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Cow-T, settima settimana, M6

Prompt: Rosso

Numero parole: 826

Rating: SAFE


Fandom: Voltron LD

Personaggi/Ship: Lance/Keith

Note: amorini.



Festeggiare il Natale stava diventando una tradizione, anche se era solo il terzo anno.

Nonostante i due Natali precedenti fossero stati sperduti nello spazio senza nessun vero e proprio addobbo, albero, o cenone, era stato più lo spirito a contare. E Keith non ne aveva mai avuto molto in generale.

Però al primo «Ehi, ma mancano solo due mesi a Natale!» di Lance cominciava ad avvertire un formicolio lungo la schiena. Non era qualcosa di fastidioso o spiacevole, più un gentile promemoria che gli riportava a galla ricordi tiepidi.

Sì, da quando erano tornati sulla Terra avevano l’obbligo morale - sempre a detta di Lance - di fare le cose per bene: decorazioni di ogni sorta, carta da regalo a tema, ricette di nonne, ricorrenze di trisavoli e tradizioni varie ed eventuali. Però, e Keith lo stava ammettendo tra sé, sorseggiando la tisana digestiva post veglione, il tam-tam valeva la piacevole sensazione dello stomaco pieno, il calore del camino che pervadeva la stanza, la televisione in sottofondo impostata su qualche film datato e la compagnia che in quegli anni aveva sostituito la sua solitudine.

«È ora di aprire i regali!» trillò Matt con l’entusiasmo di un bambino.

«Eeeh? Di già? Ma non ho ancora battuto Pidge a carte!» si lamentò Lance.

«Se aspetti di vincere per aprire i regali, puoi iniziare la lista per l’anno prossimo» ghignò Pidge, chiudendo anche quella partita a proprio vantaggio.

«Shiro ci ha visto lungo a imporre la regola che non si gioca a soldi...» commentò Hunk impietoso, dalla sua posizione sul divano vicino a Keith. «O a Strip Poker. Lance in mutande non è la mia idea di Natale...»

Keith si lasciò sfuggire una risata più sonora del solito, arrossendo, ma solo Hunk, nella confusione da “Apriamo i regali!”, la colse e lo ricambiò con un immenso sorriso e una pacca sulle spalle.

In meno di dieci minuti il pavimento del salone fu ricoperto di carta stracciata e nastri, mentre l’aria frizzantina si saturò di allegria man mano che i pacchetti venivano aperti. Ci furono i regali più vari, da quelli seri e toccanti, a quelli scherzosi e imbarazzanti.

«Ma quella scatola immensa per chi è?» si interessò Pidge, quando ormai sotto l’albero erano rimasti pochi altri pacchi, tra cui quello citato. Era una scatola con coperchio, a sfondo blu con cristalli di neve e un largo nastro di raso azzurrino che la teneva chiusa con un fiocco sulla cima.

Lance si schiarì la voce, saltando in piedi e battendo le mani.

«Facciamo un gioco! Chiudete gli occhi e non riapriteli finché non ve lo dico io! E bocca cucita!»

Dopo un’occhiata perplessa generale e vari «Eddai! Cosa vi costa!», tutti cedettero alla richiesta. Per qualche secondo si sentì solo Lance muoversi sugli scarti della carta a terra, esprimere un «Oh issa!» e scalpicciare di nuovo. Poi, per quasi un minuto, un silenzio di stasi.

«Ci vuole ancora molto?» borbottò Pidge a braccia incrociate, ma con le labbra piegate in un lieve sogghigno mentre iniziava a capire la situazione.

«Ssh!» la rimbeccò Lance all’istante, preda del proprio cuore in tumulto.

Lui e Keith si stavano guardando negli occhi con un’incertezza da cardiopalma. Quando il paladino rosso aveva sentito qualcosa toccarlo era leggermente sobbalzato, per irrigidirsi l’attimo dopo in cui aveva capito di essere il destinatario del grosso pacco di Lance.

Davanti a lui, Lance si stava passando una mano sulla faccia sentendola calda, mentre con l’altra cercava di esprimersi a gesti secchi per incoraggiarlo a sciogliere il fiocco. Keith si mosse maldestramente - finendo col dare una gomitata a Hunk, anche lui ridacchiante della situazione nonostante gli occhi chiusi - e si liberò del nastro. Un istante dopo stava fissando il contenuto con un’espressione indecifrabile.

