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Cow-T, quarta settimana, M2

Prompt: Dimenticarsi di qualcuno/qualcosa

Numero parole: 556

Rating: SAFE


Fandom: Voltron LD

Personaggi/Ship: past Shiro/Adam, Keith/Lance, Matt/N7

Note: What If Post S8



Doveva essere un Giovedì sera normale. Un invito a cena a casa di Matt e N7, Pidge autoinvitata perché non lo sapeva, ma ehi, era casa di suo fratello, Lance e Keith per animare l'aria - ma il fatto che Keith fosse in tremendo ritardo doveva far presagire a Shiro che qualcosa non andava.

"Ma no, vedrai che la hoverbike lo avrà lasciato a piedi. La tratta con riverenza, ma quell'affare ha i suoi anni e lui è ostinato. Tra poco ci chiamerà per andare a prenderlo!" lo rassicurò Lance, nonostante fosse da un po' che continuava a smessaggiare dal cellulare e non sembrava soddisfatto.

Arrivò una chiamata dopo un po', ma non parve di nessuno in ritardo. Lance cambiò stanza, la fronte corrugata dopo aver sillabato un "Sta bene". Shiro iniziò a sentirsi nervoso dopo che anche il cellulare di Matt squillò.

"È Veronica" disse stranito. "Avrà voluto chiamare Lance e ha trovato occupato" e rispose. Come con il paladino blu, anche la sua faccia divenne dubbiosa. E poi impallidì.

"Che cosa sta succedendo?" chiese Shiro con quella brutta sensazione lungo la schiena.

Quando Matt mise giù stava fissando il cellulare come se non fosse reale. Anche Lance tornò dall'altra stanza e aveva la stessa faccia, ma guardò Shiro.

"Che diavolo avete!?" saltò su Pidge, nervosa. "Qualcuno si è fatto male!?"

"No, no..." iniziò Lance, passandosi una mano tra i capelli. Guardò Matt e sembrò dirgli di continuare lui.

Il maggiore degli Holt si alzò da tavola. "Prendete le giacche" ordinò e guardò tutti, tranne Shiro, invitandoli a uscire.

Shiro non chiese di nuovo, attese e basta.

Matt si passò una mano sulla faccia. "Non so come dirlo. Si tratta di Adam. Sembra non sia morto."



Shiro era dietro il vetro a specchio della camera ospedaliera in cui si trovava Adam. C'era un medico e un infermiere con lui, oltre a Iverson in attesa. Con il Capitano dell'Atlas invece c'erano Matt, Veronica, Keith e Lance.

"Stavano facendo un altro dei censimenti post-invasione richiesti dal governo, quando le impronte digitali di Adam sono risultate nel nostro database" stava spiegando Veronica. "Iverson ci ha spediti a controllare" e lo disse accennando a Keith, che se ne stava a braccia incrociate a fissare Shiro, come se da un momento all'altro dovesse intervenire per fare qualcosa. Al suo fianco Lance gli aveva già dato qualche gomitata, ma non era servito.

"Le sue condizioni fisiche sono più che buone" continuò Veronica. "Gli stanno ancora facendo dei test, ma sembra che chiunque l'abbia trovato e curato fosse competente. La protesi al piede sarà sostituita con una di quelle progettate da Coran entro domani."

Shiro, nonostante tutti quei ragguagli, continuava solo a fissare la figura di Adam dall'altra parte del vetro. Il suo sguardo era intenso e con un senso di colpa così profondo che Matt si sentì colpevole a sua volta, in silenzio, ripensando alla missione Kerberos, agli anni di guerra coi Galra, a tutto.

"C'è solo una cosa a cui purtroppo i medici non sanno dare notizie positive" riprese Veronica in fine, appoggiando una mano sul braccio di Shiro, che non si mosse, come se non sentisse il contatto. "Sembra che... abbia perso completamente la memoria. Ricorda solo di chiamarsi Adam e che stava aspettando qualcuno."

Shiro chiuse gli occhi e nessuno riuscì a dire niente quando iniziò a piangere.


