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COW-T 13, sesta settimana, M6
Prompt: Tema libero
Numero parole: 200
Rating: //
Note: Soulmate (grazie Shiroi)



Iwachan grugnì nel sonno, cercando di muoversi in una posizione più confortevole, ma non riuscì a spostarsi neanche di un centimetro. Si primacciò gli occhi con una mano per rimettere a fuoco la realtà. Era tardo pomeriggio a giudicare dalla luce. Ricordò vagamente di essersi messo a studiare, ma non ricordò che ci fosse anche OiBaka. E più precisamente, non ricordò che si fossero messi a dormire l'uno sull'altro. 

Quando affondò le dita nei capelli dell'alzatore, l'intento di svegliarlo e cacciarlo si infranse miseramente. Il collo di Tooru era esposto e si scorgeva il tatuaggio sotto il colletto. 

Inizio. 

Vergato dalla mano del destino, e apparso solo di recente - molto tardi rispetto ai coetanei - era il sigillo che il tempo aveva dato loro, senza sapere che fosse inutile. 

Nello stesso punto, sulla propria nuca, Hajime aveva la parola Fine. 

Un suono nefasto, soprattutto se hai appena otto anni e ti compare prima di tutti gli altri bambini. Un modo bislacco del fato per prendersi gioco del loro legame, forse testarlo. 

Iwachan non credeva alle anime gemelle. Aveva saputo fin dal primo momento che Tooru sarebbe stato sempre la sua Fine. 

Richiuse gli occhi e si riaddormentò.


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COW-T 12, settima settimana, M6
Prompt: NSFW ad ambientazione sportiva
Numero parole: 741
Rating: Rosso
Warning:
Note



Il suono della schiacciata di Iwaizumi riecheggiò nella palestra, ma mai quanto il grido di vittoria per il punto da parte del resto dei compagni, Oikawa incluso.

Hanamichi e Matsukawa gli scompigliarono i capelli, mentre Wataru, Kunimi e Kindaichi furono più discreti, ma non meno convinti nei complimenti.

Chi si prese la libertà maggiore fu Tooru, come al solito, dandogli direttamente una pacca sul sedere.

“Finiamola con la prossima” disse, aggiungendo un occhiolino, ma ad Hajime non sfuggì come si passò la lingua sulle labbra mentre tornava a guardare gli avversari di fronte a loro.

Prese un respiro profondo e si calmò per tornare a concentrarsi. Intorno infuriava il tifo per la partita, ma ciò che sentiva Iwaizumi era una leggera tensione sotto pelle. Non passò neanche quando iniziò a muoversi, ricevette, passò, schiacciò, e ricominciarono e il punto si fece attendere, perché nessuno voleva demordere, ma lui meno che mai.

Quel comportamento di Tooru lo conosceva bene e significava solo una cosa.

Un dopo partita che Hajime non avrebbe mai ammesso di volere a voce alta, ma che inevitabilmente gli aveva appena acceso ogni fibra.

Quando segnò il match point, la gioia per la vittoria della partita si mescolò al desiderio più basso, egoistico, ma che Oikawa alimentò con un pizzicotto al fianco e stringendosi a lui con fin troppo trasporto. Avevano vinto, potevano concederselo. Nessuno dei compagni avrebbe detto che non fosse per festeggiare. 



“Noi andiamo, non fate tardi!”

Il saluto di Makki riecheggiò nello spogliatoio ormai vuoto, senza ricevere risposta. Non se la prese, scambiando uno sguardo di intesa con Mattsun prima di chiudere la porta.

L’unico rumore rimasto proveniva dalle docce, dove, in uno dei cubicoli, l’acqua era ancora accesa e riempiva lo stanzone di vapore lattiginoso.

Tooru era spalle al muro, la testa premuta sulle piastrelle e le mani affondate nei capelli di Hajime per avere un appiglio, più mentale che necessariamente fisico, mentre i suoi pensieri erano spinti sempre più di lato per fare spazio al piacere.

“Iwachan…” sospirò roco, tremando mentre l’Asso della Seijouh non gli dava pause dalle attenzioni con cui la sua lingua si stava prendendo cura della sua eccitazione. Risalì tutta la lunghezza per fermarsi in punta e succhiarlo, portandolo a rabbrividire e irrigidirsi per una scossa di piacere particolarmente intensa, che dilagò come un’onda nelle sue vene quando Hajime lo prese completamente in bocca.

Oikawa iniziò a balbettare in maniera incoerente, sillabe che messe insieme sarebbero potute essere di nuovo il nomignolo di Iwaizumi, sia il desiderio che lo stava sconquassando.

Sentì di essere prossimo all’orgasmo e iniziò a muovere il bacino in spinte vaghe, caute, chiedendo il permesso, e Hajime lo assecondò restando fermo e dandogli libero accesso al proprio palato. Tooru non ebbe più freni e spinse, spinse, spinse fino a venire.

Iwaizumi non si mosse, ingoiando ogni goccia e dandogli un’ultima leccata che fece rabbrividire l’alzatore, troppo sensibile.

Senza dargli il tempo di riprendere fiato, Hajime si alzò e gli prese le labbra in un bacio, schiacciandolo contro le piastrelle e facendogli sentire la propria erezione, ancora intoccata, contro la coscia. Tooru rabbrividì e mugugnò, ma Iwaizumi intensificò e approfondì di più il bacio, mescolando i loro sapori.

“Sei il solito rude…” biascicò l’alzatore, completamente in tilt ma con un sorrisetto soddisfatto, mentre si faceva voltare, mani alla parete, dal compagno.

Iwaizumi gli cosparse la nuca di baci e morsi, mentre faceva scivolare le dita dentro di lui. Non durò molto, perché Oikawa lo sentì al limite, però quando lo avvertì entrare, in un’unica botta, fu travolto da una sottile ondata di dolore, rimpiazzata in breve dal piacere. Sapeva come prenderlo.

“R-rude… rude…” balbettò di nuovo, gemendo e spingendosi contro di lui, nonostante l’Asso non gli stesse lasciando molto margine. Si cercarono di nuovo, con le mani, intrecciando le dita e Tooru fece di tutto per sentirlo totalmente dentro di sé, schiacciando la guancia sulle piastrelle mentre la mente piombava nella nebbia ed esistevano solo i sensi. Non trattenne la voce, ma non ricordò neanche cosa disse, registrò solo Hajime che mollava la presa sulla coscienza e lo faceva suo completamente.

Fu un’orgasmo travolgente, il degno finale di quella giornata di vittoria.

Il fatto che finirono a farlo una terza volta, facendosi chiudere dentro dal custode - evidentemente mezzo sordo ai loro gemiti incontrollati - fu una storiella che Makki e Mattsun raccontarono per molti anni a venire.