Shiro si schiarì la gola, seduto al tavolo con la testa appoggiata alla mano in una posa che sembrava comunicare quanto si stesse godendo la scena anche senza vederla. «Ci state tenendo sulle spine.»

«È emozionante! Anche questa è una tradizione?» domandò Allura, senza trattenere l’entusiasmo e tenendo le palpebre serratissime.

Lance e Keith li stavano ascoltando a malapena, immersi nella loro parentesi di imbarazzo. Ancora impacciato, Keith tirò fuori dalla scatola il proprio regalo e un bigliettino svolazzò di fianco a lui.

“Per ringraziarti di quel bonding moment che però non è mai avvenuto!”

Lance aveva cambiato colore e, di nuovo, a gesti, pregò Keith di nascondere il bigliettino.  

«Ok, potete aprire gli occhi!»

Nonostante fossero tutti già pronti a ridere, rimasero inermi di fronte alla scena.

Keith, con le gote sfumate di un rosa acceso, stava stringendo e contemplando il proprio regalo negli occhietti finti. Era un grande peluche a forma di ippopotamo, di una sfumatura insolitamente rossa e, anche se di pezza, sembrava capace di rendere il paladino rosso un bambino felice del proprio regalo.

«Grazie Lance» mormorò Keith, stringendolo al petto, e Pidge dovette allungare le mani e sostenere il paladino blu prima che gli crollasse addosso incespicando nelle proprie emozioni.


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Cow-T, quarta settimana, M1

Prompt: Rivelazione

Numero parole: 2019

Rating: SAFE


Fandom: Voltron LD

Personaggi/Ship: Keith/Lance, il resto dei paladini

Note: Modern!AU, sono tutti maggiorenni.



Di lì a mezz'ora si sarebbero dovuti incontrare con gli altri per il loro venerdì sera di bagordi, ma erano già in ritardo. Keith si era offerto per passare a prendere Lance alla scuola dove faceva lezioni di nuoto. La sessione per i bambini doveva essersi conclusa già da un po', ma quando entrò trovò la segretaria della piscina a scuotere la testa e indicargli con un cenno il corridoio.
Arrivando davanti al vetro che dava sulla grande vasca, insieme agli altri genitori, Keith constatò che tutti i bambini erano ancora dentro l'acqua e non solo loro. Lance era immerso fino alla vita, vestito con i pantaloncini e la polo che usava nei giorni in cui, in teoria, non sarebbe dovuto entrare in acqua. Ma era inutile farglielo presente.
Nonostante il ritardo, la maggior parte dei parenti lì sembravano divertiti dalla scenetta. I ragazzini erano divisi in due squadre e stavano giocando a una variante di ruba bandiera, ma con stili diversi di nuoto.
"Finché non finiranno non riavremo le nostre pesti" sospirò divertita una nonna, salutando con un cenno quello che doveva essere il nipote. "Qual è il suo?" domandò verso Keith.
"Quello vestito" sospirò Keith, facendola ridacchiare nel capire che si trattasse dell'istruttore.
Venti minuti dopo, i bambini uscirono correndo dallo spogliatoio, vociando e saltellando, mentre Keith se ne teneva a distanza standosene appoggiato contro il muro, il casco saldo a un braccio.
"Prossima settimana rivincita del team papere!" promise Lance, uscendo per ultimo e ricevendo un assordante "Siiiii!" all'unisono da tutti i ragazzini.
"Hai ancora i capelli fradici" brontolò Keith, lì di fianco. Lance sussultò per non averlo notato.  
"Devo dire a Giselle che dei phon a muro ne è rimasto solo uno funzionante. Ho dovuto asciugare velocemente i capelli di tutti col mio" sospirò il ragazzo. Aveva un asciugamano arrotolato al collo e lo usò per riprendere a frizionarsi la testa mentre si incamminava verso la sala staff.

