua gente viveva, di rapire i suoi compagni per rivenderli come schiavi, e, allo stesso tempo, far credere a tutti di essere un benefattore. 

Tuttavia, e si odiava per questo, Lio lo aveva sottovalutato. Aveva preso sotto gamba la perfidia con cui l'uomo era capace di sfruttare a proprio vantaggio qualsiasi situazione. Aveva sottovalutato che potesse sapere chi fosse, smascherarlo senza sforzi, e prevedere le sue intenzioni. E fermarle prima che potesse attuarle, ovviamente. 

"Saresti uno schiavo perfetto, Lio Fotia. Capitani, nobili, borghesi faranno a gara per comprare il tuo bel faccino e il tuo corpo minuto, ma resistente" disse Kray, allungando una mano verso Lio, il ghigno che deformava la sua faccia. "O questo o la morte." 

Lio seppe in quel momento che sarebbe morto. 

Sarebbe morto pur di non diventare l’ennesima vittima delle ambizioni di Kray. Aveva come unico rimpianto quello di non essere riuscito a piantargli un coltello nella gola quando avrebbe potuto, credendo di avere tempo per portare a termine il proprio piano e sopravvivere. Era stato un ingenuo. 

Così, Lio scelse la morte. Non avrebbe permesso a Kray di metterlo in ginocchio e ricavare qualsiasi guadagno dalla vendita della sua libertà. 

Il gesto fu il più stupido che avesse mai fatto. Si lasciò andare all’indietro, accettando il proprio destino che lo attendeva tra il vento e flutti impietosi del mare, sotto gli occhi attoniti di alcuni dei compagni. Per un breve momento, Kray recitò ancora la propria parte, mettendo su un’espressione allarmata, tentando all’ultimo di afferrare quel pezzo di corda che lui stesso aveva reciso e che, con la stessa teatralità, si fece sfuggire dalle mani.  

Lio non prestò orecchio alle grida, ma chiuse gli occhi. 

Infranse la superficie agitata dell’oceano e sparì in questo, con la consapevolezza di aver fallito e che nulla sarebbe cambiato. 




"UOMO IN MARE!" 

Galo gridò a pieni polmoni, accorrendo verso la paratia di fianco a Kray e agitando le braccia verso i compagni. 

"Capitano! Dobbiamo fare qualcosa!" urlò il ragazzo per sovrastare il fischio del vento e il rumore dei tuoni. "La sua cima di sicurezza! Possiamo ancora salvarlo!" 

Kray lo fissò con il viso impassibile, con qualcosa che avrebbe voluto imitare del rimpianto. 

"La sua corda si è spezzata, non c'è niente da fare" disse, abbastanza forte da farsi sentire anche dagli uomini intorno che erano accorsi. "Ormai è morto. Con questa tempesta si resiste poco e il suo corpo non era forte” continuò, col tono di un requiem addolorato, per alzare lo sguardo subito dopo. “Uomini! Per onorare la sua memoria dobbiamo sopravvivere!" concluse, voltandosi verso l'equipaggio per infondere maggior passione nel discorso. 

Galo non si diede per vinto. 

"Capitano! Posso salvarlo!" disse, guardando in mare e poi Kray. "Posso riportarlo qui!" 

"Vuoi morire anche tu? Che capitano sarei a lasciartelo fare? Sarebbe un suicidio" replicò Kray, con un'enfasi simulata. 

Galo sorrise sicuro, anche troppo. 

"Lasci fare a me!" 

E furono le ultime parole che disse prima di saltare fuori bordo. 

I compagni accorsero increduli, richiamandolo, mentre Kray non credeva alla propria fortuna nell'essersi liberato in un colpo solo delle due maggiori seccature del proprio equipaggio.



La sensazione dell’aria nei polmoni fu dolorosa tanto quanto l’acqua salata che gli aveva riempito e bruciato la gola fino a poco prima. Lio non capì cosa stesse succedendo. Non distingueva il sotto dal sopra, non aveva più forza nel proprio corpo. Sapeva solo che qualcosa, o meglio, qualcuno lo stava stringendo con fin troppa foga, tenendogli la testa fuori dall’acqua e gridandogli di rimanere sveglio. 

Ma chiedergli di restare cosciente era troppo, non dopo che aveva accettato di aver fallito e che la morte fosse la ricompensa adeguata. 

