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Cow-t, settima settimana, M3
Prompt: Spensieratezza/Preoccupazione
Parole: 231
Note: a Yellow Canadair e a Gwyn Lionheart, vi voglio bene e siete delle OC bellissime <3
Il corridoio a destra era vuoto, a sinistra deserto.
Gwyn Lionheart, promossa Sergente da meno di ventiquattr’ore, si passò le mani sul viso con la preoccupazione che spianava la strada dentro di lei.
Non si era solo persa nel labirinto della Sede Centrale, sballottolata da una sezione all’altra. Era in ritardo. Un ritardo così catastrofico che il suo primo incarico sarebbe stata una punizione. Per finire, aveva smarrito la lettera di presentazioni. Non che il suo precedente Capitano le avesse tessuto chissà quali lodi, ma dentro c’era il nome del suo nuovo superiore, oltre che la sezione. Quest’ultima poi l’aveva, sempre per sicurezza, annotata su un post-it la sera precedente. Perso anche quello.
La sua borsa ebbe un sussulto, come se qualcosa ci stesse rotolando dentro, ma lei non gli diede attenzioni. Guardò ancora i pavimenti e le pareti linde e l’assoluto niente che contenevano. Almeno prima aveva incontrato delle reclute… quanto prima? Si domandò costatando dall’orologio l’orario.
Forse la nave su cui doveva imbarcarsi era già salpata. Probabilmente nessuno aveva notato la sua assenza o, visto il ritardo, avevano deciso di fare a meno di lei.
I suoi ex compagni di bordo le avevano raccontato storie terrificanti su Marine Ford. Se faceva rumore nei posti sbagliati, sarebbe arrivata la “Strega delle Gru” a stenderla a penzoloni da qualche finestra. Poi non doveva mai rimanere da sola con la capra di Sengoku o incrociarne lo sguardo, perché si diceva fosse in grado di ipnotizzare il malcapitato e convincerlo di essere una capra a sua volta. Qualcuno poi aveva accennato a un vampiro che di notte amava andare in cerca di giovani fanciulle e succhiare loro il sangue.
A quel punto l’angoscia in Gwyn per l’imminente trasferimento era scoppiata come un termometro e il suo potere aveva fatto apparire decine di teschi in pop evanescenti. L’intero squadrone era stato messo a stecchetto dal Capitano e la ragazza si era pure beccata le lamentele degli altri. Qualcosa a cui in realtà era abituata, ma sarebbe stata l’ultima volta.
Il nuovo incarico sarebbe stato la svolta alla sua immagine. Non si sarebbe fatta riconoscere subito e, soprattutto, nessuno sarebbe mai dovuto venire a sapere del suo macabro potere derivato dal Frutto Death Death. Sarebbe stata un Sergente ordinario, devoto al nuovo Capitano e leale con i compagni.
Peccato che il buon proposito era già un ricordo lontano.
Nessuno era stato in grado di indirizzarla o dedicarle del tempo per aiutarla. Non senza un nome a cui fare riferimento. Le segreterie le aveva girate quasi tutte, ma vuoi per un motivo vuoi per un altro il nome del suo nuovo Capitano non era saltato fuori.
La sua borsa si mosse di nuovo e lei, sospirando, dovette darle retta. Tanto i corridoi erano così miseramente vuoti che se anche fosse apparso qualcuno sarebbe morta dallo spavento prima di fornire spiegazioni sul contenuto della tracolla.
Aperta la zip, un mugolio soffocato e indignato la rimproverò. Anche con il bavaglio gli improperi e le maledizioni erano di facile comprensione.
« Murray non posso liberarti, fai troppo casino »
La protesta fu veemente e iraconda, ma per una volta Gwyn fu intransigente.
« Quando saremo in un posto tranquillo e sicuro ti farò venire fuori, promesso » lo disse con convinzione, ma lo sguardo – se di sguardo si poteva parlare – assolutamente non convinto di tale Murray le ricordò la sua situazione penosa. Richiuse la zip prima di doversi sentire in colpa con uno dei tre grattacapi che infestavano la sua vita.
E a proposito, gli altri due tornarono in quel momento.
“Dovevamo andare nel corridoio a destra del terzo piano, negli Archivi Generali”
“Quel posto aveva più muffa di una topaia dieci anni fa, figuriamoci adesso!”
