Feb. 15th, 2019

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Cow-T, prima settimana, Missione Speciale

Prompt: Capelli

Numero parole: 2064

Rating: Safe



Fandom: Voltron LD

Personaggi/Ship: Allura & Paladins, Kuron!Shiro.

Note: un what if post S3/S4? Ispirata a » questo edit «
Doveva esserci della Lotura, ma Lotor non è pervenuto, sigh.






Non c’era stato tempo per fermarsi. L’attacco degli androidi sentinella li aveva colti alla sprovvista quando pensavano di aver vinto. Armati non solo di blaster, ma anche di lame, uno di questi era quasi riuscito a decapitare Allura, mancandole il collo per un soffio.  

Nonostante lo shock sul suo viso nel vedere ciocche dei propri capelli finire in terra, la stessa principessa aveva gridato al resto della squadra di muoversi e correre ai Leoni.

Grazie alle cariche di esplosivo piazzate, avevano potuto distruggere una delle basi Galra più problematiche e bollare la missione come un successo.

Tuttavia, il team non sentì l’emozione per la vittoria, non con i singhiozzi malamente trattenuti di Allura negli auricolari dei caschi, prima che Pidge decidesse di interrompere le comunicazioni tra tutti finché non fossero tornati alla base.




Inconsapevole dell’accaduto, Keith fece rientro al Castello dei Leoni poche ore prima dell’alba preimpostata dal sistema di bordo. Terminata una ricognizione con la Lama di Marmora, aveva avuto il via libera da Kolivan per tornare e ragguagliare in prima persona i paladini sulla situazione.

Quello che non si aspettava di trovare era Allura nella sala allenamenti, circondata di bot di livello avanzato a metterla alle strette. Fu sul punto di intervenire, per istinto, quando il bayard blu si illuminò cambiando forma.

Tra le dita di Allura comparve una grossa spada alta quasi quanto lei. Aveva un’impugnatura lunga in cuoio blu, che la principessa afferrò saldamente con entrambe le mani; dalla guardia rettangolare e stretta partiva una lama piatta, larga quasi quanto il suo avambraccio, color tempesta.

I sensori dei bot raggiunsero il livello critico di pericolo e attacco, ma non ebbero scampo dalla furia negli occhi di Allura, che caricò l’attacco con un urlo rabbioso e falciò a metà tutti e cinque gli androidi.

Il protocollo di allenamento si spense, dichiarando la vittoria per l’avatar simpatico e sorridente di Allura, che in nulla, in quel momento, assomigliava alla proprietaria. Prima che la spada si piantasse sul pavimento si illuminò di nuovo, tornando alla forma di partenza del bayard.

Fu quando la squadrò con attenzione che Keith realizzò, o in parte intuì.

«Cos’è successo?» Allura trasalì alla domanda, non essendosi accorta della sua presenza. Ciuffi di capelli disordinati e irregolari le sfuggirono dal fermaglio con cui li aveva fissati in maniera frettolosa, finendole davanti gli occhi. L’ex paladino rosso insistette prima ancora di rendersene conto. «I tuoi capelli...»

Nonostante pensasse di essersi sfogata con quell’allenamento fuori orario, la principessa avvertì gli angoli degli occhi pizzicarle di nuovo. Anche stringere i pugni e imporsi di non piangere non servì.

Il conforto venne da un impacciato Keith, che la abbracciò posandole le mani sulla schiena e guidandola contro di sé. Cercò qualche parola per tirarla su, mentre lo sguardo inevitabilmente osservava le ciocche recise che scappavano dall’acconciatura improvvisata.

Alla fine non riuscì a dire niente, ma Allura sembrò apprezzare lo stesso e calmarsi.

Ore più tardi, il resto dei paladini, sbadiglianti e in pigiama, scorsero Allura e Keith seduti vicini a parlare, in una delle sale ristoro con lo sfondo delle stelle oltre la vetrata a incorniciarli. Di cosa stessero chiacchierando non lo intuirono, anche se doveva essere qualcosa di leggero e spensierato.

Shiro tappò la bocca a Lance prima che potesse palesare la loro presenza e spezzare quel piccolo tiepido momento in cui la principessa pareva tranquilla, nonostante la stanchezza sul suo viso.

«Andiamo a fare colazione» ordinò in un sussurro il paladino nero, facendo un cenno anche a Pidge e Hunk.




Quando Lance bussò alla porta della camera della principessa non si aspettò di trovarci anche Shiro e Pidge.

«Oh, ehi ragazzi, ehm… interrompo qualcosa?»