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Cow-T, seconda settimana, M1

Prompt: Fantascienza

Numero parole: 1943

Rating: Safe


Fandom: Voltron LD

Personaggi/Ship: Shiro & Matt, mentioned Shiro/Keith, mentioned Matt/N7, past Shiro/Adam

Note: post S8. La domanda giusta è sempre “Curtis chi?” quando si parla di matrimoni.

L’idea è stata maturata da questo post.





«My battery is low and it’s getting dark»

Piccola dedica a Opportunity
e alla sua missione su Marte.






Anche dopo tutti quegli anni, Matt sapeva sempre dove trovare Shiro.


La Garrison Galaxy era stata ricostruita da cima a fondo; rinnovata, ampliata, modernizzata con piccoli implementi di tecnologia aliena che permettevano l’utilizzo di energia pulita grazie ai cristalli di Balmera e a circuiti messi appunto dallo stesso Coran - e battezzati Pop Pop Tech in onore del nonno di cui tanto andava fiero.

Era un luogo completamente nuovo, ma che riusciva lo stesso a conservare quei sogni di gloria verso lo spazio che aveva sempre promesso alle nuove reclute. La novità stava nel fatto che ora quei sogni erano una realtà tangibile, non solo per gli innumerevoli reperti, filmati ed eventi che si tenevano nella zone del museo, ma anche e soprattutto per la presenza, tra il personale, di veri e propri extraterrestri.

L’alleanza galattica di cui la Terra si era fatta promotrice, dalla sconfitta della dittatura Galra, aveva portato il pianeta stesso a essere una nuova culla di civiltà. Dire che gli esseri umani fossero all’apice di un periodo di pace, prosperità e uguaglianza era una realtà concreta e appagante di cui i libri scolastici avevano già cominciato a parlare nei loro paragrafi di storia contemporanea.

Eppure, soprattutto tra gli eroi di quella guerra, c’era sempre chi conservava un occhio al passato, come un’ombra silenziosa, che se ne stava lì, senza cattive intenzioni, a ricordo di cosa fosse andato perduto, di chi si fosse sacrificato giustamente e ingiustamente.


La Garrison aveva sempre avuto un piccolo parco, si poteva dire una specie di oasi, considerando la locazione nel deserto del Texas. Era sempre stato uno spazio ben tenuto e curato, con aiuole di fiori coriacei alle temperature più estreme e un piccolo monumento al centro. Durante l’invasione Galra era andato distrutto, per essere poi ricostruito e ampliato successivamente, per ridare agli studenti e ai veterani un luogo di pace e ricordi.

«La mia batteria si sta scaricando e si sta facendo buio» Matt lesse a voce alta la targhetta affissa alla statua del rover Opportunity per palesare la propria presenza. Shiro, seduto sulla panchina davanti a lui, trasalì appena e Matt ghignò, facendo il giro e buttandosi di peso al suo fianco.

«Allora, nonno Shiro, hai portato le briciole di pane per i piccioni? Perché sembri proprio un vecchietto in pensione che cerca conforto nella nostalgia. È un po’ presto per Knockin' on Heaven's Door.»

«Accidenti, Matt. Quand’è che sei diventato così molesto? Nei miei ricordi nostalgici sei un Matt topo di laboratorio che si faceva una trentina di equazioni, prima di buttarsi a parlare anche solo con l’inserviente della mensa.»

Holt ridacchiò, sistemandosi con i gomiti sulla spalliera della panchina e dondolando il piede della gamba accavallata sull’altra.

«Ricordi questo perché eri troppo concentrato su tutto per scorgere l’altro lato di me. Ma tranquillo, non te ne faccio una colpa. Eri e sei rimasto il mio idolo.»

Le rughe sulla fronte di Shiro si infittirono nel voltarsi a guardarlo. Matt soffiò fuori un lungo respiro, prima di continuare.

«Credo che qualsiasi cosa io abbia combinato all’epoca ormai sia caduta in prescrizione? Sono passati più di dieci anni… quindi, se ti dicessi che lo scherzo della lavanderia è stata opera mia? O quello al bagno della palestra? In biblioteca però diedi il meglio di me, ma quello che è rimasto negli annali è stato lo scherzo sul sito dell’accademia e decisamente merita il podio...»