“Almeno era un punto di partenza! Ci siamo persi per due ore”
“La colpa è tua che inciampi ovunque e finisci attraverso tutti i muri di questo labirinto!”
Il fantasma dell’uomo tacque ed ebbe la bontà di arrossire prima di rispondere, ma un verso a metà tra un gemito e un singhiozzo distrasse entrambe le entità dal battibecco.
Gwyn li guardava con il più grande senso di disperazione avesse mai provato.
« Mi congederanno con disonore » sussurrò coprendosi il viso con le mani. Aveva capito che anche i due fantasmi, mandati in perlustrazione, non erano venuti a capo di nulla.
“La stai facendo troppo tragica tesoro” cercò di rincuorarla la donna, occhieggiando il tipo di fianco a lei perché dicesse qualcosa di confortante.
“La yankee ha ragione, Gwyn. Mi sono sempre perso qua dentro, tutto normale!”
Stavolta furono in due a fissarlo in maniera ben poco sollevata, tanto più convinte di personali giudizi.
“Non ascoltare il pagliaccio. Cerca di concentrarti e focalizza almeno il numero della sezione, possiamo andare per esclusione”
“Sono più di centosessanta!”
“Zitto Roci!”
« Non lo so Bellmere-san, non mi ricordo » sospirò sconsolata Gwyn. « Se non avessi perso il post-it… »
“Perché non cerchiamo quello? Potremmo tornare in cabina e vedere lì”
“Non ha lasciato nulla, ho controllato tutti i cassetti e sotto la branda”
“Sei proprio una mamma”
“E tu un deficiente”
“Sempre carina eh!”
Gwyn lasciò scivolare in terra lo zaino che aveva in spalla, alleggerendosi di un peso che non migliorò il suo stato d’animo. La sua borsa vibrò come un frullatore impazzito e lasciò andare anche quella, sentendo affiorare anche i sensi di colpa per il trattamento ingiusto verso Murray. Si sedette contro il muro, decisa a rimanere lì e morire di fame.
Bellemere e Corázon si zittirono, fissandola con tanto d’occhi.
“Gwyn… di che colore era il post-it?”
« Io volevo solo ricominciare da capo. Niente più teschi perché mi spavento o perdo il controllo. Avrei rigato dritto, non mi sarei fatta beccare a parlare coi muri e sarei stata una marine normale! »
“È tutto molto bello e utopico tesoro, ma di che colore era il post-it?”
« Verde »
I due fantasmi tirarono un sospiro di sollievo in contemporanea.
“Gwyn, sotto la scarpa”
La ragazza era troppo prostata per ascoltarli e dovettero insistere un paio di volte per farle capire che avevano ritrovato il post-it.
Tre teste a capolino, due evanescenti e una con un mal di testa da stress in arrivo, fissarono il foglietto spiegazzato e sporco. Almeno, l’inchiostro era ancora leggibile.
« Sezione 99 » mormorò senza riuscire a crederci.
In uno scatto repentino – con cui a momenti passò attraverso Cora-san e Bellemere – il neo Sergente si rimise in piedi, recuperò i bagagli e si incamminò da dov’era venuta.
« Dove sarà questa Sezione? Dovrò tornare a una delle segreterie! » blaterò, cercando di rimettersi lo zaino in spalla e la tracolla senza finire impiccata nella fretta.
“Se ti calmi un attimo possiamo andare noi a cercarla!” tentò di fermarla Rocinante, galleggiandole davanti per farsi ascoltare.
“Ha ragione il clown” concordò Bellemere, accendendosi un’incorporea sigaretta. Come lei e Corazon riuscissero ancora a fumare era un mistero. “Andiamo noi, aspetta qui!”
« Ma- » erano già spariti.
Un quarto d’ora dopo sbucarono di gran carriera da uno dei muri.
“Muoversi! Abbiamo sentito l’inizio delle manovre di partenza!” sbraitò la donna, facendo prendere un infarto alla sua protetta.
Corsero per i corridoi senza badare a niente e nessuno. Presi dalla fretta, Corazon e Bellmere finirono col passare attraverso alcuni poveri marines, facendoli svenire. Scesero scale, passarono androni, e le due entità fecero anche saltare il sistema di blocco di un paio di porte blindate per fare prima.
