Cow-T, quinta settimana, M1
Prompt: In fuga
Numero parole: 2650
Rating: SAFE
Fandom: Voltron LD
Personaggi/Ship: Shiro & Lance, slight Shiro/Lance, Keith
Note: ambientata da qualche parte durante la S2.
Shiro agitò le catene, tirando, e Lance si lamentò.
“Riproviamo. Facciamolo insieme” ordinò Shiro, concentrato sul gancio murato sopra le loro teste, in cui passavano gli anelli di metallo.
Ma tutto quello che fece Lance fu lasciarsi andare a peso morto con uno verso di noia e frustrazione. Il paladino nero sbuffò, guardandolo con severità.
“Non ti stai impegnando.”
Lance roteò gli occhi. “Shiro, guarda in faccia la realtà: è due ore che ci proviamo con risultati zero. Sono stanco, mi fanno male i polsi e le gambe. E se non ci riesci tu con le tue braccia da eroe dell’universo, come potrei riuscirci io con i miei due stuzzicadenti?”
“Quanto ti fanno male i polsi?” chiese Shiro, ignorando il resto. Guardò in alto, ma intorno a loro la luce era scarsissima e non riusciva a vedere bene la situazione delle mani di Lance.
“Sopportabile, considerando che li sento a malapena” borbottò Lance, lasciando andare indietro la testa con indolenza. Qualcuno degli altri paladini li avrebbe trovati, prima o poi, ne era certo; aveva smesso di agitarsi quando aveva capito che da soli non sarebbero andati lontani, quindi tanto valeva aspettare.
“Apri e chiudi le dita” ordinò di nuovo Shiro, ma non come prima, come il leader che era. Cioè, lo disse come il leader che era, ma con una discreta dose di preoccupazione in più.
Lance gli fu grato, anche se ancora ironicamente rassegnato nell’espressione.
“Torneranno sensibili” lo rassicurò, volendo pensarci il meno possibile.
Non passò molto che si sentì di nuovo tirare per le braccia; le manette che avevano entrambi erano attaccate alla stessa catena, che scorreva nel gancio in alto sul soffitto.
“Ehi, ahi!” protestò il paladino blu, tornando dritto con la testa per squadrare Shiro allarmato, che dava l’idea di non averlo ascoltato. “Ho capito che non sento niente, ma se forzi fa male lo stesso!”
“Adesso ti tiro su. Tu allacciami le gambe addosso.”
“... cosa?”
“Se ti sostengo, puoi riposare un po’ i polsi.”
Lance si stava ripetendo nella testa quel allacciami le gambe addosso, ringraziando la penombra per nascondere il rossore che sentiva alle orecchie. Shiro volle agire subito, quindi Lance si ritrovò a fare dei versi strani, tra strattoni e l’arrampicarsi tra le braccia del suo leader. Dopo un paio di tentativi andati a vuoto, più perché non era pronto, alla fine si ritrovò davvero addosso a Shiro, le gambe strette intorno alla sua vita.
“M-mi stai reggendo completamente” balbettò, osservando il viso del paladino nero per quel che riusciva.
“Ti tengo, non preoccuparti.”
Shiro aveva la faccia schiacciata contro il suo petto; da un lato era una fortuna che avessero tolto a entrambi le suit, così che ora non stesse scomodo, ma dall’altro poteva sentire il suo respiro affannato attraverso la stoffa della tuta e direttamente su una zona sensibile. Ingoiò un paio di volte, concentrandosi a pensare a qualcosa di freddo, gelido e assolutamente non eccitante.
“Come vanno i polsi?” chiese Shiro, per metà soffocato dalla stoffa. Lance trasalì.
“Oh, sì, i p-polsi s-stanno-” provò a muoverli e il dolore gli attraversò le braccia. Aveva le mani pallide ed esangui, la sensibilità quasi inesistente. “Cazzo” esalò, sforzandosi di muovere le dita.
“Lance!? Qual è il problema?”
Il paladino blu prese due respiri profondi e l’altro aspettò.
“Ce la posso fare” mormorò di nuovo il ragazzo, continuando a flettere le falangi. Dopo un po’ andò meglio. “Avevo sottovalutato l’insensibilità…”
“Recupera le forze” lo rassicurò Shiro e Lance lo sentì sorridere contro il proprio petto. “Ci serviranno le tue doti da cecchino quando ci troveranno.”
“Però non posso continuare a pesarti addosso così” protestò Lance, senza più alcuna traccia di ironia o abbattimento. Era sinceramente preoccupato, ma Shiro rise, facendogli vibrare il petto.
“Ci arrivi ai sessanta chili, Lance?”