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COW-T 12, settima settimana, M6
Prompt: NSFW ad ambientazione sportiva
Numero parole: 1415
Rating: Rosso
Warning: incesto (Miyacest), threesome
Note: Atsumu/Hinata/Osamu



Avevano giocato una partita di allenamento, niente di impegnativo, ma Miya Atsumu sentiva una gran fame, un vuoto nella pancia che sembrava colmarsi un poco solo quando si soffermava sulla figura di Hinata. Si leccò le labbra più volte e colpì la palla con forza, scaricandoci tutta la tensione che avvertiva sottopelle.

Stava giocando bene come al solito, ma quel bisogno di saziarsi era bloccato lì nel suo stomaco - o meglio, nel basso ventre - e lo stava mandando su di giri.

Ehi! Ehi! Ehi!” lo riprese Bokuto, incrociando le braccia con il broncio. “Stai tentando di fregarmi la scena? Frena l’entusiasmo!”

L’alzatore riprese i contatti con la realtà, sbattendo le palpebre.

“Eh?” ma non capì di che stava parlando l’ex della Fukurodani.

“Akaashi direbbe Hai proprio la faccia di un assatanato” nel dirlo, imitò il tono del proprio ex compagno di squadra, insieme all’espressione, strappando una risata generale. Però Bokuto fu terribilmente serio, come ogni volta che argomentava qualcosa di chiaro solo a lui. “Sono io l’Asso! Se continui così mi fregherai tutta la scena.”

Miya si portò una mano alla nuca, meditandoci su.

“E che ho fame…” abbassò lo sguardo su Hinata, di fianco a lui. “Tu non hai fame?”

Shouyou passò da un’espressione stupita a una meditabonda, prendendosi il mento con una mano.

“Sì, forse ho un po’ di fame anche io in effetti.”

Atsumu lo squadrò da capo a piedi, mordicchiandosi un labbro.

“Ho decisamente fame…” mormorò tra sé, per poi prendere un respiro profondo. Alzò la mano per farsi passare la palla e andare in battuta. “Diamoci una mossa che voglio mangiare con mio fratello!”

E ripresero gli allenamenti.



“Non ci credo, lo hai fatto di nuovo…”

Hinata sussultò, voltandosi verso l’ingresso degli spogliatoi e facendo per coprirsi il petto con le braccia in un gesto pudico e ingenuo automatico. Si stava rivestendo dopo la doccia, ma lui e Miya avevano intrapreso un certo discorso per cui quella parziale nudità era utile.

Atsumu, però, al contrario, staccandosi dalle sue labbra, non fu per nulla sorpreso.

“Puntuale come speravo” disse, accogliendo il fratello gemello con un sorrisetto che parlò molto più della semplice battuta.

“A-Ah, i-io…” balbettò Hinata, spostando l’attenzione dall’uno all’altro, rosso come un peperone. “V-Vi lascio a p-parlare.”

Il suo tentativo di fuga fu fermato da una mano di Atsumu e da quello stesso sorrisetto che finse qualche nota bonaria.

“In realtà, è Osamu che è qui per parlare con noi. O meglio, per mangiare con me.”

Shouyou fu preso in contropiede, non capendo, ma bastò per distrarre il suo imbarazzo. Questo mentre il Miya appena arrivato si chiudeva la porta dello spogliatoio alle spalle - girando la chiave - e appoggiava il sacchetto con gli onigiri ordinati su una delle panche.

“Sei inqualificabile” borbottò, avvicinandosi e lasciando cadere in terra il cappello e anche la giacca leggera. Hinata era sempre più confuso, soprattutto quando Osamu si avvicinò senza mai davvero fermarsi, finendo con lo schiacciare l’ex giocatore della Karasuno tra sé e il gemello. Non sembrò calcolarlo per niente.

“Che cosa mi lasci? Il dietro o il davanti?” domandò con un sospiro di malavoglia, mentre le sue dita si andavano ad appoggiare sul fianco scoperto di Hinata, solleticandogli la pelle.

E-E-Ehi!” biascicò quest’ultimo, di nuovo con l’imbarazzo a palla, soprattutto nel sentire l’eccitazione di Miya Osamu contro il fondoschiena.

Atsumu si leccò le labbra, fissando negli occhi il fratello e poi abbassando lo sguardo su Hinata, precisamente sulle sue labbra.

“Puoi avere il retro” e nel dirlo, si chinò a baciare Shouyou e a soffocargli qualsiasi altra parola gli stesse per uscire. 

Aveva già iniziato il lavoro di persuasione e seduzione dalla fine della partita, continuando più insistentemente appena erano rimasti da soli negli spogliatoi. Hinata era stato restio più per l’imbarazzo che per la voglia di provare. Dire a Osamu di raggiungerlo - senza spiegargli il motivo - era stato un capriccio per tornare a qualche vecchia abitudine del liceo, quando trovava qualche tipetto interessante capace di solleticargli l’appetito. Che non si dicesse che Miya Atsumu non condivideva le proprie conquiste col fratello.

Hinata avrebbe capito strada facendo. O forse no, ma da come gli rispose al bacio la voglia di proseguire era più forte delle domande e dell’imbarazzo.


“Sei veramente stretto…” ansò Osamu dieci minuti più tardi, quando iniziò a spingersi dentro a Hinata. Si era spogliato solo parzialmente, quasi per niente in realtà, buttando il grembiule del proprio ristorante da una parte, slacciandosi i pantaloni e abbassandosi l’intimo quanto bastava. Il lubrificante stava facendo la propria parte, ma dopo un minuto buono era dentro solo in parte.

“Come se ti dispiacesse” gli sussurrò Atsumu sulle labbra, leggendogli la mente.

Mentre Shouyou era completamente perso e schiacciato tra di loro, i due Miya si erano scambiati qualche bacio senza smettere di fissarsi negli occhi. 

“Te la stai prendendo troppo comoda” brontolò Osamu, spingendosi ancora un po’ dentro Hinata, che gemette artigliando la pelle di Atsumu e provocandogli una smorfia. “Non so quanto durerà il piccoletto o quanto durerò io, è veramente-"

“Va bene, va bene, ho capito. Mammolette.

Atsumu sciolse la presa sull’eccitazione di Hinata, stuzzicata lentamente fino a quel momento, e fece un passo indietro. L’improvvisa assenza di Miya restituì all’ex esca del Karasuno un barlume di coscienza, nonostante lo sguardo annebbiato, ma non fece in tempo a dire nulla che Atsumu lo guidò gentilmente a chinarsi per seguirlo.