“Dai muri non sembrava così complicato arrivare qui” constatò il minore dei Donquixote, guardandosi intorno. Le pareti erano stuccate grezzamente, di un bianco sporco, con crepe e chiodi qua e là. Di vecchissimi wanted e poster di propaganda alla Giustizia rimanevano dei brandelli ingialliti. Il pavimento era formato da assi di parquet cigolanti e deteriorate dall’umidità. Si trovavano molto in basso rispetto ai livelli di Marine Ford: nessuna finestra od oblò, e l’odore del mare pervadeva l’ambiente insieme a quello della polvere stantia.
Gwyn non lo ascoltò, rigirandosi alla ricerca di qualcuno di vivo. Avvertì un basso rumore di motori e fischi provenire da una porta rinforzata e non perse tempo a precipitarcisi col cuore in gola.
Prima che potesse mettere mano al pomello, questa si aprì e il baccano divenne più consistente.
« E tu chi sei? » domandò la ragazza che aveva aperto l’uscio. La neo Sergente, intenta a nascondere la borsa con Murray dietro la schiena per non destare sospetti, la fissò come se fosse stata un’apparizione divina. Non fece caso alla tuta da meccanico, la cui parte superiore era stata slacciata e arrotolata sui fianchi per praticità. Indossava un top scuro, i capelli erano raccolti in uno chignon disordinato coronato da un paio di Ray-Ban Caravan dalle lenti verdi.
“Gwyn! Il nome! Presentati!” sussurrarono all’unisono i due fantasmi dietro di lei.
« Aehm… Gwyn Lionheart, neo Sergente, ma’am. Sono stata assegnata alla Sezione 99! » sbottò tutto d’un fiato, allungandole il post-it verde accartocciato come fosse stata la perduta lettera di presentazioni.
La ragazza davanti a lei totalmente sbalordita prese il foglietto dispiegandolo e poi tornando a guardarla con un sorrisetto divertito.
« Se sei un Sergente abbiamo lo stesso grado, non c’è bisogno che usi formalità » ammiccò con fare cameratesco, sciogliendo un po’ della tensione di Gwyn. « Non sapevo aspettassimo nuove reclute, Caro non mi ha detto nulla! Ormai è tardi per andare a discutere, siamo in partenza » disse, afferrando l’altra per il polso e trascinandola con sé lungo i corridoi.
« Hai tutto con te, sì? Perché non torneremo qui prima di molto tempo » iniziò a spiegare, senza aspettare risposte ma con espressione spensierata. « Non so cosa ti abbiano detto di noi, ma non siamo i mostri che tutti descrivono. Almeno, non siamo svitati come quelli della Sezione 98 – stanne alla larga, fidati, sono subdoli – però ci piace divertirci, l’allegria insomma! Le regole non sono così rigide, cioè, il contratto di segretezza lo devi rispettare alla lettera, ma per il resto siamo molto elastici. La sera una birra, una partita a carte e il giorno dopo si riparte. Easy, non trovi? »
Gwyn annuì precisa a ognuno dei punti elencati, non registrando una virgola. Il sollievo provato stava naufragando in una rinnovava ondata d’ansia. Era pur sempre un nuovo inizio, e i cambiamenti la punzecchiavano di aspettative e dubbi senza compassione.
« … capiterà che ci contattino quelli della 92°, tu ignorali o chiama me, ok? Fanno gli spacconi perché di recente hanno avuto successo in una missione mortale, a detta loro. Sono solo dei palloni gonfiati che non capiscono nulla della sottile scienza e bellezza del volo. Hanno l’acqua nel cervello, ecco »
“C’è qualcosa che non mi quadra” stava intanto dicendo Bellmere, guardandosi intorno e seguendo i discorsi dell’altra Sergente con più attenzione di Gwyn. “Tutte queste sezioni, qui… da quand’è che ci sono? Sembrano piuttosto vecchie queste stanze”
“Saranno nate negli ultimi dieci anni” fece spallucce Corázon, di fianco a lei.
« … in fine, le ultime raccomandazioni: disfati della vecchia divisa, porta sempre con te delle pastiglie per il mal d’aria, almeno le prime volte, e quando siamo in missione bocca cucita. Tutto chiaro? »
« Io… sì, certo » rispose Gwyn, per poi aggiungere stranita: « Pastiglie per il mal d’aria? »
Ma l’ennesima porta aperta e il frastuono che ne venne la distrassero.