Keith gli rimase dietro e suo malgrado l’occhio gli cadde sulla sua figura, come troppo spesso ormai accadeva. Quando Lance usciva dalla piscina profumava nonostante l'odore di cloro di fondo. La pelle poi sembrava sempre perfetta e morbida. Portava i pantaloncini corti a lasciare le gambe scoperte, lunghe e lisce, un invito per lo sguardo.
"... dov'è?"
Keith tornò in sé, ma senza cogliere il soggetto. "Cosa?"
"Terra chiama Keith? Pronto? Il locale! Dove andiamo stasera? Allura non ci voleva tornare nell'ultimo dove siamo stati. I cocktail erano dosati malissimo. Dios, ancora non mi ricordo un accidenti di quella sera."
Keith la ricordava molto bene invece e forse non era il caso di ripensarci, o si sarebbe dovuto chiudere in bagno prima di poter salire sulla moto.
"Ho l'indirizzo, non mi ricordo il nome" fu la rapida risposta. "Siamo già in ritardo però. Datti una mossa."
"Yes, sir" sbuffò Lance, entrando nella zona staff. Keith in automatico lo seguì e Lance lo fissò con la coda dell'occhio, mentre andava al proprio armadietto. "Sai, non penso di aver bisogno del bodyguard per cambiarmi. O di un mullet petulante che mi rovini il buon umore dicendomi sbrigati Lance! Faremo tardi!" scimmiottò con voce volutamente stridula e una posa da donzella d’altri tempi.
Keith incrociò le braccia, la giacca di pelle che scricchiolò tendendosi sulle braccia e le spalle.
"Bene!" sbottò, annoverando l'ennesimo motivo perché sono un idiota a farmi piacere questo cretino nella sua colonna di punteggi mentali. Uscì, sbattendo anche la porta. "Se fra cinque minuti non sei fuori ti porto via di peso e in mutande!"
Da dentro la stanza, Lance non fu da meno. "Dovrà esserci un'invasione aliena prima che tu possa bearti della possibilità di portarmi in braccio da qualche parte!"
Un quarto d'ora dopo erano finalmente fuori dalla piscina, con i cellulari di entrambi che avevano iniziato a trillare di notifiche nella chat comune.
"Siamo in ritardo per colpa tua" sottolineò di nuovo Keith, passando il casco a Lance.
"Siamo in ritardo per colpa tua" gli fece il verso l'altro con una smorfia, salendo a cavalcioni sulla moto dietro di lui. "Non posso presentarmi all'aperitivo che puzzo di cloro e ho i pantaloncini, dammi tregua. Non sono come te che ti infili il primo sacco di juta ed esci."
Keith stava per accendere la moto ma si fermò, girandosi di scatto e mancando per un soffio il casco dell'altro.
"Non mi vesto male!"
"No, infatti hai un armadio dal titolo cinquanta sfumature di nero. Mai pensato di fare il becchino?"
Keith lasciò perdere, accendendo la moto e partendo. L'unica soddisfazione che ebbe da lì al locale fu ascoltare Lance urlare "Rallenta!" ogni due minuti e sentirlo stringerglisi contro quasi a togliergli il respiro.
"Tu sei pazzo!" sbottò Lance quando parcheggiarono, togliendosi il casco senza badare ai capelli sparati in ogni direzione - che di solito era la sua prima preoccupazione su tutto. "Se ti vuoi ammazzare vedi di non farlo quando ci sono anche io a bordo!"
"Rilassati Lance" ghignò Keith, ancora a cavalcioni sulla sua kitty. "La prossima volta non fare tardi, così non dovrò correre."