Il paladino blu arrossì e bofonchiò qualcosa in spagnolo. “Non la capisco la bilancia in bagno, è tutta in altean” disse infine, stringendo inconsciamente le gambe intorno a Shiro.
“Non ti vedo mangiare molto” continuò Shiro, di nuovo serio, ma non con un tono di rimprovero.
“Be’ sai, quella poltiglia verde fa proprio schifo, e se Hunk non trova qualcosa con cui aromatizzarla mi passa la fame.”
“È solo per questo?”
Lance guardò di nuovo in basso e si sorprese a trovare Shiro a ricambiare il suo sguardo, per quanto ci riuscisse in quella posizione. Distogliendo gli occhi, Lance reclinò la testa di lato e ci mise un po’ a replicare, ma Shiro fu paziente.
“... mi manca casa” mormorò, a disagio ma sincero. “E so che non mi devo lamentare. Manca a tutti, credo, e stiamo svolgendo un compito importante… però…”
“Però questo non cambia il fatto che ti manchi” concluse Shiro, chiudendo gli occhi. “Anche ora che non sono più prigioniero nelle arene e il pensiero della Terra era l’unico che mi mandava avanti, ne sento la mancanza anche io.”
“Oh” Lance si sentì minuscolo e ancora più fuori posto. “Tu- tu più di tutti… dovresti poter tornare a casa.”
“Non c’è una priorità” e Shiro riuscì a dirlo con un sorriso quieto.
“Sì, ma tu-”
“Ora sto bene. Con voi, con questo obiettivo, ora mi sento libero.”
Lance lo guardò con la voglia di piangere che gli pizzicava gli occhi. Sentiva che c’era molto, molto altro e che Shiro stava dicendo quelle mezze verità solo per lui, per dargli coraggio e ci stava riuscendo, ma dall’altro lato avrebbe voluto ricambiare e infondergli la stessa sicurezza, senza alcuna promessa vana. Ma non si sentiva in grado di farlo, non aveva le basi per rassicurarlo che sarebbe andato tutto bene.
“Sarò il tuo sharpshooter di fiducia finché non torneremo a casa” disse, annuendo con vigore, anche se aveva idea di risultare come un bambino che promette alla mamma di fare il bravo.
“Conterò su di te” assicurò Shiro, sorridendogli con gli occhi. Onestamente, Lance non vedeva qualcosa di così bello da tanto tempo. Ebbe l’impulso di spostare il ciuffo di Shiro dalla sua fronte per guardarlo meglio, ma la costrizione delle manette gli ricordò che non poteva muoversi.
“Ci troveranno” disse Shiro, interpretando a modo suo quel movimento.
“Sì, sì sicuro…” continuò il paladino blu, mandando a mille le rotelle del cervello per aggiungere qualcosa. “Quando ti succede qualcosa Keith attiva il suo fiuto da segugio e sniff sniff ti trova!”
Shiro rise di nuovo, facendolo tremare. Lance voleva abituarsi a quella sensazione.
“Vacci piano con Keith” aggiunse alla fine Shiro, di nuovo senza rimprovero ma più per parlare. “Le persone non sono il suo forte.”
“Me lo ricordo molto bene dall’accademia e da come parlava con i pugni.”
Lo sguardo di Shiro sembrò indagarlo, alla ricerca di quei pezzi di passato che non poteva aver vissuto in prima persona.
“Com’era Keith quando… quando ci hanno dati per morti?”
Lance sentì le prime parole salirgli alla bocca come se non avesse aspettato altro che sfogarle, ma si fermò. Uno stronzo egoista che combinava solo casini, avrebbe detto il vecchio Lance. Quel Lance che non aveva ancora avuto modo di salvare il suo idolo e sparire nello spazio a bordo di un leone robotico gigante che lo avrebbe reso qualcosa di molto simile all’eroe che interpretava nei giochi quando era piccolo. Il Lance che era stato costretto a collaborare gomito a gomito con la sua nemesi, scoprendo cose nuove su di lui, cose diverse.
“Era intrattabile e insofferente. Cioè, a ripensarci ora che lo conosco, capisco che... soffriva molto. Forse, in realtà… anche all’epoca me ne ero accorto, ma- ma sai, sono stato uno stronzo anche io. Per me lui era quello che mi aveva fregato il posto tra i fighter pilot e aveva quel suo caratterino di merda e sembrava poter fare come gli pareva perché- solo perché era… è formidabile. E aveva te” sospirò, sentendo quei sentimenti nocivi trasformarsi in sensi di colpa. “Mi sono fermato alla prima impressione.”