Erano tutti e tre seduti in fondo al letto, e come quella mattina con Keith, sembravano intenti a parlare di argomenti che stavano strappando un piccolo sorriso ad Allura.

Si scambiarono un’occhiata tra loro e fu la stessa principessa a parlare.

«Sto cercando di affrontare… questo» e si indicò i capelli, ora sciolti, che le ricadevano senza alcuna simmetria o ordine sulle spalle. Arrossì appena, abbassando lo sguardo, ma sembrò imporsi di non cedere di nuovo. «Pidge mi stava raccontando di quando si è tagliata i capelli per fingersi un ragazzo nella vostra accademia.»

Lance levò un sopracciglio, fissando la giovane Holt con ancora quello che dava tutta l’idea di risentimento per quella storia. Pidge stessa sbuffò, ma ghignò.

«Ce l’hai ancora legata al dito perché il tuo radar per ragazze ha fallito?»

«Tu che ti autodefinisci “ragazza” è questionabile. E sì, mi fidavo di te! Ti ho conf-» ma si bloccò, arrossendo furiosamente al ricordo di alcuni particolari che la sua memoria aveva secretato.

«Tutto bene, Lance?» si interessò Shiro con espressione curiosa.

Pidge, che a sua volta ricollegò perché anche lei aveva rimosso, rise con perfidia e un’espressione diabolica. «Oh, sta benissimo. Si è solo ricordato di una nostra conversazione sulle… bipartizioni.»

Né Shiro né Allura sembrarono cogliere.

«Io e te facciamo i conti più tardi!» brontolò Lance, facendo il gesto del “ti tengo d’occhio” con due dita verso Pidge, senza che la sfumatura accesa che gli andava da gota a gota sparisse. «Comunque, non prenderei a esempio il taglio di capelli del gremlin. Non c’è un ciuffo che segua una logica.»

«Che cosa!? Scusa tanto, non è che stessi lì con precisione a sistemarli, avevo altre priorità per la mente!» grugnì la Holt, incrociando le braccia. «Poi non vedo che differenza faccia, come se voi vi curaste particolarmente il taglio.»

«Alt, alt, alt! Non siamo mica tutti come Mullet-Selvaggio-Keith quI! O come-» e si girò a indicare con entrambe le mani la testa di Shiro, ma senza aggiungere niente di intelligibile.

«Che c’entro io adesso?»

Facendosi forza con un respiro profondo, Lance non ebbe pietà nel commentarlo.  

«Amico, è da quando hai cambiato look che te lo volevo dire: quel ciuffo va rivisto.»

L’espressione del paladino nero si sgretolò di fronte alla scomoda verità, ma in compenso qualcuno rise, ed era Allura.

La principessa tentò di soffocare e tossicchiare la risata, ma, quando gli altri tre si voltarono verso di lei, non ce la fece a trattenersi e si nascose il viso tra le mani per l’imbarazzo. Vederla finalmente più distesa contagiò anche gli altri.

«Ora che l’atmosfera è un po’ più rilassata...» iniziò Lance, cincischiando e dondolandosi sul posto.

«Che avevi in mente quando sei venuto a bussare?» Pidge non ci provò nemmeno a fermarsi e incalzare con tono serafico. «Volevi consolare la principessa tutto da solo?»

«… sei impossibile» brontolò l’altro, non senza che stavolta anche le orecchie arrossissero. «Volevo offrire i miei servigi come parrucchiere!»

Seguirono una manciata di silenziosi quanto dubbiosi secondi.

«… parrucchiere?» ripeté Shiro per sicurezza.

Lance rizzò la schiena, levò il mento e allargò le braccia in un ta-dan!

«Ho lavorato per tre anni, tutte le estati, al salone di bellezza di mia cugina Camila. “Al Beauty Paradise vi sentirete in paradiso!”»

«Facevi lo sguattero di bottega?»

«Non immagini neanche che splendida manicure potrei farti. Non avrai più voglia di smontare un robot perché ti rovineresti smalto e gel» asserì senza scalare di una virgola il proprio orgoglio. «Ma ho anche affinato le mie skill in materia di taglio» e per marcare meglio il concetto, indice e medio delle sue mani tagliuzzarono l’aria.

«Quindi… cosa vorresti fare di preciso?» indagò scettica Pidge.

Lance non aveva concluso con la teatralità; per rispondere alla domanda, si inginocchiò di fronte ad Allura, come un cavaliere della tavola rotonda, e, mano destra sul cuore, la guardò con tutta l’intensità del momento - che solo lui avvertiva.