Entrarono al Makai con Lance che ancora stava imprecando in spagnolo e Keith che si massaggiava sovrappensiero il petto, lì dove Lance aveva affondato le dita per reggersi.
Il locale era ancora piuttosto vuoto, così individuarono subito gli altri, tutti con un sorrisone sulle guance.
"Non pensate che sia bellissimo questo posto?" esordì Allura. Aveva un finto ibiscus nei capelli, enorme e di un colore sgargiante. Oltre a quello, intorno al collo aveva anche una collana di fiori, come pure tutti gli altri. Hunk e Pidge ne misero una a Lance e Keith prima che potessero dire ma.
"È un posto in stile hawaiiano, quindi" concluse Lance, guardandosi intorno, per poi tornare su Allura e sfoderare un sorriso identico al suo. "Mi piace! Dove posso prendere anche io un fiore come il tuo?"
E i due si dileguarono verso il bancone a importunare il barista per altri accessori.
"Tutto bene?" chiese quindi Shiro, quello più tranquillo e che sembrava si stesse godendo il divanetto che avevano prenotato. Si era messo più che comodo, occupando quasi due posti, ma avevano scelto uno dei tavoli migliori per la serata proprio per rilassarsi. Aveva ancora i vestiti del lavoro, anche se erano rimasta solo la camicia e i pantaloni eleganti, mentre la cravatta e la giacca dovevano essere al guardaroba. Come gli altri, anche lui sfoggiava una collana floreale e un bicchiere di Piña Colada.
Keith alzò un sopracciglio, osservando proprio il drink, mentre gli si sedeva di fianco. "Hai già iniziato a bere?"
"Non chiederglielo" intervenne Pidge, facendo un gesto con la mano come scacciasse qualcosa di rompiscatole. "Ha avuto una pessima giornata e vuole tornare a casa senza ricordarsi come si chiama."
Keith fece tanto d'occhi. "Che è successo?" giusto perché per lui il non chiedere con Shiro non aveva valenza.
"È passato il procuratore in centrale a farmi la ramanzina sulle prove dell'ultimo caso."
"Tradotto" riprese Pidge, con un ghigno. "Da Lunedì Shiro si farà una settimana di scartoffie perché ha agito di testa sua."
"Ma hai chiuso il caso prima che finisse male!" esclamò allibito Keith.
"Ma non ha seguito la procedura" insistette la ragazza, che sembrava trovare tutto molto divertente.
Shiro scosse la testa, finendo di scolarsi in due sorsi il cocktail. "Va bene così. Ho preso lo stronzo che ha ferito Matt. Una settimana alla scrivania non sarà niente."
"Ecco, a proposito, come sta tuo fratello?" chiese Hunk, spizzicando gli antipastini.
"Si lamenta e fa il filo alle infermiere. Sta fin troppo bene. Lo spediranno a casa tra qualche giorno. Vi saluta."
Lance e Allura tornarono in quel momento, raggianti come se avessero incontrato Babbo Natale.
"Taaa-daaaan!" esordirono, allungando una scatola decorata con un buffo pattern di ananas con gli occhiali. "Guardate qui!"
L'interno traboccava di oggetti per la festa, tutti a tema Hawaii. C'erano altre collane, i più svariati fermagli, delle camicie con coloratissime fantasie assurde e anche le tipiche gonnelline da danzatrici.
"Alla fine di questa serata tirerete fuori il peggio di voi, lo sapete, sì?" e Pidge indovinò il pronostico anche quella volta.


