COW-T 14, quinta settimana, M2
Prompt: Uno card
Numero parole: 2157
Rating: SAFE
Note: Salvate Chuuya da Dazai, per favore
“... che cazzo significa.”
Dazai sospirò come si sospira di fronte a un bambino che ti chiede la stessa cosa per la quinta volta. Rimescolò il suo cocktail di farmaci per dormire e antigelo fissando il tutto in maniera curiosa e ridando un occhio alla ricetta che si era appuntato e che giaceva come segnalibro nella sua attuale lettura, rimasta aperta sulla scrivania di Mori.
“Significa che” recitò, scandendo come una maestra d’asilo, “dobbiamo occuparcene noi. Cosa c’è di così complicato da capire?”
Chuuya restituì l’idea di considerarlo alla stregua di un insetto che gli gironzolava attorno. Troppo rapido per essere acchiappato, troppo scaltro per essere schiacciato. Il fastidio fatto persona, una palla al piede, il più stronzo degli stronzi… ma Chuuya non aveva davvero la concentrazione, in quel momento, per liberarsi di Dazai. Né, in realtà, poteva permetterselo.
Essere l’ultimo arrivato all’interno della Port Mafia aveva degli enormi svantaggi, tipo dover considerare quella piaga umana con l’hobby del suicidio la propria guida agli usi e cotumi dell’organizzazione. Questo quando il Boss era fuori città. Questo quando la sua effettiva mentore, Kouyou, era troppo oberata per dargli retta. Questo quando persino Hirotsu si era defilato con una scusa e tanti salamelecchi per mollare la grana a loro.
“Cos’è che ti turba tanto, Chuuya?”
L’ex Re delle Pecore alzò finalmente lo sguardo sull’altro ragazzo, seduto a gambe incrociate sulla scrivania del Boss, del tutto a proprio agio. Lui si sentiva ridicolmente piccolo su una delle due poltrone di cortesia.
“Abbiamo quindici anni."
“Vuoi che ti faccia gli auguri di compleanno in ritardo?”
“Non sognarti mai di farlo!”
“Menomale…” sospirò Dazai, accantonando quella futura incombenza con un sorriso sollevato, tornando a far tintinnare il cucchiaio da cocktail con cui stava mescolando nel becker il suo Filtro per il perfetto suicidio indolore. “Non vorrei buttare dei soldi per comprarti del vino e vederti felice.”
“Sei una merda.”
“Allora? Cos’è quell’espressione piena d’angoscia? Vuoi fare tu il primo giro?” e gli mise sotto il naso il suo preparato.
Chuuya si ritrasse contro la spalliera della poltrona.
“Toglimi quella roba da davanti e crepa.”
“Ci sto provando, non lo vedi?” sbuffò l’altro. “Mi spieghi cosa non ti è chiaro di quello che dobbiamo fare? Non ho tutto il giorno per farti da balia.”
“Fottiti.”
“Chuuuuyaaaaa” si lamentò Dazai. “Parla e basta.”
Per tutta risposta, l’altro ragazzo riafferrò il comunicato che gli era stato consegnato a colazione e per cui era un’ora che era lì a cercare di capire in cosa si fosse cacciato. Ormai il foglio era del tutto stropicciato, ma il messaggio rimaneva più che leggibile.
“Non possiamo occuparci di questa cosa. Punto numero uno, queste cose non dovrebbero succedere senza il Boss presente! Punto due, non ci prenderebbero sul serio!”
“Oh. Il problema è questo?”
Chuuya mise su il muso, odiando sentirsi stupido e odiando Dazai con ogni fibra del proprio essere perché ce lo faceva sentire.
“A te non te ne frega un cazzo, ma io non voglio far scoppiare un casino mentre il Boss è via!”
“Aaah, il senso di responsabilità, che carino che sei” cinguettò Dazai, portandosi una mano al petto e fissandolo con l’unico occhio non bendato e una teatralità commossa da prendere a schiaffi. “Hai paura che papà torni e ti sbatta fuori di casa perché gli hai rovinato il salotto?”
Chuuya avampò e gli si lesse in faccia l’istinto a volersi alzare e picchiarlo male, ma Dazai fu più svelto e lo colse impreparato, mollandogli in mano il becker e il cucchiaio e restandogli ad appena cinque centimetri dal naso, costringendolo di nuovo contro lo schienale della poltrona.
“Ora ti rispiego tutto! Lezione for dummies per un esecutivo quindicenne della Port Mafia!” cantilenò e sembrò mancare poco che piroettasse sul posto. Si schiarì la voce e alzò un indice. “Primo, ci vestiremo bene!”
“Ohi, pianta-”
“Punto due! E continua a mescolare!” lo redarguì l’altro, indicando l’intruglio. “Punto due, ci sarà comunque Hirotsu a fare gli onori di casa, non temere. Lui è avvezzo a queste cose e ci supervisionerà.”