«… eri tu il Poltergeist della Garrison!?» realizzò Shiro, con una nota stridula e sconvolta.

Matt mise su un’espressione contrita, quasi costipata, di quelle che spesso aveva in volto ai tempi della scuola, e fece anche finta di sistemarsi gli occhiali tondi che non aveva più.

«Chi mai avrebbe potuto sospettare di questo innocentissimo secchione inabile a socializzare? E poi ero la tua ombra, mi hai sempre fatto inconsciamente da garante.»

«Sei stato tu quella volta, dopo l’allenamento a- Sei stato tu a rubare i vestiti e gli asciugamani in bagno!» lo accusò, come fosse successo il giorno prima. Poi, l’imbarazzo ebbe la meglio. «Mi- mi hai costretto a girare nudo!»

«Il mondo doveva conoscere tutta la tua gloria. E poi quella fu in parte un’idea di Veronica, ammetto. Si lamentava a destra e a sinistra che voleva una tua foto ricordo dopo che ha scoperto che per lei non c’era trippa per gatti con te… così ho pensato a come accontentarla.»

Shiro aveva quasi fatto volare via gli occhiali - che Matt prese al volo - nel nascondere il viso tra le mani, insieme a un paio di maledizioni ululate. La vergogna provata dieci anni prima tornò a invaderlo con la stessa potenza di allora.

«Suvvia, è stato eoni fa!» lo consolò l’amico, senza alcun pudore. «Ormai è una leggenda, un mito! Pensala così: quei pochi che hanno avuto l’onore di vederti come mamma ti ha fatto, ogni tanto ne parlano ancora con riverenza. Ma ti sei perso Keith la prima volta che ha sentito di questa storia! Come se non vedesse l’ora di-»

«Grazie, basta così» borbottò Shiro, ancora immerso dai propri palmi. «Non c’è bisogno di rovinarmi ulteriormente quei pochi ricordi innocenti che conservo.»

«… disse il marito del gatto. Lui ora la tua gloria se la gode, però.»

«Matt» lo supplicò, facendo capolino tra le dita con gli occhi e un’espressione devastata. «Sei una persona orribile. Mi sono anche sacrificato per te.»

«E quello è stato il momento in cui ho giurato che sarei diventato una persona migliore. Se sono ciò che sono, lo devo a te» replicò l’altro con una sincerità così disarmante che per un attimo Shiro ci cascò. «Però il pacchetto completo “Matthew Holt” comprende anche tutto il mio lato oscuro» concluse l’ex ribelle, facendo spallucce.

«… il casino successo all’addio al celibato è stata opera tua, vero? La scatola di conigli e la squadra di mini golf Galra? Dimmi di no

Il ghigno sulle labbra di Matt anticipò la risposta.

«Non sono stato fenomenale? Avresti mai sospettato di me fino a oggi? Sono stato davvero un bravo attore!»

«Hai fatto venire a Hunk la fobia per i conigli.»

«Effetti collaterali» replicò il ribelle. Gli passò un braccio intorno alle spalle, in maniera cameratesca, come fossero stati di nuovo gli anni d’oro della Garrison. «Allora, dopo queste splendide epifanie, ti va di dire al tuo vecchio compagno di stanza e missioni naïf come mai sei qui? Anche ora che hanno ricostruito questa parte del parco, torni qui a trovare Oppy con lo stesso sguardo negli occhi di dieci anni fa. Così pensieroso e intrappolato.»

Shiro non si scostò dall’abbraccio dell’amico, sembrò anzi trarne un po’ di conforto, mentre si rimetteva gli occhiali e osservava la statua del rover. Matt riprese a parlare prima che l’ex paladino nero potesse perdersi di nuovo nei propri pensieri.