Mentre lei e Keith erano i guidatori designati, gli altri quattro del gruppo non ci pensarono due volte a sfondarsi di alcool fino a diventare l'anima della festa. Erano quasi le due di notte e al centro della pista da ballo Shiro, Lance e Allura dominavano la scena, tutti e tre con i finti gonnellini, collane hawaiiane al collo, girate ai polsi e Shiro anche in testa, mentre Allura e Lance avevano gli ibiscus finti. Hunk invece era al bancone a chiacchierare amabilmente con una delle bariste, Shay, sulle specialità del posto.

Quando fu ora di andar via iniziò la parte comica, in cui Keith e Pidge si trovarono a sorreggere in qualche maniera Shiro e a portarlo alla macchina, riacchiappare Allura che si mise a ballare anche nel parcheggio, e staccare Hunk da Shay, lasciandole il numero al posto suo perché era troppo ubriaco per azzeccare la sequenza delle cifre.
"Ce la fai con Lance in moto?" chiese Pidge scettica, osservando Lance che ancora se la ballava da solo all'uscita del locale, senza essersi tolto né gonnellino né ibiscus, regalati dal proprietario. Keith assentì, dandole la buona notte e osservando l'auto andarsene, con Allura e Shiro che lo salutavano come due ragazzini dal parabrezza posteriore.
"Keeeeeeef" urlò Lance, buttandoglisi di peso addosso e rendendolo sordo da un orecchio. "Balliiiiiamooo."
Ma più che ballare, Keith si ritrovò a districarsi dalle braccia di Lance come fossero tentacoli.
"Cerca di calmarti, ti porto a bere qualcosa di caldo per la sbronza" sospirò il moretto, arrendendosi a farsi abbracciare e non trovando in realtà molto da dire, visto che, in fondo, Lance gli piaceva. Peccato il piccolo particolare che fosse etero.
"Ma io voglio ballare con te" ridacchiò Lance, staccandosi e ondeggiando sul posto come sentisse ancora la musica. Afferrò le mani di Keith e lo trascinò di forza, rischiando di farlo inciampare.
"Lance! Sei ubriaco, smettila! Lo sai che non ballo."
"Sono un uccello e questa sarà la mia danza per l'accoppiamento allora!" sbottò Lance, facendo una giravolta che quasi lo fece cadere, ma senza fermarlo. E Keith era troppo sbigottito da quell'ultima frase per reagire.
"Che diavolo stai dicendo?"
"Se tu non ti vuoi fare avanti, allora ti conquisterò con la mia danza, mullet selvatico!"
E fu di parola perché continuò a scatenarsi intorno a Keith, in movimenti imbarazzanti del bacino, baci lanciati tra una giravolta e l'altra e strusciamenti equivoci. L'ultima mossa fu un casquette e Keith dovette prendere al volo Lance che ancora rideva divertito.
"Ti ho conquistato, mullet?" chiese ansante, il viso accaldato e sudato.
"Mi stai prendendo in giro" replicò Keith, che davvero non sapeva più che cosa pensare o se pensare.
"Quanto fai il difficile! Allora serve un bacio!" e il cubano non perse tempo ad afferrare Keith per la testa e fare quanto detto. Le labbra di Lance erano dolciastre e alcoliche, ma quando Keith sentì la lingua insinuarsi nella sua bocca si riprese, staccandosi.
"Fermo!" strepitò, avvertendo le guance in fiamme, e doveva avere due occhi spalancati neanche avesse visto un fantasma. "Che diavolo significa!?"
Lance, incespicando sui piedi, una mano sul fianco e una a mimare una pistola, gli fece l'occhiolino. "Fai di me ciò che vuoi, baby" ridacchiò.
"Lance, a te… a te piacciono le donne" disse Keith neanche fosse una spiegazione inconfutabile, nonostante il tono smarrito. Una spiegazione che il battere rumoroso nel suo petto non pareva d’accordo a sostenere.
Lance, di nuovo, sbuffò una risata, muovendo le mani in gesti scoordinati.
"Mmpfhh... quello! Quello era prima! A Lance piacevano le donne!" affermò, ma si bloccò l’attimo dopo, pensieroso. "No, aspetta. A Lance piacciono ancora le donne. Però gli piace anche-" e gesticolò verso Keith, a indicarlo tutto. Poi spalancò gli occhi, colto da un un’altra idea. "Por Dios, credo di essere bi. Perché tu sei un mullet, ma sei anche un ragazzo!" ridacchiò ancora, le mani sul petto. "Lance e Keith, la coppia che nessuno si aspettava! Come suona?"
Suonava che Keith, quella rivelazione, la stava ancora processando.


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Cow-T, prima settimana, Missione Speciale

Prompt: Soulmate

Numero parole: 1040

Rating: Safe



Fandom: Voltron LD

Ship: Keith/Lance (implied), Shiro/Adam (mentioned), Shiro & Lance

Note: post S8 (in cui Shiro è sposato con Adam perché io sono ancora in denial, #sorrynotsorryCurtis)




La balconata posteriore del castello di Nuova Altea era un luogo ideale per osservare le stelle. Schermata dal castello stesso contro le luci della città che andava crescendo di anno in anno nella parte frontale, sul retro invece si estendeva solo una vallata di juniberry e il lago Aurora fino all’orizzonte, creando uno specchio per la volta celeste.

Era anche il posto dove Lance si era abituato a passare le notti di riflessione e attesa, un luogo in cui sfogare la nostalgia mentre sorgeva l’alba.

Quella notte però il sole era un’idea lontana, la luna un appuntamento rimandato e le stelle baluginavano in costellazioni ancora nuove e sconosciute.

Il cellulare dell’ex paladino blu vibrò e il suo viso fu illuminato dalla luce del display.


02:02 O Captain! My Captain scrive:

- Posso venire a vedere le stelle con te?


Lance sorrise tra sé, digitando la risposta.


02:02 Le Petit Altean Prince scrive:

- Richiesta accolta! Dove sei?


02:03 O Captain! My Captain scrive:

- Qui.


Con espressione confusa, Lance alzò la testa e si ritrovò Shiro alle spalle, con un sorrisino colpevole e una busta di carta stampata con il logo di una pasticceria terrestre.

«Ho portato un po’ di biscotti.»

«Guava e lime?»

«Anche.»