Era stanco e voleva solo che la sofferenza finisse. 


Quando Lio riprese i contatti con la realtà fu per una sensazione tiepida e bagnata alla bocca. I suoi polmoni si gonfiarono senza che lui facesse niente, se non sentire l’acqua ingoiata riemergere e provocargli un conato. 

Se prima era stremato, ritrovarsi vivo su una battigia fu anche più surreale dell’aver accettato la morte. Ci mise diversi dolorosi respiri a riprendere il controllo del proprio petto e della testa che gli esplodeva. Le onde del mare arrivavano a lambirlo, ma più con carezze e quasi un senso di scuse, che con la violenta con cui poco prima lo avevano fagocitato. 

Lio alzò gli occhi per guardarsi intorno, nonostante pure quel gesto risultasse doloroso. 

“Ehi! Sei vivo! Lo sapevo!” disse una voce alle sue spalle e Lio si voltò per rimanere completamente spaesato. 

Davanti a lui c’era Galo che sorrideva come un bambino felice. Lo stesso Galo che aveva pregato di essere preso a bordo, e l’aveva avuta vinta più per approvazione generale della ciurma che per volere del capitano (perché Lio lo aveva capito che Kray odiava quel ragazzo quanto odiava lui, se non di più). 

Lio non aveva nulla contro Galo se non per la sua profonda e insensata ingenuità. Un’ingenuità letale a bordo di una nave pirata, il tutto per seguire il proprio idolo, senza rendersi conto del male che questo faceva. 

Ma quello che al momento stava lasciando Lio senza parole, oltre al gesto di averlo salvato, era qualcosa che mancava a Galo. 

“Tu-” provò a dire Lio, ma aveva la gola bruciata dall’acqua di mare e si ritrovò a tossire di nuovo. Galo gli batté una mano sulla schiena, facendo quasi più danni per la troppa forza. 

“Ti ci vorrà ancora un po’ per riprenderti, te la sei vista brutta! Ti credevo morto!” ridacchiò Galo come se non fosse successo niente. 

Lio riuscì a fermargli il braccio prima che lo uccidesse a suon di “colpetti” per aiutarlo. 

“Tu” ricominciò, più se stesso, anche se rauco, ma lo sguardo di nuovo padrone di sé, anche se scettico. “Tu sei… una sirena?” 

“Un tritone!” ridacchiò Galo, imbarazzato, sbattendo sulla sabbia la propria coda con l’allegria di un cane scodinzolante. “È così che sono riuscito a salvarti” continuò, con un altro sorrisone. 

“Che cosa ci fai su una nave pirata!? Kray lo sa che cosa sei!?” 

“Volevo dirglielo, ma non c’è stata occasione. Ero troppo felice che mi avesse preso sulla sua nave. Sai, ho sentito così tanti marinai parlare di lui! È come una leggenda! Volevo troppo salpare con la sua ciurma! Ora dobbiamo solo trovare il modo per tornare alla nave. Saranno tutti felici di sapere che sei vivo!” 

Lio desiderò stesse scherzando. Non poteva essere così ingenuo. Scosse la testa. 

Se il lato positivo era essere ancora vivi e poter, quindi, riprendere la propria missione, dall’altro Lio si chiese come potesse salvare anche Galo, a cominciare dalla propria fiducia mal riposta nell’uomo peggiore di tutti. 

E solo perché gli doveva la vita. 

Sarebbe stata una lunga storia.  


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Cow-t, terza settimana, M1

Prompt: Neonato

Numero Parole: 778

Rating: SAFE



Lio si stava stropicciando un occhio, riprendendo i contatti con la realtà e con ciò che aveva intorno. Non era più in ospedale, nella stanzetta in cui aveva passato gli ultimi tre giorni, ma sul divano di casa, avvolto in una coperta in pile. Ogni fibra del suo corpo era ancora tesa e dolorante, ma il sonno, la prima vera dormita serena che aveva da diverse ore, gli aveva restituito un po' di energie. Anche se l'idea di rimettersi giù e dormire un altro po' non era così malvagia, ma quando si stiracchiò, i suoi piedi urtarono contro qualcosa di diverso dal bracciolo del divano. 

Tirandosi su, Lio si accorse di Galo. 