Non aveva mai visto nulla del genere. Davanti a lei si estendeva un immenso capannone, alto e pieno di roba che non aveva idea di cosa fosse. Mancava la parete di fondo, da cui si osservava placido il mare baciato da un cielo al tramonto. I suoni che aveva sentito erano un rombare cupo proveniente da… Gwyn per poco non si lasciò sfuggire per terra la borsa con Murray. Rimase a bocca aperta e assolutamente spaesata su ciò che aveva davanti. Degli… uccelli di metallo? O delle megattere con le ali? Gialle poi.
« Fantastici, vero? » gli urlò la sua nuova compagna, sovrastando il rumore dei motori che si scaldavano.
« Cosa… cosa sono!? »
« Canadair! » rispose tutta orgogliosa. « CAro & NAvy Department AIR! Caro è un po’ egocentrica, ti abituerai anche a lei! »
Per Gwyn non significava nulla. O meglio, le sue sinapsi non riuscivano a carpire i significati. Caro? Non ricordava il nome del suo nuovo Capitano, ma era certa fosse un uomo. E poi AIR cosa? Aria?
« Quei… quei cosi… quei Canadair… volano…!? » chiese a fatica, sia per il forte rumore sia perché non era sicura di volere la risposta.
Il sorriso brillante e il pollice alzato furono devastanti per la sua psiche.
In quel momento, uno degli aerei mandò i motori al massimo, percorse la pista e prese il volo. Una dimostrazione più esaustiva di quella Gwyn non avrebbe potuto averla.
“Ho l’impressione che quel post-it lo abbiamo letto al contrario…”
“Roci c’è un casino bestiale, parla più forte!”
Ignara delle due presenza ectoplasmatiche, la ragazza con la tuta da meccanico riprese a parlare.
« Non mi sono presentata! Sono Lilian Rea Yaeger! Benvenuta nelle Sezioni Fantasma! Da oggi il tuo nome verrà cancellato da qualsiasi registro o archivio e non esisterai più per il mondo! Fico vero?! » concluse con una risata e una pacca sulla spalla, trovando tutto molto divertente.
Gwyn, al contrario, sprofondò nello sconforto totale.
Prompt: Spensieratezza/Preoccupazione
Parole: 231
Note: a Yellow Canadair e a Gwyn Lionheart, vi voglio bene e siete delle OC bellissime <3
Tardo pomeriggio,
corridoi di Marine Ford.
corridoi di Marine Ford.
Il corridoio a destra era vuoto, a sinistra deserto.
Gwyn Lionheart, promossa Sergente da meno di ventiquattr’ore, si passò le mani sul viso con la preoccupazione che spianava la strada dentro di lei.
Non si era solo persa nel labirinto della Sede Centrale, sballottolata da una sezione all’altra. Era in ritardo. Un ritardo così catastrofico che il suo primo incarico sarebbe stata una punizione. Per finire, aveva smarrito la lettera di presentazioni. Non che il suo precedente Capitano le avesse tessuto chissà quali lodi, ma dentro c’era il nome del suo nuovo superiore, oltre che la sezione. Quest’ultima poi l’aveva, sempre per sicurezza, annotata su un post-it la sera precedente. Perso anche quello.
La sua borsa ebbe un sussulto, come se qualcosa ci stesse rotolando dentro, ma lei non gli diede attenzioni. Guardò ancora i pavimenti e le pareti linde e l’assoluto niente che contenevano. Almeno prima aveva incontrato delle reclute… quanto prima? Si domandò costatando dall’orologio l’orario.
Forse la nave su cui doveva imbarcarsi era già salpata. Probabilmente nessuno aveva notato la sua assenza o, visto il ritardo, avevano deciso di fare a meno di lei.
I suoi ex compagni di bordo le avevano raccontato storie terrificanti su Marine Ford. Se faceva rumore nei posti sbagliati, sarebbe arrivata la “Strega delle Gru” a stenderla a penzoloni da qualche finestra. Poi non doveva mai rimanere da sola con la capra di Sengoku o incrociarne lo sguardo, perché si diceva fosse in grado di ipnotizzare il malcapitato e convincerlo di essere una capra a sua volta. Qualcuno poi aveva accennato a un vampiro che di notte amava andare in cerca di giovani fanciulle e succhiare loro il sangue.