Sedendosi su una delle panche, Atsumu fece abbassare Shouyou fino a fargli prendere in bocca la propria eccitazione. Il verso di piacere che si lasciò scappare riecheggiò sulle pareti dello spogliatoio.

“Quanto chiasso” borbottò Osamu, ma non fu da meno quando, alla fine, penetrò il più giovane fino in fondo.

Hinata gemette e soffocò insieme sul membro di Atsumu, che sembrò deliziato dal tremore che lo scosse e dalla spinta con cui fu completamente fagocitato.

“Adagio… adagio… rilassati” mormorò, carezzando la testa a Hinata, che stava cercando di respirare senza strozzarsi. Il fatto che Osamu avesse appena iniziato a spingere da dietro non gli fu d’aiuto, ma Atsumu ne fu del tutto deliziato, sentendo il ritorno di quelle spinte sul proprio membro. Il ritmo non fu eccessivo e la cadenza costante con cui Osamu si mosse permise a Hinata di abituarsi presto e cominciare a dedicarsi con la lingua all’eccitazione del gemello.

Come predetto, non durarono poi così tanto, ma Atsumu si adeguò, trattenendo la testa di Hinata per venirgli in gola quando li vide raggiungere l’orgasmo pressoché insieme.

Entrambi i gemelli sorresso il più giovane e lo aiutarono a sedersi, non senza smorfie, mentre tossicchiava con un palmo premuto sulla bocca.

“Sei il solito signore” commentò a sprezzo Osamu, scoccando un’occhiataccia al fratello, che intanto stava battendo una mano sulla schiena di Hinata, accompagnando i gesti con qualche parola di incoraggiamento.

“Shouyou è perfettamente in grado di gestirci entrambi, non è vero? È andato alla grande. Dovremmo riprovarci.”

Il piccoletto non fu in grado di articolare una risposta, mentre Osamu scrollava le spalle, dandosi una pulita e risistemandosi i vestiti per andarsene.

“A Hinata offro io” e indicò il sacchetto con gli onigiri abbandonati che si era portato dietro, pensando ingenuamente di fare una classica consegna. “Tu più tardi passi a pagarmi, capito?”

“Che paura le minacce del mio fratellino…”

“Mi hai pregato di fermarmi l’ultima volta che te l’ho-”

Ba! Ba! Ba! Ba! Ba! Non ti sentiamo! Via! Via!” strepitò Atsumu, chiudendo le mani sulle orecchie di Hinata come fosse stato un bambino e facendo la linguaccia gemello. “Sparisci! Shouyou non ha bisogno di sapere quanto sei pervertito e crudele con me.”

Osamu roteò gli occhi al soffitto, ormai fuori dalla porta.

“O quanto ti faccio gridare di pia-”

Ba! Ba! Ba! Ba!

La porta dello spogliatoio fu chiusa di nuovo e tornò un silenzio quasi surreale.

Atsumu si girò verso Hinata con un immenso sorriso.

“Allora, dove eravamo rimasti?” disse, prendendogli il viso tra le mani e stampandogli un bacio sulla bocca. “Ah sì, ti stavo chiedendo se ti andava di venire a cena da me stasera. Per il dessert.”

Hinata ingoiò - ancora il sapore dell’orgasmo di Atsumu in bocca e… e la sua testa realizzò tutto il resto, come se improvvisamente avesse capito cosa fosse successo.

“H-Ho bisogno di una doccia…”

“Decisamente” concordò Miya, osservandogli il basso ventre ancora nudo. “Ti do una mano, così facciamo prima e mangiamo gli onigiri!” cinguettò, trascinandolo nei bagni. 


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COW-T 12, settima settimana, M6
Prompt: NSFW ad ambientazione sportiva
Numero parole: 1075
Rating: Rosso
Warning:
Note: DaiSuga



Il torneo primaverile era dietro l’angolo e le ore di allenamento si susseguivano senza alcuna sosta. Dormire era un lusso, studiare un capriccio. La Karasuno si stava dividendo tra amichevoli e partitelle tra di loro, consumando ogni briciolo di energia in vista dell’obiettivo. 

Quel giorno non fu diverso dagli altri, se non per il gioco meccanico, quasi col pilota automatico, che Daichi continuò a portare avanti. Non inficiò del tutto l’allenamento, anche se un paio di volte fu ripreso da Ukai, che alla terza palla fuori campo chiamò un time out per farli riposare e aggiungere un discorsetto motivazionale - che però lo stesso Sawamura ascoltò di striscio, troppo preso dal pensare ad altro. 

Aveva l’interno degli avambracci in fiamme per i continui bagher, ma l’idea che gli martellava in testa lo stava costringendo a prendere lenti respiri per raffreddare il basso ventre. 

L’ultima partita che giocarono, mischiati tra titolari e non, gli sembrò durare un’eternità. Ci impiegò tutte le energie che aveva per sfogare buona parte della frustrazione. Difese la sua metà campo cercando di visualizzare solo la palla - e non lui, e ancora solo lui - e dettò ordini secchi per tenere unita la squadra, arrivando anche a fare più di un punto in schiacciata laterale e provocando le ovazioni di tutti. 

“Bene così, questo è lo spirito!” si complimentò qualcuno - che Daichi non distinse, perché la sua attenzione e il suo sguardo ne cercarono un altro preciso. Aveva il cuore che gli batteva nel petto fin troppo rumorosamente e, ancora, per le ragioni che nulla avevano a che fare con la pallavolo. 

Mancava poco perché riuscissero a rimanere finalmente da soli. 

Ancora poco… pensò Daichi, schiacciando in battuta e sfogandosi con l’ennesimo grido di battaglia. 




“Possiamo rimanere a darvi una man-”

“Davvero, non ce ne è bisogno” sorrise Sugawara risoluto, spingendo Hinata per le spalle verso l’uscita della palestra. “Finiamo noi, siamo arrivati tardi stamattina e ora facciamo ammenda.”

Il primino non rimase molto convinto della spiegazione, ma non insistette oltre quando si sentì chiamare da Kageyama con un Guarda che ti lascio indietro se non ti dai una mossa. Fu decisamente più convincente delle blande insistenze del senpai.

“Non si può dire che a Hinata non manchi la gentilezza, oltre alla testardaggine” ridacchiò Daichi, apparendo alle spalle del compagno, troppo vicino per non fargli scorrere un brivido lungo la schiena. Sugawara lasciò perdere ogni apparenza e si appoggiò al suo petto, dando sfogo alla stanchezza accumulata nei giorni.

“È adorabile” si fece sfuggire, per fare poi una smorfia. “Ma non vedevo l’ora che se ne andasse.”