“Ma gli stai dando una seconda opportunità” sorrise Shiro, riaggiustando un po’ la posizione e scusandosi quando strattonò le manette.
“P-posso scendere! Le mie mani stanno meglio…”
“Va bene così” lo rassicurò Shiro. “Il mio braccio destro sta facendo il duro lavoro, e tu non pesi. Non davvero.”
Lance finse di controllare la situazione del gancio e della catena, e buttò anche un’occhiata alla feritoia nella porta in caso di movimenti, per farsi passare il rossore.
“D-dicevamo di Keith” riprese, non sapendo che cosa inventarsi. “Gli sto dando una seconda opportunità? B-be’, diciamo che è lui che deve capire che siamo una squadra e può contare su di noi.”
“Vero” assentì Shiro.
“Ma non ci molla solo perché ci sei tu” continuò Lance con una smorfia.
Shiro non rispose subito, ci rifletté su, e il paladino blu si sentì in dovere di continuare per aggiustare il tiro su quello che aveva detto. “Ci sta lavorando, però. Anche dopo tutta la storia con la Lama di Marmora, il sapere di essere mezzo Galra e cose così… non è una persona egoista, non come credevo. Insomma, io non gli sto simpatico, no? Però quella volta che me la sono vista brutta con l'esplosione e Sendak e tutto, si è preoccupato per me.”
“Allora te lo ricordi” ridacchiò Shiro. “Potresti dirglielo. Quella tua negazione lo ha mandato in paranoia.”
“Magari quando saremo più amici” tagliò corto Lance, imbronciato. “Non voglio che si vanti di avermi salvato, questa cosa lo soddisfa troppo.”
“Dovrei vantarmi anche io di averti tenuto tra le braccia? Con questa volta siamo a due.”
“Che!?” strepitò il paladino blu. “Non sono una damigella in difficoltà! Sono… sono solo quello che viene preso di mira perché è gracilino! E poi non mi ricordo proprio che questo sia già successo!”
La nuova ondata di risate scosse interamente Lance, facendogli rimpiangere quel gracilino con cui si era auto definito.
“Quella stessa volta di Sendak… ti ho portato in braccio e in spalla per mezzo Castello, cercando di proteggerti perché eri privo di sensi. Ho fallito miseramente… ma siamo una squadra e possiamo contare l’uno sull’altro.”
Lance sbuffò. “Vedrete che un giorno ricambierò il favore e sarò così muscoloso che vi porterò uno per braccio!”
“Spero di no” replicò Shiro. “Vai bene così Lance. Non ci devi dimostrare più di quanto già fai.”
“Non ne sono sicuro…” mormorò l’altro, sentendo la ormai familiare sensazione di essere di troppo e inutile.
Dal corridoio delle celle si sentì un improvviso rumore, molto simile a una porta divelta o sfondata. Si sentirono anche delle grida confuse e dei flash di luce.
“Sono i nostri!” esultò Lance, dimentico della situazione. “Ehiiii! Siamo qui!” si agitò, sporgendosi incautamente e sbilanciando il paladino nero, che si riaggiustò al volo sui piedi.
“SHIRO!” era Keith che stava gridando. “SHIRO DOVE SEI!?”
“In fondo al corridoio!” replicò l’uomo, forte e chiaro. “La sesta cella sulla sinistra!”
“Wow, davvero te lo ricordavi?” chiese Lance sbalordito.
“Prendere nota di quello che ti circonda. È una delle basi dell’addestramento alla Garrison” sospirò Shiro.
“Be’, se avessi avuto te e non Iverson come insegnante, di certo avrei preso nota di chi avevo davanti. E non penso mi sarei mai distratto.”
Qualsiasi cosa il più grande stesse per replicare fu troncata dalla porta della loro prigione che veniva buttata giù. Il piccolo scontro con le guardie si era concluso e ora c’era solo un lungo silenzio scandito dagli ansimi di Keith che riprendeva fiato, il bayard rosso ancora stretto in pugno nella sua forma di spada. Stava fissando Shiro e Lance e la loro posizione.
“State… bene?” chiese, sempre a corto di aria e anche di un pensiero ragionevole.
I due compagni si scambiarono uno sguardo prima di districarsi, anche un po’ in maniera comica, e tornare entrambi in piedi con le braccia stirate in alto dalla catena.
“Stiamo bene” affermò Shiro, stavolta leggermente rosato lungo la cicatrice sul naso anche lui.
“Sì, perché ora non ti muovi e ci liberi, eh?” rincarò Lance, che sentiva un po’ freddo senza più il contatto col corpo del compagno. “E magari ci aiuti a trovare anche le suit così ce ne andiamo di qui?”