A quel punto l’angoscia in Gwyn per l’imminente trasferimento era scoppiata come un termometro e il suo potere aveva fatto apparire decine di teschi in pop evanescenti. L’intero squadrone era stato messo a stecchetto dal Capitano e la ragazza si era pure beccata le lamentele degli altri. Qualcosa a cui in realtà era abituata, ma sarebbe stata l’ultima volta.
Il nuovo incarico sarebbe stato la svolta alla sua immagine. Non si sarebbe fatta riconoscere subito e, soprattutto, nessuno sarebbe mai dovuto venire a sapere del suo macabro potere derivato dal Frutto Death Death. Sarebbe stata un Sergente ordinario, devoto al nuovo Capitano e leale con i compagni.
Peccato che il buon proposito era già un ricordo lontano.
Nessuno era stato in grado di indirizzarla o dedicarle del tempo per aiutarla. Non senza un nome a cui fare riferimento. Le segreterie le aveva girate quasi tutte, ma vuoi per un motivo vuoi per un altro il nome del suo nuovo Capitano non era saltato fuori.
La sua borsa si mosse di nuovo e lei, sospirando, dovette darle retta. Tanto i corridoi erano così miseramente vuoti che se anche fosse apparso qualcuno sarebbe morta dallo spavento prima di fornire spiegazioni sul contenuto della tracolla.
Aperta la zip, un mugolio soffocato e indignato la rimproverò. Anche con il bavaglio gli improperi e le maledizioni erano di facile comprensione.
« Murray non posso liberarti, fai troppo casino »
La protesta fu veemente e iraconda, ma per una volta Gwyn fu intransigente.
« Quando saremo in un posto tranquillo e sicuro ti farò venire fuori, promesso » lo disse con convinzione, ma lo sguardo – se di sguardo si poteva parlare – assolutamente non convinto di tale Murray le ricordò la sua situazione penosa. Richiuse la zip prima di doversi sentire in colpa con uno dei tre grattacapi che infestavano la sua vita.
E a proposito, gli altri due tornarono in quel momento.
“Dovevamo andare nel corridoio a destra del terzo piano, negli Archivi Generali”
“Quel posto aveva più muffa di una topaia dieci anni fa, figuriamoci adesso!”
“Almeno era un punto di partenza! Ci siamo persi per due ore”
“La colpa è tua che inciampi ovunque e finisci attraverso tutti i muri di questo labirinto!”
Il fantasma dell’uomo tacque ed ebbe la bontà di arrossire prima di rispondere, ma un verso a metà tra un gemito e un singhiozzo distrasse entrambe le entità dal battibecco.
Gwyn li guardava con il più grande senso di disperazione avesse mai provato.
« Mi congederanno con disonore » sussurrò coprendosi il viso con le mani. Aveva capito che anche i due fantasmi, mandati in perlustrazione, non erano venuti a capo di nulla.
“La stai facendo troppo tragica tesoro” cercò di rincuorarla la donna, occhieggiando il tipo di fianco a lei perché dicesse qualcosa di confortante.
“La yankee ha ragione, Gwyn. Mi sono sempre perso qua dentro, tutto normale!”
Stavolta furono in due a fissarlo in maniera ben poco sollevata, tanto più convinte di personali giudizi.
“Non ascoltare il pagliaccio. Cerca di concentrarti e focalizza almeno il numero della sezione, possiamo andare per esclusione”
“Sono più di centosessanta!”
“Zitto Roci!”
« Non lo so Bellmere-san, non mi ricordo » sospirò sconsolata Gwyn. « Se non avessi perso il post-it… »
“Perché non cerchiamo quello? Potremmo tornare in cabina e vedere lì”
“Non ha lasciato nulla, ho controllato tutti i cassetti e sotto la branda”
“Sei proprio una mamma”
“E tu un deficiente”
“Sempre carina eh!”
Gwyn lasciò scivolare in terra lo zaino che aveva in spalla, alleggerendosi di un peso che non migliorò il suo stato d’animo. La sua borsa vibrò come un frullatore impazzito e lasciò andare anche quella, sentendo affiorare anche i sensi di colpa per il trattamento ingiusto verso Murray. Si sedette contro il muro, decisa a rimanere lì e morire di fame.
Bellemere e Corázon si zittirono, fissandola con tanto d’occhi.
“Gwyn… di che colore era il post-it?”