Il tempo di dirlo, e Koushi si chiuse alle spalle la porta della palestra, aderendo a Daichi petto contro petto. Lo fissò negli occhi, scrutandolo con la fronte aggrottata e mordendosi un labbro. Sawamura gli cinse la vita con le braccia.

“C’è qualcosa che ti turba?”

“Sono stato cattivo a pensarlo” lamentò, mentre le dita del compagno si infilavano nell’elastico dei pantaloncini, solleticandogli la pelle. “Hinata voleva solo essere gentile, come hai detto tu. Mentre io continuo solo a pensare che finalmente siamo soli.”

“Sei stanco…” lo giustificò Daichi, prendendo a mordergli il lobo di un orecchio. “E non hai torto. Ultimamente abbiamo avuto poco tempo per noi…”

Sugawara si morse di nuovo il labbro, ma questo volta per il piacere, inclinando la testa e dandogli accesso al proprio collo. Gli si strusciò addosso anche quando Daichi lo spinse contro la parete, assaltandogli la pelle di baci e morsi.

Il tutto evolse prima che se ne rendessero conto. Sugawara si ritrovò mani al muro, spingendo il bacino contro quello di Sawamura, che tentava di prepararlo muovendo due dita dentro di lui.

“Di più, Daichi, per favore, muoviti…”

Il capitano gli baciò la nuca risalendo fino alla guancia in maniera scoordinata.

“Un attimo di pazienza, amore…”

Sugawara fu scosso da un fremito e liberò un gemito roco abbastanza alto che li avrebbe fatti scoprire di sicuro, se qualcuno fosse passato davanti alla palestra in quel momento. 

Questo non li fece desistere, ma Koushi non si fermò neanche dal ripetersi, ancora e ancora, sempre più forte. Daichi si ritrovò a premergli un palmo sulla bocca per attutire i mugugni quando finalmente lo penetrò e l’alzatore trasformò in un urlo liberatorio, per quanto soffocato, tutta l’aria che aveva nei polmoni.

“Vuoi che qualcuno venga qui ora?” gli sussurrò all’orecchio Daichi, ma senza alcuna traccia di preoccupazione, mentre il suo basso ventre dettava il ritmo, lasciando poco spazio di risposta a Sugawara, sempre più schiacciato contro il muro.

Koushi iniziò a leccargli le dita e succhiarle con insistenza, finché non si trovò ad abbandonare la testa contro la spalla del capitano, inarcando la schiena, in un’estati succube del momento. 

La sua eccitazione intoccata era al limite anche lasciata da sola. Con una mano, Sugawara cercò un appiglio sulla spalla di Daichi, artigliandogli la maglietta e lasciandogli i segni rossi sulla pelle.

Anche con le dita del capitano ancora in bocca, il gemito con cui Koushi arrivò all’orgasmo fu ben udibile. La parete si macchiò, ma la testa dell’alzatore era persa delle ultime spinte con cui anche il suo compagno lo raggiunse nell’estasi. Fremettero uniti, in un equilibrio vacillante per cui dovettero districare le mani e appoggiarsi al muro ansanti per non cadere.

Sugawara si puntellò con gli avambracci, sostenendo entrambi, le scosse di piacere che minacciavano la tenuta delle sue gambe ogni volta che Daichi respirava, ancora dentro di lui.

“Non avrei resistito oltre” biascicò il capitano, prendendo una lunga boccata d’aria. “Oggi non riuscivo a staccarti gli occhi di dosso… non so come nessuno non se ne sia accorto…”

“Io sì… e temo anche Tsukishima.”

Sawamura gli premette la fronte contro la spalla, sbuffando frustrato.

“Se vinciamo il torneo… voglio dirlo agli altri” ansò ancora, baciandogli il lato del collo.

"Se invece perderemo mi farai un pompino nei bagni della scuola una volta a settimana fino al diploma.”

Daichi fu scosso da un altro profondo brivido, sia di piacere per la prospettiva, sia di terrore, mai veramente abituato alle spericolatezze dell’alzatore.

“O-Ok…”

Sugawara sembrò ringivorito da quell’assenso. Sgusciò dalla sua presa e si voltò a cingergli di nuovo il collo con le braccia, stampandogli un bacio sulla bocca.

“Ora però vorrei un secondo giro, capitano. Magari su uno dei materassi della sala attrezzi…”

Non era possibile non realizzare ogni desiderio dell’alzatore.


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COW-T 12, sesta settimana, M5
Prompt: Cascata
Numero parole: 1112
Rating: Verde
Warning:
Note: ispirata ad ATOCAD della socia (Ode To Joy)



Non avrebbero negato di essere di nuovo scappati.

Lo avrebbero rifatto altre dici, cento volte, se avessero potuto. Ogni volta fosse stato necessario - e la necessità era allontanarsi da quel mondo soffocante e che imponeva loro di incarnare qualcosa o qualcuno che non sempre si sentivano di interpretare.

Tooru amava essere un Re e Hajime era fiero del proprio ruolo come Primo Cavaliere.

Nessuno avrebbe potuto privarli di questo orgoglio verso ciò che, da un lato, erano stati destinati a essere, dall’altro, avevano ottenuto passo dopo passo.

Semplicemente, c’erano giornate in cui la burocrazia soffocava Tooru al punto da spingerlo ad afferrarsi la corona e gettarla in un angolo; o c’erano giorni in cui Hajime sentiva più forte i bisbigli dei nobili ricordargli quanto fosse solo un fortunato brutto anatroccolo in una corte che era stata magnanima ad accoglierlo.

In entrambi i casi, l’unico sollievo a quella stretta alla gola era trovarsi. Con la mente, con le mani.

E decidere, con una sola occhiata, di scappare.

Per poche ore, per pochi respiri da condividere lontani da tutto e tutti nel loro posto speciale.

Alla loro cascata.



“A volte penso che dovremmo costruire una piccola casa qui.”

Tooru passò le dita tra i capelli del proprio cavaliere, umidi dell’acqua della sorgente e scompigliati per il piacere appena consumato.

“Niente di complesso. Una stanza grande… anzi, due stanze. Porteremo le provviste di volta in volta, insieme alla biancheria del letto, al cambio e alla legna per il camino… ma potremmo venire qui anche quando piove e fare l’amore all’asciutto, mentre una tempesta infuria intorno a noi. Ti guarderei costruirla e sarebbe bellissimo.”

Hajime emise un sospiro che a metà si trasformò in uno sbuffo. Era esasperato, ma anche divertito.

“Era una bella idea, finché non sei arrivato alla parte in cui a faticare sono solo io.”

“Non vorrai che qualcun altro venga qui a profanare il nostro posto segreto, no? Non posso ingaggiare una squadra di falegnami e portarli qui!” lo riprese Tooru, crucciando lo sguardo mentre fissava le stelle di quella notte tersa, ascoltando il suono della cascata che li cullava.