«Ricordo che ci sei rimasto malissimo quando ci annullarono la missione per Marte. Non vedevi l’ora di lasciare le tue orme sul pianeta rosso, ricalcare i passi dei primi pionieri dei viaggi spaziali a lunga durata. Goderti il tramonto blu e vedere con i tuoi occhi i resti di Opportunity. Cavolo, avevi organizzato meglio quel viaggio che la vacanza post diploma!»

Entrambi risero nella quiete appartata del parchetto, anche Matt con una nota dolciastra nel tono. Poi proseguì, ora anche lui su quella scia nostalgica iniziata da Shiro.

«Lo sai che la frase per cui viene ricordato non l’ha mai detta? È stata più una traduzione “umanizzata” degli ultimi valori che trasmise prima di spegnersi. 22 Wattora di batteria e 10,8 tau di opacità dell’atmosfera di Marte nel mezzo di una tempesta. Non che questo tolga a Opportunity quella nota di umanità che all’epoca commosse tanto le persone. Era un po’ come i robot dei film di fantascienza, che anche se sono macchine sembrano avere un’anima» sospirò, con una serietà ammorbidita dagli anni, come chi avesse passato la vita a sognare e poi fosse stato il sogno stesso a diventare realtà di propria iniziativa. «Sai, quando ho raccontato questa cosa a N7 si è messa a ridere, ma poi l’ha trovata molto tenera per “noi cervelli organici con una media di ottantasei miliardi di neuroni soltanto”. È il suo insulto preferito nei miei riguardi.»

Shiro rise, di nuovo, di cuore.

«Ricordi che avevi quei quaderni dove annotavi tutte le stramberie sul “futuro” che ti passavano per la testa?» chiese divertito il Capitano dell’Atlas. Matt mise su il broncio e si districò all’istante dall’abbraccio, gesticolando mentre rispondeva.

«Come scusa!? Le mie stramberie!? La metà di quegli appunti scientificamente pensati si sono rivelati veri!» ed iniziò a elencarli sulle dita. «La vita intelligente nello spazio esiste! Anche troppa! Le A.I. sono possibili e vantano realmente una matrice inorganica capace di sviluppare sentimenti! - Non immagini neanche quanto N7 mi adori perché la faccio ridere! - La Terra aveva già avuto in passato contatti con elementi o forme extraterrestri! Vuoi darmi ancora del visionario!?»

Shiro non fece proprio nulla per nascondere il proprio divertimento.

«E questa affermazione ci porta a quella che più di tutte ha aiutato Iverson a rimanere calvo… che gli alieni sono tra noi» aggiunse.

In risposta, Matt congiunse le mani di fronte a sé ed emise un verso di gratitudine, come avesse ricevuto una benedizione. «Ho sempre saputo che Keith nascondeva qualcosa. Sono anche abbastanza certo di averlo pensato davvero alieno, soprattutto quando batteva i tuoi record. Però, devo essere sincero: puntavo soltanto sulla cotta nei tuoi confronti - buona la scusa del “sei come un fratello”, eh? - ma ci ho azzeccato in entrambi i casi» si fermò un attimo a riflettere, voltandosi a guardare di nuovo Shiro. «Non abbiamo mai festeggiato questa cosa! Un party intitolato “Matt aveva ragione!”. Me lo merito!»

«Adam non lo avrebbe mai accettato» Shiro diede fiato a quel pensiero prima di rendersene conto. L’atmosfera prese un’armonia diversa, senza spezzarsi, ma della tristezza si insinuò come le note di una canzone malinconica.

Con un lungo sospiro, Matt si risistemò sulla panchina, tornando a guardare il monumento. Fu schietto, perché sapeva che Shiro ne aveva bisogno. Il passato era passato, ma in momenti come quelli pensava che un discorso leggero fosse più utile del cercare una consolazione fatta di belle parole per una perdita che mai, mai avrebbe avuto ragione di essere.