«Principessa… mi lasci essere il suo umile parrucchiere e tornerò a farla sorridere! A splendere!»

Shiro dovette allungare il braccio per afferrare Pidge e impedirle di ribaltarsi dal letto per le risate sguaiate. Nel frattempo, Allura stava guardando incerta la serietà cavalleresca del paladino blu.

«Lance...» iniziò, pronunciando la a arrotondata. «Sono lusingata… ma che cos’è un parrocchiere? E una sala di bellezza?»

«Oh» la carica del ragazzo si afflosciò. «Ehm… un parrucchiere è qualcuno specializzato nella cura dei capelli. Li, ecco… sistema tagliandoli e acconciandoli e questo lo fa in un negozio dove puoi anche, uhm - si fissò le dita, prima di alzarle di fronte a sé - colorati le unghie? Non hai mai messo dello smalto?» e nel suo tono c’era una nota stridula, come se uno dei suoi massimi sistemi fosse stato messo in discussione.

Allura era ancora più dubbiosa di lui sull’ultima parte e scosse la testa, ma sembrò anche molto interessata. «Credo che il vostro parrucchiere sia simile ai nostri shairlyn! Parlo di avventurieri che esploravano l’universo e apprendevano molto dalle culture di tutta la galassia grazie all’uso della mimetizzazione. Ricordo che quando tornavano ad Altea avevano sempre acconciature diverse e trucchi particolari dei posti che avevano visitato! Organizzavano poi degli spettacoli e...» si interruppe quando a Lance sembrò prendere un tic nervoso all’occhio. «Non è la stessa cosa immagino...»

«Ok, senza offesa principessa» iniziò Lance, rialzandosi. «Ma non capisco come si faccia a essere una società civilizzata senza parrucchiere» e rabbrividì tra sé, borbottando qualcosa riguardo a uomini che uscivano dalle caverne. «La prima cosa che faremo quando ti porteremo sulla Terra sarà andare in un salone di bellezza e richiedere il servizio completo. Per entrambi» aggiunse, indicando Shiro con il pollice, che aggrottò la fronte, fissandosi in modo buffo il ciuffo di capelli con la faccia di uno che non ci trovava nulla di sbagliato. «Comunque…» Lance tornò serio, abbandonando l’aria goliardica per un sorriso che voleva infondere ottimismo. «Non scherzavo sull’offerta di sistemarti i capelli. Mi… mi dispiace per quello che è successo alla base Galra...» abbassò lo sguardo, torturandosi le mani. «Ero io quello che doveva coprirvi le spalle e avrei dovuto assicurarmi che le sentinelle fossero state tutte abbattute...»

«Sei stato colto alla sprovvista come tutti» replicò Pidge con forza, come a voler scacciare quel tono di scuse dal compagno. «I prototipi di androidi che ci hanno attaccati avevano un sistema di difesa in grado di far rimbalzare il segnale del mio radar. Per questo non li abbiamo visti arrivare. Ma più tardi smonterò fino all’ultima vite quello che abbiamo riportato» e la sua era una tacita promessa a dire che una cosa del genere non sarebbe più successa di nuovo sotto i suoi occhi.

«Nessuno di voi deve farsene una colpa» intervenì Shiro, guardandoli entrambi con uno sguardo inorgoglito dai loro discorsi. «Non possiamo prevedere tutto, ma possiamo continuare a essere un team unito.»

«Così mi emoziono» piagnucolò Lance.

«Gandalf-Shiro ha parlato» sancì prosaica Pidge, guadagnandosi un’occhiataccia dai ragazzi. «Che c’è? Sono arrugginita col Signore degli Anelli. Preferite Star Wars?» e cacciò fuori la sua linguaccia ironica, facendo ridere tutti, persino la principessa che non stava cogliendo le citazioni.

«Grazie, paladini» mormorò commossa Allura, molto più serena di prima. Prese un respiro profondo, scacciando i tentennamenti e rivolgendosi a Lance. «Accetto la tua proposta.»




Pidge si rimangiò le proprie battute e si profuse in diversi wow, quando Lance finì con Allura. Non solo aveva dato un senso alle ciocche asimmetriche, ma le aveva anche acconciato i capelli in maniera vivace, con un taglio che sembrava uscito da una rivista di moda. Non aveva scherzato sull’affermare che Allura sarebbe tornata a splendere.

La stessa principessa era così emozionata da non riuscire a smettere di rimirarsi da tutte le angolazioni, continuando a mormorare diversi complimenti, sempre più sentimentali.

«Hai fatto davvero un… gran bel lavoro» affermò Shiro meravigliato, a corto di parole.