“E poi io sono un Re. Rovinarmi le mani è fuori discussione.” 

Tooru passò le dita lungo tutta la schiena dell’amante, anche dove gli aveva lasciato qualche segno rosso, aggrappandosi alle sue spalle mentre esistevano solo loro e il bisogno del piacere. 

“Aggiungerei che guardarti faticare è uno dei miei passatemi preferiti. Mi accende così tanti pensieri lascivi che potresti chiedermi qualunque cosa…” continuò, per poi ridimensionarsi.

“Quasi qualunque cosa.”

Quasi?

Tooru si schiarì la gola, come a voler mettere subito via suddetti pensieri lascivi.

“Esiste sempre un barlume di decenza da rispettare.”

Hajime si alzò sui gomiti, fissando il suo Re con un’espressione ironica e sfacciata.

“Ma se io ti costruissi questa casetta, tu poi faresti tutto quello che ti chiederei?”

Tooru abbandonò le stelle per guardare negli occhi Iwachan - alla fine, la sensazione ultima era la stessa.

“Una casetta in legno qui alla cascata in cambio di un desiderio” soppesò. “Possiamo parlamentare."

Il cavaliere gli solleticò un fianco, lì dove sapeva che avrebbe potuto riaccendere quel lato lascivo appena nominato. Il Re Demone si morse il labbro inferiore, ma non scostò lo sguardo.

“Non mi sembra uno scambio così equo” replicò Hajime, ma senza imprimere al tono quella nota contrariata, tutt’altro. Era roco, morbido, e Tooru si impose di interpretare come una suggestione del recente amplesso il fatto che potesse far divampare di nuovo la voglia di averlo dopo appena pochi minuti.

“Un Re che si concede per realizzare un desiderio. Cosa ci può essere di più… più-!”

Tooru perse le parole perché Hajime gliele soffocò in bocca con un bacio. Non si fermò a quello, nell’invertire le posizioni e far sistemare il demone a cavalcioni sopra di sé, tenendo le loro dita intrecciate.

“Ti stai approfittando di me. Rude, Iwa-chan” lamentò Tooru ansando sulle labbra del compagno, che lo spinse gentilmente verso la propria eccitazione. Inarcando la schiena e liberando un gemito che solo il cielo e la cascata testimoniarono, il Re Demone tornò a essere una cosa sola col proprio Primo Cavaliere.

Si strinsero le mani a vicende, rinfornzando quel vincolo mentre la carne rispondeva agli impulsi e i cuori tentavano di scardinare le gabbie in cui erano confinati.

“H-Hajime…”

“Sono qui. Sarò sempre qui…”

Lo disse mentre si tirava su e stringeva tra le braccia ciò che di più prezioso la vita gli aveva dato da proteggere.

Gemettero, si chiamarono, si tolsero il fiato di baci, mentre i loro corpi generavano piacere come se avessero potuto creare un’altra stella, una loro, una che fosse la somma di tutto quell’amore che troppo spesso non riuscivano a tradurre a parole.

Tooru chiuse le mani sul viso dell’amante, senza mai fermarsi, ma guardandolo con la volontà di imprimersi ogni dettaglio, e ognuno di questi era un tassello da amare.

“Che cosa desideri, mio Cavaliere?” chiese, premendogli il viso contro la guancia, sentendo il calore montargli nel basso ventre come le onde di un maremoto. “Che cosa posso concederti che ancora non ti ho dato?”

Hajime ansimò e scelse l’attimo prima dell’orgasmo per sussurrargli all’orecchio poche sillabe. Una manciata di suoni che solo loro potevano tradurre. 

Il Re Demone non fu neanche certo che fossero più parole, ma più vicine a un desiderio, che suonò come una promessa. Qualcosa che lo commosse - diede colpa alla seconda ondata di piacere e alla stanchezza - e che lo portò a frignare abbracciando il proprio Primo Cavaliere, senza permettergli di distriscarsi e rimanendo uniti - nel tentativo di realizzare da subito quella richiesta. 

“R-Rude, I-Iwa-chan” lamentò, stringendolo tanto da poterlo strozzare.

“Sei la solita lagna, non ti sta mai bene niente” sospirò Hajime, lasciandosi scivolare di nuovo sulla veste che avevano steso in terra, troppo provato per poterli reggere entrambi. Nonostante questo, neanche lui fece niente per separarsi dal demone a cui, alla fine, aveva donato metà della propria anima, promesso la propria vita e affidato il proprio cuore.

Le regole non giocavano a loro favore. Il mondo intero non li vedeva per ciò che semplicemente erano. Eppure, questo non aveva impedito a entrambi di stringere più forte la presa e continuare a resistere e restare l’uno al fianco dell’altro, al di là delle incomprensioni, delle parole che restavano sospese, dell’orgoglio.

Una modesta casetta lì, nel loro posto speciale, sulle rive della cascata che da sempre aveva custodito i loro momenti più importanti, sarebbe stato un bel sogno. Tuttavia, la verità risiedeva in qualcosa di ancora più semplice.

In un desiderio che suonava come una promessa.

Per sempre


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COW-T 12, quarta settimana, M3

Prompt: Riunione

Numero parole: 100

Rating: Verde



“Ma si è commosso davvero?”

“Pare di sì.”

“N-non sto piangendo, mi è entrato qualcosa nell'occhio.”

Daichi si stropicciò gli occhi, scacciando le lacrime mentre Sugawara e Tanaka se la ridevano, facendo cin cin con le bottiglie di birra.

“Questa è solo la riunione preliminare in vista di quella ufficiale per organizzare l'addio al celibato di quei due, come farai quando li accompagneremo a scegliere le fedi?” ridacchiò di gusto Tanaka, buttando giù un lungo sorso.

“Giuro solennemente che porterò una scatola di kleenex e della cioccolata” lo seguì Suga.

“Smettetela voi due!” abbaiò l'ex capitano. “Parliamo di cose serie…”


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COW-T 12, quarta settimana, M3
Prompt: Riunione
Numero parole: 100
Rating: Verde



Oikawa si era prospettato una riunione più romantica. 

Era estate - un po’ la loro stagione - ed era bello pensare a una passeggiata serale tra le bancarelle con il gran finale dei fuochi d'artificio sullo sfondo, magari le loro dita intrecciate e un ba-

“Oibaka” lo richiamò Iwachan, dandogli una schicchera sulla fronte. “Se ti distrai alla prossima fermata finirai per terra.”

Oikawa sporse il labbro, imbronciato, ma si riattaccò alla maniglia sospesa della metropolitana.