« Io volevo solo ricominciare da capo. Niente più teschi perché mi spavento o perdo il controllo. Avrei rigato dritto, non mi sarei fatta beccare a parlare coi muri e sarei stata una marine normale! »
“È tutto molto bello e utopico tesoro, ma di che colore era il post-it?”
« Verde »
I due fantasmi tirarono un sospiro di sollievo in contemporanea.
“Gwyn, sotto la scarpa”
La ragazza era troppo prostata per ascoltarli e dovettero insistere un paio di volte per farle capire che avevano ritrovato il post-it.
Tre teste a capolino, due evanescenti e una con un mal di testa da stress in arrivo, fissarono il foglietto spiegazzato e sporco. Almeno, l’inchiostro era ancora leggibile.
« Sezione 99 » mormorò senza riuscire a crederci.
In uno scatto repentino – con cui a momenti passò attraverso Cora-san e Bellemere – il neo Sergente si rimise in piedi, recuperò i bagagli e si incamminò da dov’era venuta.
« Dove sarà questa Sezione? Dovrò tornare a una delle segreterie! » blaterò, cercando di rimettersi lo zaino in spalla e la tracolla senza finire impiccata nella fretta.
“Se ti calmi un attimo possiamo andare noi a cercarla!” tentò di fermarla Rocinante, galleggiandole davanti per farsi ascoltare.
“Ha ragione il clown” concordò Bellemere, accendendosi un’incorporea sigaretta. Come lei e Corazon riuscissero ancora a fumare era un mistero. “Andiamo noi, aspetta qui!”
« Ma- » erano già spariti.
Un quarto d’ora dopo sbucarono di gran carriera da uno dei muri.
“Muoversi! Abbiamo sentito l’inizio delle manovre di partenza!” sbraitò la donna, facendo prendere un infarto alla sua protetta.
Corsero per i corridoi senza badare a niente e nessuno. Presi dalla fretta, Corazon e Bellmere finirono col passare attraverso alcuni poveri marines, facendoli svenire. Scesero scale, passarono androni, e le due entità fecero anche saltare il sistema di blocco di un paio di porte blindate per fare prima.
“Dai muri non sembrava così complicato arrivare qui” constatò il minore dei Donquixote, guardandosi intorno. Le pareti erano stuccate grezzamente, di un bianco sporco, con crepe e chiodi qua e là. Di vecchissimi wanted e poster di propaganda alla Giustizia rimanevano dei brandelli ingialliti. Il pavimento era formato da assi di parquet cigolanti e deteriorate dall’umidità. Si trovavano molto in basso rispetto ai livelli di Marine Ford: nessuna finestra od oblò, e l’odore del mare pervadeva l’ambiente insieme a quello della polvere stantia.
Gwyn non lo ascoltò, rigirandosi alla ricerca di qualcuno di vivo. Avvertì un basso rumore di motori e fischi provenire da una porta rinforzata e non perse tempo a precipitarcisi col cuore in gola.
Prima che potesse mettere mano al pomello, questa si aprì e il baccano divenne più consistente.
« E tu chi sei? » domandò la ragazza che aveva aperto l’uscio. La neo Sergente, intenta a nascondere la borsa con Murray dietro la schiena per non destare sospetti, la fissò come se fosse stata un’apparizione divina. Non fece caso alla tuta da meccanico, la cui parte superiore era stata slacciata e arrotolata sui fianchi per praticità. Indossava un top scuro, i capelli erano raccolti in uno chignon disordinato coronato da un paio di Ray-Ban Caravan dalle lenti verdi.
“Gwyn! Il nome! Presentati!” sussurrarono all’unisono i due fantasmi dietro di lei.
« Aehm… Gwyn Lionheart, neo Sergente, ma’am. Sono stata assegnata alla Sezione 99! » sbottò tutto d’un fiato, allungandole il post-it verde accartocciato come fosse stata la perduta lettera di presentazioni.
La ragazza davanti a lei totalmente sbalordita prese il foglietto dispiegandolo e poi tornando a guardarla con un sorrisetto divertito.
« Se sei un Sergente abbiamo lo stesso grado, non c’è bisogno che usi formalità » ammiccò con fare cameratesco, sciogliendo un po’ della tensione di Gwyn. « Non sapevo aspettassimo nuove reclute, Caro non mi ha detto nulla! Ormai è tardi per andare a discutere, siamo in partenza » disse, afferrando l’altra per il polso e trascinandola con sé lungo i corridoi.