Pidge gli diede una leggera gomitata, muovendo le sopracciglia in maniera eloquente. «Forse anche tu dovresti accettare la proposta per quel ciuffo e dare una spuntata alla colom-»

«Katie» sussurrò Shiro incisivo, poggiandole le dita sulla bocca con un sorriso tiratissimo. Arrivare a usare il suo nome di battesimo era un monito in sé sufficiente, ma volle essere più chiaro. «Ho promesso a tuo fratello che mi sarei fatto carico della tua incolumità. Non farmi pentire, o peggio, ritrattare, ok?»

Pidge ghignò contro la sua mano, ma gli fece un gesto di ok con le dita.  

«Però sai Shiro...» Lance si inserì nella conversazione col tono di un uomo vissuto e temprato dall’esperienza, ma che ancora giocherellava con le forbici che aveva in mano, aprendole e chiudendole con aria meditabonda. «Do ragione al gremlin a questo giro. Quel ciuffo mi ricorda proprio una colomba. E poi è così bianco… potremmo tingerlo, che dici?»


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Cow-T, prima settimana, Missione Speciale

Prompt: Filo rosso

Numero parole: 1148

Rating: Safe



Fandom: The Dragon Prince

Personaggi/Ship: Claudia, Soren, Re Harrow, Viren.

Note: Non ricordo molto di TDP, però questa storiella è nata da sé. Ambientata da qualche parte nell’infanzia di Claudia e Soren.




Claudia aveva all'incirca cinque anni quando si imbatté per la prima volta nella leggenda del Filo Rosso. Era una bambina curiosa, che aveva imparato a leggere per imitare il padre e passare il tempo mentre suo fratello Soren era con i cavalieri ad allenarsi.

Sfogliava pagine su pagine dei libri più grossi, sillabando tutte le parole che non conosceva e inventandosi i significati. Si fermò però davanti a quella pagina dove era stato disegnato un elegante filo rosso a spirale. Il colore era così vivido che ci passò le piccole dita sopra, seguendone le curve fino all’intreccio e al fiocco intorno a mignolo di una mano disegnata a fondo pagina.

Con occhi famelici tornò sulla pagina di sinistra, a leggere la descrizione.

«Il fi-lo del de-sti-no» lesse, scandendo bene. «Il mito parla di un invisibile legame tra due persone, predestinate a condividere una relazione di comunione non solo fisica ma anche spirituale. Molte sono le storie che narrano di anime erranti, e in alcuni casi in contrasto, che si cercheranno per tutta la vita, fino a ricongiungersi e trovare conforto nella solo presenza reciproca. Non è chiaro se sia una forza superiore, un antico incanto o la natura stessa a or-che-stra-re e guidare questi legami. Tra queste relazioni, una è conosciuta come quella del Filo Rosso, ed è anche l’unica leggenda che può essere verificata tramite un complicato incantesimo. Gli ingredienti necessari sono...»



Claudia aveva compiuto sette anni quando, in gran segreto, mise a punto l’incantesimo per la rivelazione del Filo Rosso. Le ci erano voluti quasi per intero quei due anni per riuscire a rubare al padre il necessario, far ricadere la colpa su qualche sbadato attendente, rubare dei dolcetti per chiedere anonimamente scusa a suddetti malcapitati, e poi trovare il momento giusto per eseguire l’incanto.

Era così emozionata che per giorni aveva continuato a giocherellare con un semplice filo di lana rosso, tagliato di nascosto da uno dei vestiti del Re. Se lo era arrotolato intorno al mignolo, immaginando chi, lì a corte, sarebbe stata la persona ad avere l’altro bandolo. Aveva anche fatto una lista, dove scriveva, cancellava e riscriveva i nomi dei suoi preferiti, a seconda del periodo.

Compì l’incantesimo una mattina che suo padre era occupato in faccende con il re, così da poter usare il suo studio prima che tornasse. Per quanto il luogo non fosse importante, quella camera era pregna di magia e a lei inebriava i sensi, facendola sentire più potente.

Il piccolo pezzo di vetro che si era procurata come catalizzatore brillo rosso, mentre lei recitava la formula e le spezie, i fiori e le bacche che si era procurata si consumavano diventando polvere; una polvere che vorticò in spirale per poi ricadere sul pezzo di vetro, al centro del piccolo pentacolo, quando la ragazzina terminò la nenia.

Le candele baluginarono di nuovo con vigore, una volta che l’incantesimo fu terminato. Con un immenso sorriso di vittoria, Claudia soffiò via i residui e raccolse la sua preziosa Lente-Per-Fili-Rossi. Non era un nome bellissimo, ma non importava.