Quasi due anni che non si vedevano e incontrava Iwachan per caso in metropolitana.

Fece scivolare la mano nella sua.

“Mi sei mancato.”

“Anche tu.”


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Cow-t, settima settimana, M4

Prompt: Mermaid/Pirati

Numero Parole: 261

Rating: SAFE

Note: Oikawa credulone



Iwachan continuò a fissare la rete da pesca con uno sguardo molto arrabbiato e che prometteva tempesta. 

"Non è come sembra!" cercò di dire Oikawa, togliendosi un'alga dai capelli e lanciando un piccolo pesciolino di nuovo in acqua. "Se mi liberi ti dico cosa è successo!" 

"Che cosa ti avevo detto!?" abbaiò Iwachan, tirando su la rete con la sola forza delle braccia e senza l'aiuto di Mattsun che in quella storia non voleva rientrarci, salutandoli lì. 

Oikawa rotolò con un "Auch! Cattivo Iwachan!" sul ponte della nave, ma dovette arretrare velocemente quando vide l'amico arrivare con un coltello. "Aspetta! Davvero! Posso spiegarti!" 

Ma Iwachan ringhiò e basta, abbassandosi e usando il coltello, ma non per fargli male, ma per liberarlo da un pezzo di plastica che gli si era attorcigliato intorno alla coda. "Oh, grazie" sorrise Oikawa.

"Allora? Ti avevo detto di stare lontano dalla barca quando siamo fuori a pescare! Potresti farti male!" 

"O andiamo, sono il sirenetto più veloce dell'isola!" si pavoneggiò Oikawa, ma si schiarì la voce sotto l'occhiata feroce di Iwachan che minacciava di cucinarlo con lo sguardo. "Ok, senti! L'ho fatto per te, ok? Sei in pericolo e non lo sai!" buttò fuori con il muso, come a sottolineare con comportarsi così con lui fosse sbagliato. 

"Che stai dicendo?"

"Ho sentito quei due bambini, Hinata e Kageyama, raccontare una storia terribile! Di gente sanguinaria! Li chiamavano parati! Uccidono i pescatori onesti come te!" 

Iwachan si schiaffò una mano in faccia. 

"Si chiamano pirati... e non ce ne sono più in giro dal 1700."

"Oh.... ops." 


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Cow-t, terza settimana, M1

Prompt: Neonato

Numero Parole: 649

Rating: SAFE



Koushi stava contemplando la culla dei gemelli con l'amore negli occhi. La tazza di tisana che si era preparato era sul bordo del tavolo e le spire di vapore stavano profumando la stanzetta con un odore rilassante e delicato. Dei biscotti al cioccolato ne erano già spariti tre, masticati di gusto da Daichi, che sembrava, per l'ennesima volta, intento a scaricare una non meglio specificata tensione nel cibo. Questo lo aveva portato ad ammorbidire i fianchi, dettaglio che Sugawara non aveva mancato di sottolineare già da due mesi - "Cos'è, lo fai per distogliere l'attenzione dal mio essere balena? Vuoi sperimentare anche tu cosa si provi?

Erano stati i nove mesi più importanti della loro vita. Forse prima Koushi avrebbe detto, senza ombra di dubbio, i più difficili: le complicazioni c'erano state, i momenti di panico, le corse in ospedale, l'attesa degli esami, i dolori, le nausee, il dover rinunciare a tante cose, il non trovare un momento per stare un attimo sereni. Poi era migliorata. Più il pancione si faceva evidente, più ci credevano, più le cose sarebbero state diverse. Koushi e Daichi avevano ripreso confidenza e forza, avevano smesso di dire no per paura e avevano anzi cominciato a scegliere i nomi, a chiedere ad amici, a riprendere a uscire e fare festa. Avevano anche imbastito un falso matrimonio, una specie di prova generale di qualcosa che ora aveva anche una data, sebbene lontana, ma era un altro pensiero. 

Adesso, da poco più di una settimana, avevano altro a cui pensare, a due visetti a cuore identici che reclamavano a ogni ora la loro attenzione, e se anche poi gli lasciavano il tempo di dormire, né Daichi né Koushi sembravano in grado di staccarsi dalla culla. 

Come in quel momento. Una domenica pomeriggio dove erano solo loro e la prospettiva del riposo. Ma eccoli lì, intenti a dedicare ogni secondo alla loro creazione più bella. 

I gemelli non erano poi le pesti che tutti avevano previsto sarebbero stati. A sentire i rispettivi genitori - più un quantitativo imbarazzante tra zii e cugini, ufficiali e acquisiti, aggiunti ai nonni - per Daichi e Koushi, una così giovane coppia Alpha e Omega alle prese da subito con due gemelli, sembrava dovesse accadere l'apocalisse, il rovesciamento delle stagioni, fuoco e fiamme dagli occhi. Sì, due bambini al primo colpo erano doppiamente - se non il triplo - più impegnativi di un solo bambino. C'erano stati piantarelli e piccoli lamenti, ma per il resto i neo genitori non si erano trovati ad affrontare il campo minato tanto chiacchierato. Ogni ora c'era da controllarli e ogni due da sfamarli - e Koushi era esausto, ma era anche terribilmente felice. 

"Ti si sta raffreddando la tisana" disse Daichi, dando un bacio alla nuca di Koushi. 

"Mi hai lasciato due biscotti?" ribatté l'omega senza distogliere gli occhi dalle sue creaturine. Doveva esserci un qualche elemento magnetico nella nascita dei bambini di cui nessuno parlava mai. "Ho già detto a Noya che deve portarti a correre o quelle maniglie dell'amore rimarranno lì per sempre."

"Ehi!" se la prese Daichi, arrossendo, ma lo sguardo gli cadde lo stesso sul piattino. C'era rimasto un solo biscotto e si sentì un colpa per ragioni diverse. Ma Koushi sapeva come distrarlo, e come distrarsi. 

Prese quell'unico superstite ricoperto di cioccolato e ne staccò un morso prima di avvicinarsi al compagno, prendergli il volto con le mani e baciarlo. Furono un po' impacciati, più per la sorpresa di Daichi perché Sugawara non era nuovo a certe trovate, ma finirono con lo scambiarsi un lungo e intenso bacio. Quando si staccarono entrambi erano senza fiato e rossi, neanche fossero tornati ad avere diciassette anni scarsi e provare a scambiarsi i primi gesti affettuosi. 

"Ti si addice fare il papà, Sawamura" scherzò Koushi, mangiandosi il pezzo di biscotto rimanente. 

Daichi preferì controbattere togliendogli il fiato di nuovo con un altro lungo bacio.