Keith sbuffò. “Prego, Lance. La prossima volta evita di farti catturare.”
“Ehi! Guarda che anche Shiro è stato catturato!”
Keith non gli rispose, concentrato a studiare la catena. Con un paio di fendenti fu in grado di reciderla. “Dovremo cercare le chiavi per le manette. O tornare al Castello.”
“La seconda” decise Shiro, sgranchendosi le spalle e le braccia. “Andiamocene di qui.”
“Per di qua” guidò Keith.
Fuggire dalla nave di quei pirati spaziali fu abbastanza semplice, considerando come Keith avesse già fatto fuori tutti quelli che gli avevano dato il benvenuto quando con Red aveva forzato la loro zona cargo, mentre Pidge aveva hackerato i sistemi, bloccando le porte delle sale comando e diversi corridoi dei piani superiori.
Recuperare le suit fu la parte più pericolosa, considerando che Shiro e Lance erano sia disarmati che indifesi. Almeno, Shiro aveva il proprio braccio, ma Lance proprio nulla.
“Stammi dietro” ordinò il paladino nero al blu, incurante di mettersi in prima linea.
“Statemi dietro tutti e due” abbaiò invece Keith con lo scudo spianato e in orizzontale per poterli coprire al meglio. Shiro tacque, ci ripensò e annuì, ma continuando a tenersi pronto a coprire il più giovane; se non fosse stata una situazione di potenziale pericolo mortale, Lance avrebbe quasi riso per come il micetto avesse rimesso in riga il più grande.
Trovarono la stanza con la refurtiva, con diversi vari oggetti che sarebbero stati rivenduti a qualche mercato nero. Appena i due ex prigionieri si furono rimessi le armature, Lance riattivò subito il suo Bayard, stringendo al petto il suo grosso blaster.
“Mi sei mancato piccoletto” affermò, facendogli anche le carezze.
Dalla porta, Keith roteò gli occhi. “Ti dai una mossa?”
“Andiamo Lance” lo esortò Shiro più pacato e stranamente poco teso, nonostante la situazione.
“Sharpshooter agli ordini, signore!”
Con tutti e tre di nuovo operativi, raggiungere l’hangar e saltare su Red fu molto più facile. Anche lasciare qui e lì qualche buco e qualche bastone tra le ruote che rallentasse del tutto i pirati dall’inseguirli e permettesse loro di fuggire senza preoccupazioni.
“Keith, sei riuscito a recuperare Shiro e Lance?” era Allura e Keith aprì la videochiamata, permettendole di vedere con i propri occhi la risposta.
“Salve Principessa, ti sono mancato?” salutò il paladino blu con un largo sorriso, prendendosi tutto lo spazio.
“Stiamo bene” asserì Shiro da dietro, per palesare la propria presenza.
“Meno male” questo era Hunk, sempre dal ponte di comando del Castello, insieme a Coran e Pidge. “Vi hanno torturati? Hanno usato delle sonde o preso campioni di DNA? Oh mio dio, se vi volessero clonare e rivendere i vostri cloni al mercato nero?”
“Amico calmati” ridacchiò Lance, il pollice alto. “Nessuna tortura. Abbiamo-” guardò Shiro, per poi spostare lo sguardo di lato con un piccolo sorriso. “Abbiamo chiacchierato” e una sensazione tiepida gli si spanse nel petto a macchia d’olio. Durò qualche istante, il tempo di realizzare il silenzio e più di quattro paia di occhi, tra videochat e cabina che lo fissavano. Si schiarì la gola. “Intendo, ci stavamo torturando dalla noia, lasciati appesi in quel modo! E niente acqua! Muoio di sete! Perché ci avete messo una vita a trovarci!? Keith, mi aspettavo tempi più brevi da te, insomma! Ho quasi perso l’uso delle mani!”
“Ma se stavi in braccio a Shiro quando vi ho trovati” brontolò il paladino rosso.
“Cosa!? Che storia è!?” si interessarono tutti dalla videochiamata.
“Che? Non vi sento! Ci sono interferenze!” e Lance, rosso in faccia, chiuse le comunicazioni.
“Non toccare Red” lo riprese Keith, che cercava di non distogliere l’attenzione dal campo di meteoriti che stavano attraversando.
“Tu tieniti per te certe affermazioni o qualcuno potrebbe fraintendere!”
E con la coda dell’occhio, Lance fu segretamente contento di vedere anche Shiro leggermente imbarazzato. Avrebbero dovuto riprendere quel discorso, in futuro. Magari anche la stessa posizione, fantasticò un po’ tra sé il paladino blu.