«Adam si sarebbe preso una cotta segreta per N7, fidati. Aveva scelto di fare il pilota per te, perché funzionavate alla grande e perché… be’, perché tu gli hai sorriso una volta e lui si è perso e ritrovato nelle tue labbra, letteralmente. Ma se c’era qualcosa su cui potevamo andare d’accordo io e lui che non fossi tu, era la robotica» Matt lanciò uno sguardo a Shiro, come se volesse prepararlo a un’altra rivelazione. «Sai, un paio di volte abbiamo avuto delle conversazioni molto accese e molto concordi sull’argomento. Trovavamo l’avanzamento in campo robotico un po’ troppo attaccato alle idee del passato. Entrambi avremmo voluto uno sviluppo sistematico e definitivo nel campo delle A.I.. Ci crederesti? Io e lui con le stesse idee. È stato surreale. Come una notte di sesso inaspettato che ti lascia sconvolto e incredulo» sull’ultima affermazione ci rifletté un attimo, grattandosi la nuca. «Cancella il paragone, ti prego

Ma Shiro si era già preso il viso con la mano umana, soffocandoci qualsiasi reazione. Matt lo osservò ridacchiare, e poi trarre un respiro profondo, in parte sofferto, nascondensosi gli occhi col palmo, come se i ricordi di Adam avessero una composizione chimica tutta loro e scatenassero in Shiro una reazione inarrestabile.  In fondo, doveva essere così. Se pianse, lo fece in due lunghi sospiri, e Matt aspettò, poggiandosi con la spalla contro la sua per fargli sapere che c’era.

«Grazie, Matt»

«È un onore, Capitano.»

 



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Cow-T, prima settimana, Missione Speciale

Prompt: Soulmate

Numero parole: 1040

Rating: Safe



Fandom: Voltron LD

Ship: Keith/Lance (implied), Shiro/Adam (mentioned), Shiro & Lance

Note: post S8 (in cui Shiro è sposato con Adam perché io sono ancora in denial, #sorrynotsorryCurtis)




La balconata posteriore del castello di Nuova Altea era un luogo ideale per osservare le stelle. Schermata dal castello stesso contro le luci della città che andava crescendo di anno in anno nella parte frontale, sul retro invece si estendeva solo una vallata di juniberry e il lago Aurora fino all’orizzonte, creando uno specchio per la volta celeste.

Era anche il posto dove Lance si era abituato a passare le notti di riflessione e attesa, un luogo in cui sfogare la nostalgia mentre sorgeva l’alba.

Quella notte però il sole era un’idea lontana, la luna un appuntamento rimandato e le stelle baluginavano in costellazioni ancora nuove e sconosciute.

Il cellulare dell’ex paladino blu vibrò e il suo viso fu illuminato dalla luce del display.


02:02 O Captain! My Captain scrive:

- Posso venire a vedere le stelle con te?


Lance sorrise tra sé, digitando la risposta.


02:02 Le Petit Altean Prince scrive:

- Richiesta accolta! Dove sei?


02:03 O Captain! My Captain scrive:

- Qui.


Con espressione confusa, Lance alzò la testa e si ritrovò Shiro alle spalle, con un sorrisino colpevole e una busta di carta stampata con il logo di una pasticceria terrestre.

«Ho portato un po’ di biscotti.»

«Guava e lime?»

«Anche.»

«L’universo sapeva quello che stava facendo quando ti ha scelto per salvarlo» sospirò Lance, addentando in meno di un secondo uno dei biscotti e lasciando andare un verso di pura estasi. «E io non lo ringrazierò mai abbastanza per avermi messo sulla tua strada.»

Shiro sbuffò divertito, sedendosi sulla sdraio di fianco a lui e prendendo a sua volta un biscotto, ma al cioccolato e limone.

«Se Adam mi dicesse la metà delle cose dolci con cui te ne esci tu...»

«… sarebbe terribilmente inquietante, non pensi?»

Entrambi risero, pescando altri biscotti e alzando gli occhi verso la volta notturna, consapevoli che, per quanto bella, non li avrebbe distratti davvero dai pensieri aleggianti nell’aria.

«Sono passate sei settimane» mormorò Shiro, guardando Lance con la coda dell’occhio. Aveva le spalle tese e questo si rifletté nel tono. «Come stai?»