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Cow-T, settima settimana, M5

Prompt: Acqua

Numero parole: 1323

Rating: SAFE


Fandom: Haikyuu!!

Personaggi/Ship: Iwachan/Oikawa/Kageyama

Note: … povero Iwachan  


Fu il termometro ad avere l’ultima parola.

« Trentasette e nove » e la voce di Iwaizumi aveva un che di poco piacevole e molto di rassegnato. Tooru, seduto nel lato di fronte del kotatsu, infagottato in un plaid e le mani a reggergli il viso arrossato, si espresse in un ghigno di trionfo degno di un idiota.

Kageyama, lì di fianco e centro dell’attenzione, lo ignorò, guardando fisso e computo Hajime. Una visione commovente e fanciullesca con le guance completamente rosse.  

« Sto bene » affermò senza esitazione, come stesse cercando di far capire al coach che era ancora in grado di giocare.

Iwachan lo guardò di sottecchi, per niente convinto, mentre riprendeva ad agitare il termometro per passarlo a Oikawa.

L’amico di infanzia lo guardò senza capire.  

« Sto già male, che bisogno c’è? »

« Controllare che tu non stia peggio. Avanti »

« Va bene Mamma Iwachan, come vuoi tu »

Il risultato fu trentotto e due. La faccia di Hajime passò definitivamente al funereo mentre i suoi coinquilini iniziarono a bisticciare come cane e gatto.

« Povero Tobio-chan, l’ho contagiato. Niente pallavolo nei prossimi giorni ~ »

« Sto bene! » ripeté con veemenza il più giovane.

« Sembri una lanterna cinese » ridacchiò l’ex setter dell’Aoba Johsai, risistemando i lembi della coperta addosso mentre faceva il giro del basso tavolino per avvicinarsi a Iwaizumi che stava ignorando entrambi immerso in riflessioni proprie.

« Sto bene »

« Quanto sei ripetitivo Tobio! Rassegnati, sembra che anche i Re prendano la febbre » continuò a cantilenare l’altro con fin troppo entusiasmo per il suo stato. Quando fece per appoggiare la testa alla spalla di Hajime si ritrovò con la brutta sorpresa di essere spinto indietro.

« Cos- Rude, Iwachan! »

« Non ci pensare per niente » brontolò l’unico sano, squadrandolo malissimo mentre si alzava e si dirigeva alla porta dell’ingresso per mettersi la giacca.

Sia Kageyama sia Oikawa, con le gote in fiamme in tandem, lo fissarono sorpresi e smarriti.

« Dove stai andando!? »

« Iwaizumi-san? »

Hajime, sciarpa e berretto sistemati ad affrontare la neve esterna, aveva la faccia poco amichevole di un martire lungi dal provare uno spassionato sentimento di sacrificio.

« A procurarvi la cena e degli antipiretici. E a dormire da Matsukawa e Hanamaki finché non sarete guariti »

« Ci abbandoni così!? »

La porta si chiuse su un drammatico e ridondante “Sei disumano, Iwachan!” seguito dal tonfo della fronte di Kageyama sul kotatsu.



Seguirono tre giorni in bilico tra realtà e allucinazioni.

Hajime aveva lezione all’università la mattina, un breve part-time il pomeriggio e gli allenamenti al club di pallavolo poco prima di cena. Una serie di impegni che nella normale routine quotidiana era in grado di attendere arrivando a sera con la giusta dose di stanchezza e soddisfazione.

In quei tre giorni il suo sistema nervoso fu messo a dura prova.

Fare da balia a Oikawa non era mai stato realmente problematico; anni passati insieme ormai avevano quasi automatizzato i suoi gesti e riusciva anche a interpretare in anticipo quanto male stesse dalle gradazioni diverse di rosso o pallido del suo corpo. Sapeva quali medicinali avrebbero fatto più effetto, quali cibi avrebbe preferito mangiare, come convincerlo a starsene buono e paziente. Se alle superiori non avesse capito che tutte quelle sue premure avevano radici in sentimenti più profondi, probabilmente, in retrospettiva, si sarebbe consigliato da solo un terapista.

Tolto Oikawa, nemmeno Kageyama era un problema. La prima volta era stato un po’ scioccante, perché Tobio da un attimo all’altro, sulla porta della cucina, dopo un “ho bisogno di un tè, non mi sento molto bene” gli era letteralmente svenuto tra le braccia - e sorreggere un ragazzo alto poco più di sé, crollato a mo’ di sacco di patate addosso, non fu una passeggiata. Quel bastardo di Tooru si era anche scompisciato dalle risate, prima di aiutarli.

Non erano loro la rogna, non se presi singolarmente, con un dispendio di forze nella norma.

Ma ammalati entrambi, insieme, fece passare a Hajime la voglia di avere figli in futuro, oltre che riconsiderare le sue opinioni sull’omicidio.    


Iwachan entrò in casa alle sei e tre quarti di mattina, busta del kombini al braccio, la posta e un paio delle riviste a cui era abbonato Oikawa in mano. Era distratto da queste ultime, leggendo i titoli del magazine sullo sport e togliendosi le scarpe, quando mise il piede sul bagnato. Si aprì la visuale scostando le braccia per constatare la pozza d’acqua sul pavimento. A realizzarla ci mise anche di più - era sveglio da più di un’ora e solo per riuscire ad arrivare a casa in tempo per sfamare e controllare i due malati.

Dopo un paio di scettici battiti di ciglia, il suo sguardo finalmente si mosse a cercare l’inizio della chiazza, ma man mano che alzava la testa quella proseguiva e si perdeva nel corridoio buio. Nel silenzio della casa si accorse alla fine dello scorrere dell’acqua proveniente dal bagno, in cui scattò l’attimo successivo, abbandonando zaino, buste e quant’altro in terra.

Iwachan non gridò un’imprecazione solo perché il buon senso era ancora forte in lui, come anche l’incredulità alla vista della vasca colma, della piccola cascatella che veniva giù dal bordo, le piastrelle offuscate da almeno due centimetri d’acqua per tutta la stanza.

Chiuso tutto, coi calzini zuppi, marciò verso la camera da letto sua e di Oikawa senza preoccuparsi delle impronte lasciate in giro. Spalancò la porta e dentro era totalmente buio; la tapparella abbassata e solo la fioca luce del corridoio delineavano due lunghi bozzoli di coperte, pacificamente addormentati. La luce della lampadina esplose non dissimile a una granata accecante e mugolii scontenti salirono dal letto.

« … che succede? » borbottò Oikawa, tastandosi intorno alla ricerca del cuscino da premersi sulla faccia. Da sotto il piumone, tirato fin sopra i capelli, Kageyama articolò qualcosa di indecifrabile.