«L’universo sapeva quello che stava facendo quando ti ha scelto per salvarlo» sospirò Lance, addentando in meno di un secondo uno dei biscotti e lasciando andare un verso di pura estasi. «E io non lo ringrazierò mai abbastanza per avermi messo sulla tua strada.»

Shiro sbuffò divertito, sedendosi sulla sdraio di fianco a lui e prendendo a sua volta un biscotto, ma al cioccolato e limone.

«Se Adam mi dicesse la metà delle cose dolci con cui te ne esci tu...»

«… sarebbe terribilmente inquietante, non pensi?»

Entrambi risero, pescando altri biscotti e alzando gli occhi verso la volta notturna, consapevoli che, per quanto bella, non li avrebbe distratti davvero dai pensieri aleggianti nell’aria.

«Sono passate sei settimane» mormorò Shiro, guardando Lance con la coda dell’occhio. Aveva le spalle tese e questo si rifletté nel tono. «Come stai?»

Lance finì di masticare lentamente il resto del biscotto, abbassando lo sguardo sull’orizzonte buio e fissandolo con occhi persi, in cerca di una risposta che non fosse quella che aveva in testa.

«Coran mi ha riempito tutte le ore della giornata» iniziò, sviando, ma con qualcosa di vagamente sereno sul viso. I marchi sulle sue gote brillavano fiocamente. «Vuole che tutti, qui su Nuova Altea, conoscano la storia dei paladini di Voltron - e ha ricominciato con la storia degli spettacoli. Ha organizzato anche lezioni sulle usanze terrestri. Ho classi di bambini, adolescenti e adulti, più il “tè delle cinque” con gli anziani. E in tutto questo non ho neanche una laurea ad honorem» mugugnò, cercando di stiracchiarsi per scacciare la negatività. «In definitiva… cerco di mantenere l’umore stabile, ma questa attesa fa schifo.»

Una volta che lo ebbe confidato, tornando a guardare in alto, si sentì vagamente meglio. Non che non si sfogasse - non aveva idea di come Hunk e Pidge ancora lo sopportassero - ma non era mai stato così diretto e conciso.

Dal lato di Shiro, tuttavia, non arrivò subito una replica, anche se Lance non ci fece caso fino alla domanda successiva.

«Sai… come sta?» lo disse come un discreto bussare alla porta, indeciso se disturbare ma al contempo con la necessità di avere una risposta.

Lance ebbe la sensazione di tornare brutalmente coi piedi per terra, abbandonando lo stato di sospensione che quei giorni gli avevano procurato.

Si voltò verso Shiro, realizzando tutto insieme e sentendosi in colpa.

«Soy un idiota!» sbottò, sbattendosi una mano in fronte, scattando in piedi per poi sedersi sulla sdraio di fianco a Shiro. Velocemente, mentre l’altro cercava di calmarlo dal continuare a insultarsi e chiedere scusa al contempo, si slacciò il polsino della camicia e arrotolò la manica in maniera disordinata fino al gomito.

«Non ha potuto scrivermi fino a questa mattina, ma sta bene» spiegò Lance ancora concitato, illuminando la parte interna del proprio avambraccio con il cellulare.

In un silenzio solo all’apparenza tranquillo, Shiro divorò con gli occhi le parole sulla pelle scura di Lance, scritte con una grafia che avrebbe riconosciuto ovunque. “Siamo vivi. Missione conclusa. Quasi. Krolia ferita, ma non grave.” Quando arrivò alle ultime parole “tornerò presto”, lasciò andare un lunghissimo sospiro di sollievo che interruppe l’apnea di quei giorni conditi di angoscia.

«Conoscendo Kolivan, non si è preoccupato che le comunicazioni con qui fossero saltate e ha portato avanti la missione lo stesso» brontolò Lance, ma con un sorriso incoraggiante da “scampato pericolo”, mentre vedeva Shiro e le rughe sulla sua fronte rilassarsi.

«Stanno bene, è l’importante» replicò Shiro, stringendo con un braccio Lance per condividere il tepore di quella notizia. Si concesse anche una risata liberatoria. «Questa storia delle anime gemelle è più utile di qualsiasi transponder.»

Festeggiarono il clima più disteso sgranocchiando un altro paio di biscotti a testa, prima che a Lance balenasse un secondo pensiero per cui si insultò doppiamente e più volgarmente di prima.