Non si capì se Chuuya fu davvero contento e convinto di quella informazione. Nel mentre che fissava Dazai, la sua mano si mosse a mescolare il cocktail sovrappensiero.
“Punto tre! Come ti ho già raccontato - se mi ascoltassi - questi incontri sono informali, più visite di cortesia per scambiare due chiacchiere e tenere i rapporti amichevoli! Nessuno pretende nulla di che! Faremo questa partitina a carte e poi tutti a casa!”
L’espressione dell’altro ragazzo parlava di come sembrasse aver appena mandato giù un sorso di quel cocktail suicida.
“Non sei ancora convinto?”
“Quando ci sei di mezzo te, per niente.”
“Sei troppo prevenuto! Sono il tuo padroncino, non ti abbandonerei mai sul ciglio della strada!”
L’indignazione di Chuuya tornò a colorargli le guance, ma di nuovo, Dazai fu più svelto e gli tolse di mano l’intruglio dall’odore pungente e dolciastro.
“Ti prometto che ci divertiremo! Non darti pensiero per l’etichetta, i convenevoli, o simili! Tu segui soltanto quello che ti dico e andrà liscia!”
Nel dirlo, fece tintinnare contro il bordo del becker il cucchiaio, sgrullando le gocce rimaste. Chuuya osservò l’azione come se avesse dovuto suggerirgli qualcosa.
“Quando ci sei tu di mezzo le cose finiscono sempre a scatafascio.”
“Dici? Allora alla salute!” Dazai fece un brindisi rivolto al rosso, per poi avvicinarsi il cocktail alle labbra.
Lo sguardo dell’altro registrò a rallentatore il gesto e l’implicazione. Con un secondo di ritardo, ma una prontezza che lo recuperò alla velocità della luce, il ragazzo si gettò sull’aspirante suicida, buttando a terra con una manata il becker. Questo rotolò sul tappeto, spargendo in giro il liquido e il suo odore sintetico.
“Chuuya! Ci avevo messo un’ora per raggiungere l’equilibrio di ingredien-”
“Brutto stronzo, non ti suiciderai prima di questo compito del cazzo!”
L’aria nella stanza era irrespirabile. Chuuya fece di tutto per non darlo a vedere, ma continuò a trattenere il fiato. Si era già fatto scappare un mezzo colpo di tosse all’odore di fumo che appestava la sala, inspirando poi quello più dolce degli alcolici. L’enorme sala era costellata di decorazioni e suppellettili cinesi, piena di tavoli e sedie spaiati. L’ultimo luogo dove Chuuya pensava sarebbe potuto avvenire un incontro, per quanto informale, con il Boss di un’organizzazione alleata. Aveva perso il conto delle macchie in giro, nonostante il posto desse l’impressione di essere stato ripulito da cima a fondo.
Oltre a loro, non c’era un’anima. Lui, Dazai, il Boss ospite. La guardia del corpo di quest’ultimo e Hirotsu erano alla zona bar a scambiare due chiacchiere davanti ad altrettanti bicchieri di whiskey. Chuuya sentì il desiderio profondo di mollare tutto, abbandonare il tavolo da gioco e raggiungerli. Ma come lo pensò, il veterano della Black Lizard gli lanciò un’occhiata come se avesse potuto sentire distintamente il suo pensiero.
Chuuya tornò a fissare le carte che aveva in mano e a ingoiare una bestemmia. E poi una maledizione contro Dazai. Era sempre tutta colpa sua. Non era possibile che si ritrovasse in situazioni così assurde da quando lo conosceva. Il pensiero che tutta quella stronzata della partita amichevole con il Boss ospite fosse una sua trovata lo aveva sfiorato, fino a quando Mori stesso non gli aveva telefonato, chiedendogli se i preparativi stessero procedendo. Kouyou stessa gli aveva mandato un messaggio augurandogli di vincere - che detto da lei equivaleva a una risatina nascosta dalla manica e una pacca condiscendente sulla testa.
Era fottuto.
In balia di Dazai con la responsabilità della Port Mafia sulle spalle.
Non ricordava neanche quanti giorni fossero passati da quando era stato tradito, ricattato e costretto a entrare nell’organizzazione. Dieci giorni? Due settimane? Un mese?
“‘fanculo…”
“Pessima mano, giovanotto?”
Chuuya alzò lo sguardo come se avesse appena premuto sull’acceleratore pronto a schiantarsi contro un muro. Il suo cervello gli diede una schicchera e capì di aver dato fiato alla bocca invece di restarsene zitto.
Fissò il Boss di fronte a lui per una manciata di secondi, poi abbassò gli occhi sulle carte. E che qualsiasi entità superiore gli fosse testimone, non riusciva davvero a credere a cosa stesse stringendo.
“Se ci si concentra abbastanza si può intuire che carte abbia in mano.”
La voce melliflua di Dazai si infilò nel vuoto di parole del partner, facendo sorridere il Boss ospite.
“Nuova assunzione?”