La replica di Iwachan fu manuale, non verbale. Le coperte finirono frullate per aria, rivelando un intontitissimo Tobio, ancora rosso sulle gote, accoccolato contro Oikawa, mentre quest’ultimo lottava per trattenere il cuscino sulla faccia contro la presunta - a sua detta - prepotenza di Hajime.

« Che vuoi Godzilla, qui siamo malati, che ti prende » farfugliò il setter castano, con la voce ovattata dalla federa.

« Chi di voi due idioti ha lasciato l’acqua della vasca aperta!? Avete allagato il bagno! Fino all’ingresso! »

« … eh? » il viso stupito di Tooru, con gli occhi ancora accartocciati dal sonno e dalla luce invadente, non intenerirono Iwaizumi. Soprattutto quando la realizzazione si fece strada fin troppo chiaramente sui lineamenti, seguita da un ops.

Il cuscino tra le mani di Hajime assunse improvvisamente l’aspetto di un’arma contundente.

« No no no, fermo! Questa notte- aspetta! Non sommmpphh »

Kageyama grugnì stranito dal tafferuglio; combinò lo stringersi inconscio a Oikawa con lo stiracchiarsi, e questo tolse definitivamente al più grande il fiato, rischiando di farlo soffocare sul serio sotto il guanciale.

« Vi ho lasciati da soli una notte! » ruggì Hajime rimettendosi in piedi dopo aver mollato la presa. Masticando improperi iniziò a tirarsi su le maniche della camicia e a saltellare verso lo sgabuzzino delle scope togliendosi i calzini inutili.

Districandosi da Tobio, che finì con le braccia a penzoloni fuori dal letto, Tooru lo rincorse sbatacchiando a destra e sinistra; alzarsi in tutta fretta con ancora i sintomi della febbre e un capogiro poco piacevole non lo aiutarono a mantenere l’equilibrio, soprattutto sul bagnato del corridoio. Evitò di scivolare, ma più perché fu inchiodato dallo sguardo assassino di Hajime.

« Posso spiegarti » pigolò aggrappato allo stipite del bagno, rabbrividendo per il contatto dei piedi con l’acqua fredda.

« Sparisci a letto, ora »

Iwachan passò la mattinata ad asciugare mezza casa, senza smettere di borbottare improperi contro Shittykawa - che a sua discolpa lamentava che era anche colpa di Kagebaka, ancora addormentato (o svenuto) nel letto.


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Cow-T, quarta settimana, M2

Prompt: Piangere senza riuscire a smettere

Numero parole: 602

Rating: SAFE


Fandom: Haikyuu!!

Personaggi/Ship: Oikawa & Iwaizumi

Note: … ho bisogno di rivedermi tutta la serie




Nella palestra i boati dagli spalti continuavano; il suono delle bottiglie di plastica battute tra di loro, il vociare degli spettatori, gli striscioni ancora alti. Era un celebrare unico, alto e tonante sia per i vincitori sia per i perdenti. Perché erano stati tutti bravi, dicevano. Perché erano tutti degli eroi quel giorno, anche chi aveva mancato la palla. Ma quello che percepiva Oikawa era solo la sconfitta. La cocente e brutale sconfitta. La linea del traguardo attraversata da qualcun altro e lui che non era riuscito a prendere quella palla. Ecco cosa sentiva lui. Il suono di quella maledettissima palla che toccava il terreno, rompendo il suo bagher. E poi il boato che era esploso dalla parte dei corvi, dei sostenitori di quella squadra di marmocchi che non avrebbe dovuto avere speranze.

Il casino non finì neanche quando entrarono negli spoiatoi, anzi, le pareti sembravano in grado di amplificarlo e basta. Ancora e ancora. Karasuno, Karasuno! Verso le nazionali!

A Oikawa sfuggì un singhiozzo di rabbia e di frustrazione. Colpì lo sportello dell'armadietto prima ancora di pensarci e il dolore fisico lo invase, ma non abbastanza forte da eliminare tutto il resto. Ruggì dentro di delusione e alzò la mano per colpire di nuovo il metallo e sentire qualcos'altro, fino a sostituire tutto, ma una mano lo fermò.

"Basta" lo ammonì Iwachan.

"Lasciami" ringhiò Oikawa forte, ma anche con un nuovo singhiozzo. Forzò il polso, ma la presa di Iwachan era quella di sempre, quella forte e salda che lo aveva tenuto in piedi un'infinità di volte. Nel mentre, la porta dello spogliatoio si aprì e si richiuse e loro rimasero da soli.

"Fatti male e giuro che ti pesto."

"Ho detto lasciami!" continuò Oikawa, che voleva solo che il rumore di quella palla mancata la smettesse di risuonargli in testa.

"No" e quel no fu seguito da un'altra mano che lo afferrò per la maglia e lo trasse indietro, lontano dall'armadietto. Oikawa si oppose, sentendo la stoffa anche strapparsi, ed ebbero un piccolo tafferuglio di mani che cercavano di allontanare mani e altre mani che afferravano braccia. Alla fine Tooru si ritrovò Hajime a pochi centimetri, mentre lo teneva per il colletto. "Smettila!" gli gridò e stava ancora piangendo per la sconfitta.

Rosso in faccia, il numero uno della Seijoh tirò su col naso, completamente svuotato da sogni e speranze e allo stesso tempo saturo di tutto, con quegli stupidi singhiozzi e lacrime a scuoterlo.

"Smettila tu!" rincarò di nuovo, ma il suo tono uscì smorzato, privo di forze, a vedere com'era messo il compagno. Nessuno dei due sembrava in grado di interrompere quella lagna. Perché era una lagna? Chi perdeva si lagnava e basta? O aveva diritto di sentirsi così?

Si guardarono negli occhi, in quelle lacrime furiose e a poco poco entrambi sentirono affievolirsi la rabbia verso se stessi.

Oikawa si passò una mano in faccia, facendo un verso disgustato a sentirla umida e appiccicosa. Non ci pensò due volte a pulirla contro la maglia di Iwachan - per altro fradicia di sudore. Hajime gli schiaffeggiò via le dita.

"Ahio!" protestò l'alzatore. "Non mi devo fare male perché poi tanto ci pensi tu, gorillone?"

"Sei il solito schifoso, Shittykawa. Vai ad affogarti nella doccia e smettila di piangere!"

"Gne, smetti prima tu!"

Oikawa si erse in tutta la propria altezza per fissare Iwachan, tirando su col naso. Hajime, come al solito, gli tenne testa anche con i suoi centimetri in meno. Entrambi, dopo qualche secondo di silenziosa sfida, si lasciarono andare a una risata liberatoria e a un abbraccio così forte che si tolsero il fiato a vicenda.


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