[Bungou Stray Dogs] You wanna join us?
Mar. 19th, 2022 05:32 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
COW-T 12, quinta settimana, M1
Prompt: Interruzione
Numero parole: 1051
Rating: Verde
Warning: me so tolta anche sto sassolino
Kunikida sospirò a niente in particolare. Era una giornata uggiosa, piena solo di pioggia e grattacapi burocratici in formato fogli da leggere e firmare. In realtà, era una giornata anche troppo tranquilla.
Tutti i detective erano fuori per lavoro, a cominciare dal Presidente e Ranpo convocati dalla Divisione per risolvere un problema interno, ai Tanizaki e Kenji andati a portare vari documenti ad alcune società che collaboravano con loro, per finire con Atsushi, Kyouka e Dazai impegnati con un caso della polizia. Persino le segretarie erano dimezzate, tra impegni e raffreddore stagionale.
Per quanto la zona ufficio fosse silenziosa, per Kunikida iniziava a esserlo anche troppo, senza un motivo apparente. Giornate come quelle erano rare, ma probabilmente per via della pioggia che non lasciava spazio ai pensieri, o per l’eccessiva mole di documenti tutti uguali da vagliare, Kunikida sentì il principio di un mal di testa fare capolino.
Come ogni persona ligia al dovere, detestava stare male. Stare male significava non riuscire a lavorare. Non riuscire a lavorare voleva dire accumulare scartoffie su scartoffie e rallentare tutto. Il solo pensiero bastò a fargli stringere i denti e dedicarsi ad altri due plichi.
Per circa una mezz’ora andò bene, finché, di nuovo, la pioggia non scaglionò i suoi pensieri, infilandosi tra le parole che stava leggendo e facendogli perdere il filo. Spese quasi cinque minuti pieni sulla stessa frase, prima di arrendersi.
Con un verso frustato, chiuse la cartellina dei documenti e si tolse gli occhiali, passandosi le dita sulle palpebre stanche. Le tempie gli dolevano con fastidio e sapeva che neanche una pausa forzata lo avrebbe aiutato.
Alzandosi, recuperò le lenti e uscì dalla porta dell’ufficio, prendendo il corridoio. Avrebbe chiesto a Yosano-sensei, l’unica rimasta in sede, un antidolorifico. Si sarebbe quindi steso una ventina di minuti, tempo che facesse effetto, e poi sarebbe tornato alla propria tabella di marcia.
Bussò alla porta dell’infermeria e chiamò la dottoressa, aspettando l’avanti per entrare.
Non arrivò nulla.
Kunikida lanciò un'occhiata alla finestra alla fine del corridoio, poco distante, e si convinse che lo scrosciare della pioggia avesse coperto o il suo bussare o la risposta della donna. Tentò di nuovo, con più energia.
«Yosano-sensei, sono Kunikida. Mi servirebbe qualcosa per il mal di testa.»
«S-Sì… avanti.»
Il detective rimase a fissare la porta corrucciato, anche se la mano scattò automaticamente verso la maniglia. Si chiese se fosse stato solo una sua impressione il leggero affanno nel tono della dottoressa. Ipotizzò che stesse sistemando qualcosa. Era certo che fosse arrivato qualche pacco di medicinali e un macchinario nuovo. Erano a corto di personale quel giorno, se no di sicuro Kenji le avrebbe dato una mano.
Con quei pensieri - pronto ad aiutarla nel caso - Kunikida entrò.
La sorpresa fu trovare lo studio vuoto.
«Yosano-sensei?»
«Sono qui» rispose lei, con un tono più basso del solito. Oltre alla voce, il detective fu certo di aver sentito un cigolio, il tutto proveniente da uno dei posti letto oscurati per privacy.
«Se ha bisogno di una mano a spostare qualcosa poss-»
Le parole morirono in gola a Kunikida come anche tutto il suo colorito, quando scostò la tenda e si trovò davanti qualcosa che la sua mente non avrebbe mai potuto neanche lontanamente immaginare.
Fu talmente scioccante che si dimenticò come si deglutisse, finendo con lo strozzarsi e allo stesso tempo arrossire furiosamente, portandosi un palmo davanti alla bocca per reprimere qualsiasi verso stesse per scappargli. Al contrario, il suo corpo non si mosse. La scena lo aveva inchiodato sul posto.
«Credo che una mano serva a lui» ridacchiò una terza voce che decisamente non si sarebbe dovuta trovare lì.
«T-Tu!» abbaiò Kunikida, mentre Yosano, di spalle, nuda, sospirava, giocherellando con un lembo di lenzuola, ma senza fare nulla per coprirsi. O per spostarsi da sopra quella terza presenza che non si sarebbe dovuta trovare lì.
«E-Eri uscito con Atsushi e Kyouka! I-Il c-caso!» continuò Kunikida, come se la logica, irrimediabilmente incrinata, potesse spiegare quello che stava succedendo.
Dal canto suo, Dazai si tirò su sui gomiti, muovendosi appena, ma abbastanza da far raddrizzare la schiena a Yosano, che si portò una mano alla bocca per mitigare un gemito. La donna era a cavalcioni sull’ex mafioso, ma la mente di Kunikida non avrebbe mai potuto realizzare davvero il loro incastro. Semplicemente, si rifiutò.
«Atsushi-kun e Kyouka-chan se la caveranno benissimo!» spiegò Dazai come se stesse parlando del tempo. «Non capitano mai giornate così tranquille qui! Io e Yosano-sensei ne abbiamo approfittato perché ho perso una scommessa con lei l’altra sera…» e mentre lo diceva fece qualcosa, un movimento mirato, fluido, ma appena percepibile, che, di nuovo, fece sfuggire un gemito alla donna e Kunikida se lo sentì arrivare addosso come l’onda d’urto di una bomba.
«Però ora ci hai interrotti!» concluse Dazai, ridacchiando e fissandolo da capo a piedi. «Potresti rimediare unendoti a noi.»
Fu il colpo di grazia per la psiche di Kunikida.
Yosano lo osservò mentre la sua faccia restituiva solo l’impressione che il suo cervello fosse andato in blackout. Rise, e ricambiò le attenzioni di Dazai ondulando i fianchi e provocando a entrambi diversi gemiti che finirono soltanto per inceppare ancora di più le rotelle fumanti del collega.
«I-Io… V-Voi…»
Kunikida era così rosso di imbarazzo che gli altri due non riuscirono a trattenere dei nuovi risolini.
«Puoi sgridarmi, Kunikida-kun. Se può aiutarti…» riprese Dazai, passandosi la lingua sulle labbra. «Potresti farlo mentre mi-»
«IO- VOI-!»
Kunikida scosse la testa e fece un passo indietro, abbassando lo sguardo sul pavimento.
«Devo andare» mormorò, defilandosi verso la porta così veloce che ci sarebbe potuto passare attraverso senza accorgersene. Ma il modo in cui la sbatté rimbombò per tutta l’infermeria.
«L’abbiamo rotto, temo» sospirò Yosano, ravviandosi i capelli. «Lo trascinerò a bere e cercherò di fargli elaborare l’accaduto.»
«Oh, io invece pensavo già a come farglielo rivivere domani, non voglio che se ne dimentichi! Non trovi che sia stato fantastico?»
Yosano sospirò con condiscendenza.
«Sei proprio perfido, avrà già gli incubi stanotte.»
«Magari sognerà di fare quello che si è appena lasciato sfuggire… chissà, la prossima volta sarà meno restio a unirsi…»
«Intanto… finiamo io e te» e nel dirlo, tornò a dondolare su di lui, prendendosi il premio per la propria scommessa.