Galo che dormiva con la testa reclinata all'indietro, semidraiato sulla penisola e con i loro due gemelli in braccio, anche loro addormentati. Neanche una tazza di caffè avrebbe potuto svegliare di più Lio dell'ammirare quella composizione papà-bimbi. 

Scostando la coperta, e facendo piano per non svegliare di soprassalto Galo, l'ex burnish gattonò verso il trio, fermandosi in ginocchio a scrutarli come bestie rare e ammalianti. 

Se tre anni prima, quando era ancora latitante e additato dal mondo intero come "terrorista Mad Burnish", qualcuno gli avesse detto "incontrerai un pompiere e con lui non solo salverai il mondo e tutti i burnish, ma metterai anche su famiglia", probabilmente Lio gli avrebbe dato fuoco solo per aver insinuato che qualcuno - un pompiere poi - potesse approfittare della sua natura di omega e costringerlo a sfornare un figlio. Per uno sempre in fuga come lui e abituato alla sfiducia nel genere umano, non esisteva il pensiero di “potersi innamorare”. 

Ma di lì a tre anni scarsi, Lio non solo aveva perso la capacità di bruciare e aveva passato un periodo a lottare contro una forma di stress post traumatico, ma aveva anche ricominciato ad avere cicli di calore regolari e non più soppressi con un abuso di inibitori per rimanere sempre vigile. Questo, unito all’aver trovato in Galo un amico e un compagno, oltre a un alpha molto atipico, possessivo quanto un bambino con il giocattolo preferito, gli aveva inizialmente fatto rivalutare la possibilità di mettere radici stabili, cosa che in realtà era successa quasi fin da subito, e l'idea che, chissà, forse, un figlio in futuro ci sarebbe potuto essere. Perché allora non due, aveva proposto suddetto futuro nove mesi prima? 

Ed eccoli lì i gemelli. Con così poche ore di vita che a malapena si parlava di giorni, in braccio a Galo dove sembravano ancora più minuscoli di quanto non fossero. 

Non avevano ancora deciso i nomi definitivi, per quanto nove mesi fossero sembrati un'eternità per farlo, avevano solo liste variegate e per la maggior parte depennate o bocciate in tronco da amici e parenti. 

"Sono i figli dei due eroi che hanno salvato il mondo! Dovete scegliere qualcosa di decente!" era più o meno la tiritera che si sorbivano da Remi e Aina a giorni alterni. Il resto della squadra annuiva dalle retrovie, preferendo non mettere bocca, se non quando Galo se ne usciva con proposte imbarazzanti come Galolio perché era la fusione dei loro nomi; ma primo, era orribile e cacofonico - e Lio stesso lo aveva bocciato seduta stante, nonostante l'idea romantica di fondo - e secondo, erano in attesa di due gemelli, un solo nome non era d'aiuto. Per il momento, in cima alla lista rimanevano Lime e Blue che, neanche a farlo a posta, sembravano coordinarsi perfettamente con i colori dei capelli.

"Lime" pronunciò Lio sovrappensiero, nel silenzio rilassato del salotto, con un sorrisino che sentiva stupido. "E Blue" continuò, spostando l'attenzione sul secondo fagottino. Il piccoletto che, dai pochi capelli che spuntavano dalla cuffietta, aveva ereditato il colore di Galo, si agitò leggermente come a confermare che lo avesse sentito. Il cuore di Lio sperimentò un nuovo modo di battere e farlo sciogliere. Pensava che dopo Galo non si sarebbe potuto innamorare di nuovo. 

Anche se aveva avuto tutto il tempo della gravidanza per abituarsi all'idea di “essere madre” - e c'era riuscito, o almeno, c'erano stati momenti in cui avrebbe voluto stringerli adesso e subito tra le braccia - avere i gemelli lì con loro, reali e tangibili, così piccoli e perfetti, così concreti nell'essere il frutto di quel sentimento insperato che Galo gli aveva fatto crescere dentro, poteva quasi minare il suo controllo e farlo commuovere. 

Nel dubbio, volendo continuare a riempirsi occhi e petto di quella sensazione bellissima che era ammirare la propria famiglia, Lio si allungò a recuperare la coperta e si accoccolò addosso all'alpha. Era la sua isola felice. 

"Lio, Galo, Lime e Blue" mormorò a nessuno in particolare, ma sentiva che fosse tutto perfetto. 


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