«Non gli ho ancora risposto!» sbottò, con le mani nei capelli. Si tirò in piedi per frugarsi nelle tasche dei pantaloni e tirarne fuori uno dei tanti pennarelli che di solito seminava ovunque per averne sempre uno pronto da usare. Ficcandoselo in bocca per avere le dita libere, si aggiustò anche la manica destra al gomito, risedendosi pronto all’opera, salvo poi bloccarsi e voltarsi verso Shiro con espressione supplichevole. «’oresti ‘civere ‘fu?» biascicò, aspirando ogni lettera.

Con un sopracciglio inarcato, e appena due dita, Shiro gli tolse il pennarello di bocca, asciugandolo dalla saliva prima di impugnarlo. Non era comodissimo scrivere così, soprattutto quando entrambi avrebbero voluto dire mille cose diverse che neanche tutta la schiena di Lance sarebbe bastata (oltre che essere un problema poi da leggere, senza uno specchio abbastanza grande).

Quando però Shiro mise il punto alla fine del suo nome, Lance avvertì la commozione invaderlo.


Ti aspettiamo a casa.
Lance & Shiro.”




Più tardi, quando Shiro si fu addormentato sulla sdraio con gli occhiali di traverso, Lance aggiunse una postilla, in una grafia storta ma leggibile. Oltre a un quantitativo imbarazzante di disegnini stupidi.


“Ps: quando non ci sei, Shiro mi porta i biscotti. Potrei abituarmici.”




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Nota autrice: sono riuscita a non nominare Keith manco una volta, ma giuro che l’altro pezzo di soulmate è lui.


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Cow-T, prima settimana, Missione Speciale

Prompt: Capelli

Numero parole: 690

Rating: Safe


Fandom: Voltron LD

Ship: Keith/Lance

Note: post S8 -- SPOILER?? -- ispirata a » questa fanart «




Era quell’ozioso orario tra il pomeriggio e la sera, quando il lavoro era concluso ma non era ancora ora di cena.

Si erano presi un tè, spizzicato qualche biscotto mandato da Hunk, parlato di questo e quell’altro che succedeva in giro per la galassia, ma ora Lance sentiva la noia salire mentre se ne stavano sbracati sul letto. Avvertiva addosso la sensazione dell’attesa, ma non avevano nulla in programma se non il relax - e solo Keith sembrava aver preso alla lettera quell’intento.

Dando le spalle al compagno, il mezzo galra era rannicchiato scompostamente su un fianco, del tutto rilassato, mentre con una mano scorreva il display del cellulare.

Lance produsse qualche sbuffo, qualche verso gutturale e diede sfogo a vari tic nervosi, ma nessuno sembrò funzionare nell’attrarre l’attenzione di Keith. Provò a raccontare qualcosa, a inventarsi delle storielle, perché aveva la testa così vuota da sentire l’eco, ma di nuovo, dall’altro, non ottenne nulla se non qualche assenso sovrappensiero.

«Non ignorarmiii» si lamentò, girandosi a sua volta su un fianco per squadrare il profilo dell’altro. L’attenzione fu catalizzata subito dai capelli.

Il mullet era ormai un ricordo, sostituito da una chioma che Keith stava lasciando crescere senza attenzione e per cui Lance si era auto-assegnato il compito di sistemargli almeno le doppie punte, perché non riusciva a convincerlo a tagliarli. Li fissò intensamente, seguendo le curve delle ciocche acconciate in una lunga treccia.

«Chi te li ha pettinati?» domandò curioso e un po’ invidioso. Era vero che blaterava ogni volta contro quella “cascata di pigrizia”, ma era anche per poterne parlare (e fissare) senza ammettere quanto fossero belli.

«Ezor» biascicò Keith, il viso illuminato da colori diversi mentre guardava un video. Aggrottò la fronte al ricordo di un pensiero fugace, che comunicò senza però voltarsi o ragionarci davvero. «Ha detto che saresti stato geloso.»

«Cosa?!»

«Ha detto qualcosa sul fatto che non sei capace di ammettere che ti piacciono i miei capelli.»

Lance rimase a bocca spalancata senza emettere un suono, ma arrossendo. Tuttavia Keith era voltato e non sembrava neanche prestare attenzione a quello che stava dicendo. In un altro tipo di discussione, faccia a faccia, Lance dubitava si sarebbe fatto sfuggire un pettegolezzo del genere, più perché Keith reggeva malissimo l’imbarazzo.

A Lance venne l’idea di tastare il terreno.