Lance finì di masticare lentamente il resto del biscotto, abbassando lo sguardo sull’orizzonte buio e fissandolo con occhi persi, in cerca di una risposta che non fosse quella che aveva in testa.

«Coran mi ha riempito tutte le ore della giornata» iniziò, sviando, ma con qualcosa di vagamente sereno sul viso. I marchi sulle sue gote brillavano fiocamente. «Vuole che tutti, qui su Nuova Altea, conoscano la storia dei paladini di Voltron - e ha ricominciato con la storia degli spettacoli. Ha organizzato anche lezioni sulle usanze terrestri. Ho classi di bambini, adolescenti e adulti, più il “tè delle cinque” con gli anziani. E in tutto questo non ho neanche una laurea ad honorem» mugugnò, cercando di stiracchiarsi per scacciare la negatività. «In definitiva… cerco di mantenere l’umore stabile, ma questa attesa fa schifo.»

Una volta che lo ebbe confidato, tornando a guardare in alto, si sentì vagamente meglio. Non che non si sfogasse - non aveva idea di come Hunk e Pidge ancora lo sopportassero - ma non era mai stato così diretto e conciso.

Dal lato di Shiro, tuttavia, non arrivò subito una replica, anche se Lance non ci fece caso fino alla domanda successiva.

«Sai… come sta?» lo disse come un discreto bussare alla porta, indeciso se disturbare ma al contempo con la necessità di avere una risposta.

Lance ebbe la sensazione di tornare brutalmente coi piedi per terra, abbandonando lo stato di sospensione che quei giorni gli avevano procurato.

Si voltò verso Shiro, realizzando tutto insieme e sentendosi in colpa.

«Soy un idiota!» sbottò, sbattendosi una mano in fronte, scattando in piedi per poi sedersi sulla sdraio di fianco a Shiro. Velocemente, mentre l’altro cercava di calmarlo dal continuare a insultarsi e chiedere scusa al contempo, si slacciò il polsino della camicia e arrotolò la manica in maniera disordinata fino al gomito.

«Non ha potuto scrivermi fino a questa mattina, ma sta bene» spiegò Lance ancora concitato, illuminando la parte interna del proprio avambraccio con il cellulare.

In un silenzio solo all’apparenza tranquillo, Shiro divorò con gli occhi le parole sulla pelle scura di Lance, scritte con una grafia che avrebbe riconosciuto ovunque. “Siamo vivi. Missione conclusa. Quasi. Krolia ferita, ma non grave.” Quando arrivò alle ultime parole “tornerò presto”, lasciò andare un lunghissimo sospiro di sollievo che interruppe l’apnea di quei giorni conditi di angoscia.

«Conoscendo Kolivan, non si è preoccupato che le comunicazioni con qui fossero saltate e ha portato avanti la missione lo stesso» brontolò Lance, ma con un sorriso incoraggiante da “scampato pericolo”, mentre vedeva Shiro e le rughe sulla sua fronte rilassarsi.

«Stanno bene, è l’importante» replicò Shiro, stringendo con un braccio Lance per condividere il tepore di quella notizia. Si concesse anche una risata liberatoria. «Questa storia delle anime gemelle è più utile di qualsiasi transponder.»

Festeggiarono il clima più disteso sgranocchiando un altro paio di biscotti a testa, prima che a Lance balenasse un secondo pensiero per cui si insultò doppiamente e più volgarmente di prima.

«Non gli ho ancora risposto!» sbottò, con le mani nei capelli. Si tirò in piedi per frugarsi nelle tasche dei pantaloni e tirarne fuori uno dei tanti pennarelli che di solito seminava ovunque per averne sempre uno pronto da usare. Ficcandoselo in bocca per avere le dita libere, si aggiustò anche la manica destra al gomito, risedendosi pronto all’opera, salvo poi bloccarsi e voltarsi verso Shiro con espressione supplichevole. «’oresti ‘civere ‘fu?» biascicò, aspirando ogni lettera.