« Hai tutto con te, sì? Perché non torneremo qui prima di molto tempo » iniziò a spiegare, senza aspettare risposte ma con espressione spensierata. « Non so cosa ti abbiano detto di noi, ma non siamo i mostri che tutti descrivono. Almeno, non siamo svitati come quelli della Sezione 98 – stanne alla larga, fidati, sono subdoli – però ci piace divertirci, l’allegria insomma! Le regole non sono così rigide, cioè, il contratto di segretezza lo devi rispettare alla lettera, ma per il resto siamo molto elastici. La sera una birra, una partita a carte e il giorno dopo si riparte. Easy, non trovi? »
Gwyn annuì precisa a ognuno dei punti elencati, non registrando una virgola. Il sollievo provato stava naufragando in una rinnovava ondata d’ansia. Era pur sempre un nuovo inizio, e i cambiamenti la punzecchiavano di aspettative e dubbi senza compassione.
« … capiterà che ci contattino quelli della 92°, tu ignorali o chiama me, ok? Fanno gli spacconi perché di recente hanno avuto successo in una missione mortale, a detta loro. Sono solo dei palloni gonfiati che non capiscono nulla della sottile scienza e bellezza del volo. Hanno l’acqua nel cervello, ecco »
“C’è qualcosa che non mi quadra” stava intanto dicendo Bellmere, guardandosi intorno e seguendo i discorsi dell’altra Sergente con più attenzione di Gwyn. “Tutte queste sezioni, qui… da quand’è che ci sono? Sembrano piuttosto vecchie queste stanze”
“Saranno nate negli ultimi dieci anni” fece spallucce Corázon, di fianco a lei.
« … in fine, le ultime raccomandazioni: disfati della vecchia divisa, porta sempre con te delle pastiglie per il mal d’aria, almeno le prime volte, e quando siamo in missione bocca cucita. Tutto chiaro? »
« Io… sì, certo » rispose Gwyn, per poi aggiungere stranita: « Pastiglie per il mal d’aria? »
Ma l’ennesima porta aperta e il frastuono che ne venne la distrassero.
Non aveva mai visto nulla del genere. Davanti a lei si estendeva un immenso capannone, alto e pieno di roba che non aveva idea di cosa fosse. Mancava la parete di fondo, da cui si osservava placido il mare baciato da un cielo al tramonto. I suoni che aveva sentito erano un rombare cupo proveniente da… Gwyn per poco non si lasciò sfuggire per terra la borsa con Murray. Rimase a bocca aperta e assolutamente spaesata su ciò che aveva davanti. Degli… uccelli di metallo? O delle megattere con le ali? Gialle poi.
« Fantastici, vero? » gli urlò la sua nuova compagna, sovrastando il rumore dei motori che si scaldavano.
« Cosa… cosa sono!? »
« Canadair! » rispose tutta orgogliosa. « CAro & NAvy Department AIR! Caro è un po’ egocentrica, ti abituerai anche a lei! »
Per Gwyn non significava nulla. O meglio, le sue sinapsi non riuscivano a carpire i significati. Caro? Non ricordava il nome del suo nuovo Capitano, ma era certa fosse un uomo. E poi AIR cosa? Aria?
« Quei… quei cosi… quei Canadair… volano…!? » chiese a fatica, sia per il forte rumore sia perché non era sicura di volere la risposta.
Il sorriso brillante e il pollice alzato furono devastanti per la sua psiche.
In quel momento, uno degli aerei mandò i motori al massimo, percorse la pista e prese il volo. Una dimostrazione più esaustiva di quella Gwyn non avrebbe potuto averla.
“Ho l’impressione che quel post-it lo abbiamo letto al contrario…”
“Roci c’è un casino bestiale, parla più forte!”
Ignara delle due presenza ectoplasmatiche, la ragazza con la tuta da meccanico riprese a parlare.
« Non mi sono presentata! Sono Lilian Rea Yaeger! Benvenuta nelle Sezioni Fantasma! Da oggi il tuo nome verrà cancellato da qualsiasi registro o archivio e non esisterai più per il mondo! Fico vero?! » concluse con una risata e una pacca sulla spalla, trovando tutto molto divertente.
Gwyn, al contrario, sprofondò nello sconforto totale.