«Perché dovrei ammettere che mi piace questo disordine che hai in testa? La mattina a colazione sembri andartene in giro con un nido per uccelli» buttò lì, afferrando la parte finale della treccia per giocherellarci.

«Ha detto qualcosa sul fatto che ricoprirmi di insulti sui capelli è il tuo modo per dire che ti piaccio.»

Ok. Colpito e affondato. L’idea di interrogare Keith quando era così perso a fare altro non era stata poi così geniale come aveva creduto, non quando gli si era appena ritorta contro.

L’assenza di repliche sagaci, oltre al sentirsi tirare i capelli, fece breccia nella concentrazione di Keith.

«Ohi?» borbottò l’ex paladino rosso, voltando la testa per trovare un Lance che teneva stretta in pugno la sua treccia, mentre nascondeva il viso paonazzo nell’altra mano. «Che ti prende?»

«Sei un idiota con un mullet troppo cresciuto» lo accusò stridulo Lance, con un occhio che fece capolino tra due dita per comunicargli qualcosa tipo “disonore su di te”. I marchi azzurri alteani sulle sue guance brillavano in contrasto col rossore.

Keith non fece mancare il suo broncio incompreso, ma che, tuttavia, durò il tempo di ricordare cosa si fosse appena fatto sfuggire e ricollegare l’espressione di Lance al tutto.

Fu il suo turno di spalancare la bocca, farsi scappare un suono strizzato e incomprensibile, e poi lasciare cadere il cellulare sul letto per tuffare il viso nelle proprie mani.

«Sei un cretino di proporzioni cosmiche!» puntualizzò Lance, ancora con un’ottava di troppo nel tono.

«Smettila di tirarmi i capelli! Fai male!»

«E tu non ignorarmi proprio ora che hai capito!»

«Vorrei seppellirmi, ma mi stai facendo venire voglia di ucciderti.»

«Oh oh, Raperonzolo qui ha problemi a gestire i propri sentimenti!»

Quella bislacca dichiarazione proseguì in una lotta a cuscinate e insulti sul pavimento, mentre le gradazioni di rosso sulle loro guance andavano incendiandosi.


sidralake: (fangirl)
Cow-t, sesta settimana, M3
Prompt: Tema Libero
N° Parole: 300
Note: drabble ispirata a questa fanart.



Stavano litigando.

La solita inezia, un motivo dimenticato in favore degli insulti.

O almeno credeva, finché ha notato il corpo di Lance tremare, gli occhi inumidirsi e i lineamenti afflosciarsi.

Lance lo afferra per le braccia e poi si accartoccia su se stesso, trascinando entrambi a terra. Si chiude a uovo e un singhiozzo rompe il silenzio.

Non un rumore forte, ma la sala allenamenti è vuota e rimbomba tra le pareti e nelle orecchie di Keith, frastornato dal non capire come siano finiti così.

“Uh… Lance” lo chiama, toccandogli circospetto una spalla. Sta soffrendo, lo sente dai muscoli contratti, ma non comprende il motivo. “Ehi… va tutto bene” tenta, tenendo a bada il panico in fondo allo stomaco.

Teme di aver detto o fatto qualcosa che lo ha ferito. Per quanto l’altro non ricopra il suo ideale di frequentazione, è un suo compagno, qualcuno molto vicino a un amico, ammette.

Il verso che produce Lance è strozzato, tra un singulto e un gemito, e il moro avverte le lacrime bagnargli il braccio tenuto stretto, ma non si scosta. Ha idea che allontandosi il paladino blu cadrà a pezzi.

“Ho… ho detto qualcosa?”

L’altro scuote la testa così forte che Keith vorrebbe afferrargliela. Almeno, pensa, non sta piangendo per colpa sua.

“Sono-” finalmente parla, ma si blocca. Keith stringe la presa sulla sua spalla, nell’intento di comunicargli ti ascolto, avanti. “Sono scomparso... ” farfuglia. “Non sanno... che sono vivo”

Il petto di Keith è il primo a realizzare. Seguono i pensieri - il vuoto, perché per lui non è così. Ma anche a lui quelle figure familiari mancano e ha la sensazione di capirlo.

“Lance” non sa cosa sta per dire, ma lo dice, e si curva un po’ su di lui, cingendolo. “Ti riporterò a casa. Andrà tutto bene”  

April 2025

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