Senza preoccuparsi di rimettere a posto, si fiondò fuori dallo studio e corse verso uno dei ballatoi che davano sul cortile interno. Sollevò la Lente ad altezza viso, chiuse un occhio e con l’altro iniziò a esaminare tutti i presenti. La Prima Occhiata, come aveva amato immaginare il test, non fu soddisfacente. A parte apparire leggermente distorti, nessuna persona aveva alcun filo rosso legato da nessuna parte. Sbuffando, non demorse, incamminandosi verso le scale per vedere più da vicino.

La Seconda Occhiata - perché aveva avuto due anni di tempo per figurarsi tutto - non fu dissimile, salvo che i soldati in allenamento di distrassero e si voltarono a guardarla incuriositi mentre lei gironzolava con quel pezzo di vetro dai bordi irregolari.

Quando iniziò ad afferrare le mani dei presenti ed esaminare da vicinissimo i loro mignoli, borbottando cose sconnesse su fili rossi, riuscì a inquietare omoni grandi e grossi e qualcuno si decise a chiamare aiuto.

«Sorella… cosa stai facendo? Sei posseduta da un demone?»

«La possessione demoniaca è un mito da plebaglia, Soren» lo corresse Claudia, lasciando andare con disappunto l’ennesima mano, che il proprietario guardò sconvolto, cercando tracce di qualcosa che non esisteva. Qualcuno aveva iniziato a bisbigliare di una qualche epidemia che aggrediva le dita.

«Stai... cercando ingredienti per un incantesimo?»

«Oh, no! L’incantesimo l’ho già fatto, ma non funziona! Nessuno qui ha il Filo Rosso!»

Mezzo cortile trattenne il fiato e Soren scosse la testa.

«Papà non vuole che pratichi la magia senza la sua supervisione. Checcavolo! Almeno potevi chiamarmi. Quando se la prende con te è più divertente!» ma non ricevendo risposta, sbuffò. «Hai scatenato qualche… qualche cosa?» e gesticolò l’imitazione di una fantasiosa bestia demoniaca, facendo versi e boccacce.  

«Ma perché nessuno qui ha il Filo Rosso, eppure l’incantesimo era giusto!»

«Che cos’è l’incantesimo del Filo Rosso, Claudia?»

La voce profonda di Re Harrow fece scattare i due fratelli. Lesta, la ragazzina nascose in tasca la Lente.

«È stata lei! Non so nulla!» sbottò Soren, indicando la sorella. Claudia gli diede uno spintone, mentre Viren, alle spalle del Re, aveva una mano sul volto e scuoteva lentamente la testa.

«Solo una leggenda popolare, sire» spiegò quest’ultimo, guardando con un’occhiata che significava “siete in punizione” entrambi i propri figli. «Nulla di cui preoccuparsi.»

«E di cosa parla questa leggenda, Claudia?»

Viren era già pronto a rispondere, quando elaborò che la domanda non fosse rivolta a lui. Fece quindi cenno alla figlia di rispondere e non fare aspettare il sovrano.

«Dice che due persone possano essere legate da un Filo Rosso, perché destinate a stare insieme!»

Nonostante la sua ricerca fosse stata priva di risultati, Claudia era ancora eccitata all’idea che tutto potesse essere vero.

«Oh. È molto romantico» rise il Re, facendo un cenno ai suoi uomini di tornare alle loro mansioni. «Direi che l’allarme epidemia è scongiurato e possiamo rientrare nella sala del consiglio, Viren.»

«Dopo di lei, sire.» concordò il consigliere. «Con voi due parlerò stasera a cena, intesi?» aggiunse in un sibilo esasperato verso i figli.

Mentre Soren iniziava a lagnarsi di non c’entrare nulla, Claudia non li ascoltò neanche per sbaglio.

Era confusa e sorpresa dalle parole del Re, non avendo davvero pensato a quell’aspetto “romantico” della leggenda. A lei intrigava il solo fatto che potesse esistere un filo rosso così potente da tenere legate due persone, anche contro la loro volontà.

Non seppe davvero perché ritirò fuori la Lente dalla tasca e la alzò di nuovo di fronte il viso. Fu come se le parole fossero state un indizio, perché quando ci guardò, anche se da lontana, fu certa di scorgere qualcosa di sottile e rosso partire dal mignolo della mano di Re Harrow e-

E non seppe dove l’altro capo di quel Filo Rosso fosse destinato a legarsi, perché suo fratello la urtò e la Lente finì per terra in pezzi.


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