“Qualcosa del genere” commentò sempre l’aspirante suicida, per poi stirare un sorriso falsissimo al diretto interessato. “Tocca a te, da circa cinque minuti.”
Chuuya strinse le carte sentendo la carta spessa delle carte essere sul punto di accartocciarsi.
“Non abbiamo fretta.” La risata grassa e bonaria del Boss riverberò nell’ambiente vuoto, facendo fremere Chuuya. “E’ pur sempre un gioco strategico, si starà facendo i suoi calcoli.”
Anche Dazai rise e il rosso fu sul punto di gettarsi sul tavolo per raggiungerlo al collo, strozzarlo e dargli finalmente la morte che cercava.
“Io dubito che…”
Chuuya acchiappò una carta dalla propria mano e la sbatté sulla pila degli scarti.
“Appunto” replicò altrettanto serafico Dazai, osservando la povera carta stropicciata e di traverso sulla piccola pila.
“Un sei rosso” commentò il Boss, annuendo compiaciuto.
“... prevedibile” liquidò Dazai, ricambiando con un sei blu.
Toccò al loro ospite e dopo Chuuya si ritrovò di nuovo da punto a capo. E iniziò a sentire un brutto brivido lungo la schiena, di quelli da risolvere prendendo a pugni tutti e poi andarsene. Ma l’unica mascella che avrebbe potuto colpire era quella di Dazai e l’occasione non si era ancora presentata.
“Forse Uno è un gioco troppo complicato per te, eh? E dire che volevo fosse una partitina amichevole.”
Ok, l’occasione era lì, così lì che l’occhiataccia che Chuuya rifilò al (prossimo defunto) partner fu accolta con una seconda risata divertita del Boss.
“Mori-san ha scelto molto bene con chi accoppiarti.”
Dazai fece la faccia schifata di qualcuno che aveva appena mandato giù una verdura amarissima. Chuuya lo ascoltò di striscio, buttando un’altra carta che calcolò di striscio solo per matcharla di colore con quell del Boss. Non riusciva proprio a credere che fosse tutto vero e reale.
“Uhm.” Dazai inclinò la testa di lato, come a cambiare prospettiva per osservare meglio la carta lanciata da Chuuya. “Un cambio giro? Sei sicuro?”
“Fottiti.”
“Mi piace proprio il ragazzino.” Il Boss ormai era l’unico che si stesse divertendo. Rispose con un colore semplice e poi con un gesto lasciò la metaforica palla a Dazai. “E’ uno a cui piace il rischio.”
Dazai annuì gravemente, come se il risultato dei rischi di Chuuya lo riguardasse in maniera diretta - e non fosse lui la catastrofe ambulante.
“Uno dei tanti problemi di Chuuya è che non pensa abbastanza” sospirò e poi lo fece.
Chuuya non ebbe il tempo di sbroccare con una risposta sonora, che vide incombere sulla pila degli scarti la carta più odiosa di tutte.
Un più quattro troneggiò al centro del tavolo e nel silenzio che ne seguì. Questo fino a quando il Boss non ricominciò, di nuovo, a ridere e a fare battute sulla loro chimica - qualsiasi cosa fosse, Chuuya non lo registrò di striscio.
Il tavolo tremò per una frazione di secondo. Quella in cui la gravità si riverberò dal rosso seguendo la linea della sua vena omicida, prontamente stronzata da un buffetto di Dazai al braccio.
“Su su, sono solo quattro carte. E siamo all’inizio.”
Chuuya si incise nella mente di ammazzarlo quella notte stessa. Un cazzo Faremo questa partitina a carte e poi tutti a casa! Dazai non avrebbe visto l’alba del giorno dopo.
“Sei uno Sgombro morto.”
“Sei proprio una Lumaca, pesca.”
La mano di Chuuya si abbatté sul mazzo di carte e ne tirò su alcune.
“Te ne manca una, partner.”
E Dazai la pescò per lui.
Chuuya ebbe solo la conferma di come tutto fosse una fottuta montatura del cazzo - o uno scherzo di così pessimo gusto - quando inserì la carta tra quelle in mano. E quando si accorse del messaggio che c’era scritto.
Era un cambia colore.
Ammetti che sono il miglior partner del mondo o pesca 25 carte.
Sotto, ancora più piccolo.
E sappi che il Boss qui è uno che ride e che scherza anche quando taglia la gola alla gente. E che Mori conta su di te per divertirlo.
“Problemi, partner? Ti devo rispiegare le regole?”
Fu una sera che Chuuya cancellò dalla memoria, ma fu anche quella in cui iniziò ad appuntarsi tutti i metodi con cui avrebbe potuto infliggere dolore e ammazzare quello stronzo di Dazai.
Con la risata del Boss ospite a rimbombargli nelle orecchie - e con un rossore sulle gote a rendere tutto più imbarazzante, Chuuya iniziò a pescare una carta dopo l’altra, mantenendo un savoir faire per cui Dazai avrebbe riso per gli anni a venire.