Con un sopracciglio inarcato, e appena due dita, Shiro gli tolse il pennarello di bocca, asciugandolo dalla saliva prima di impugnarlo. Non era comodissimo scrivere così, soprattutto quando entrambi avrebbero voluto dire mille cose diverse che neanche tutta la schiena di Lance sarebbe bastata (oltre che essere un problema poi da leggere, senza uno specchio abbastanza grande).

Quando però Shiro mise il punto alla fine del suo nome, Lance avvertì la commozione invaderlo.


Ti aspettiamo a casa.
Lance & Shiro.”




Più tardi, quando Shiro si fu addormentato sulla sdraio con gli occhiali di traverso, Lance aggiunse una postilla, in una grafia storta ma leggibile. Oltre a un quantitativo imbarazzante di disegnini stupidi.


“Ps: quando non ci sei, Shiro mi porta i biscotti. Potrei abituarmici.”




---

Nota autrice: sono riuscita a non nominare Keith manco una volta, ma giuro che l’altro pezzo di soulmate è lui.


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Cow-T, prima settimana, Missione Speciale

Prompt: Dita sporche

Numero parole: 421

Rating: Safe


Fandom: Voltron LD

Ship: Shiro/Adam

Note: ai tempi della Garrison, quando era ancora tutto rosa e fiori.




Sentendo qualcuno schiarirsi la gola alle proprie spalle, Shiro si alzò di istinto e, concentrato com’era, diede una bella botta al cofano dell’hoverbike. Si tenne ben stretto tra le labbra il gemito di dolore per una questione di principio: succedeva tutte le volte e non aveva ancora imparato. Si meritava di fare la figura dell’idiota davanti a chiunque fosse venuto a cercarlo.

«Puoi anche bestemmiare, non mi scandalizzo» fu la risposta ai suoi pensieri, di una pacatezza che rasentava la rassegnazione, come se il proprietario della voce spingesse per una reazione del genere.

Shiro sorrise prima ancora di voltarsi e tirarsi su completamente - e con più cautela, riemergendo dal motore anteriore.

«Ah, giusto, il comandate Takashi Perfezione Shirogane è impeccabile nel linguaggio pure quando non è in servizio» sbottò Adam, e ancora una volta, le parole non furono venate dal tono che ci si sarebbe aspettato, ma da una non troppo sottile esasperazione.

Shiro ridacchiò.

«Lascio spazio ad altre cose quando non sono in servizio, tipo...» e gli fu sufficiente un passo per eliminare la distanza tra di loro, ma a pochi istanti dalla meta, Adam lo spinse indietro con fermezza, piantandogli una mano sul petto e sgusciando dal suo abbraccio prima che si chiudesse intorno alle sue spalle.

Shiro rimase ancora più spaesato quando gli fu buttato in faccia un asciugamano a coprirgli la visuale sull’espressione da “Non credo proprio” del compagno.

«Sei incredibile. Sei un signore quando si tratta di non imprecare, ma poi pensi di toccarmi con quelle dita sporche di grasso? Non ci provare» sottolineò, incrociando le braccia ma senza andarsene. Aspettò che Shiro finisse di pulirsi con la pasta lavamini e l’acqua del secchio che si era preparato per quando avesse concluso con la manutenzione dell’hoverbike, mentre se la rideva per conto proprio neanche Adam gli avesse raccontato una barzelletta.

«Vuole ispezionarle, signore?» lo scimmiottò Shiro rialzandosi e mostrandogli per bene le mani, con la pelle di nuovo immacolata e le maniche arrotolate fino ai gomiti a mostrare per bene anche gli avambracci. «Ho il permesso di avvicinarmi ora?»

Adam replicò inarcando prima un sopracciglio - perché doveva tenere fede alla sua fama di “persona orribile che giudica ogni tua azione”, come Matt amava dire di lui - per poi sollevare anche un angolo della bocca.

«Permesso negato.»

Di fronte al broncio dell’eroe della Garrison, fu Adam stavolta a fare un passo ed entrare nello spazio personale di Shiro, tra le sue braccia ancora alte.

«Riposo, soldato» sussurrò, prima di chiudere gli occhi e baciarlo.


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