[Detective Conan] A weekend together but
Feb. 24th, 2021 11:23 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
COW-T 11, terza settimana, M1
Prompt: Age Difference
Numero parole: 1501
Rating: SAFE
Warning: Ok, anche se Conan ha in realtà diciassette anni, qui c’è comunque del fluff romantico tra un adulto e un bambino.
Note: Amuro ha 29 anni e Conan 7 (coff) (22 di differenza)
Conan capì nel momento in cui si svegliò che c’era qualcosa che non andava.
Non c’entrava il sentire la testa dolore - anche - ma era principalmente la grandezza del letto, e la consistenza. Non era il suo futon, sistemato di fianco a quello di Kogoro. Dormiva da mesi nella sua stanza per accorgersi subito che uno, l’ambiente era troppo silenzioso (niente russare persistente e distruggi-timpani), due, quel letto era molto, molto più comodo del proprio.
Se si univa il dolore alla testa che non era un semplice mal di testa, ma proprio la sensazione di una ferita che tira sotto le bende, le prove parlavano da sé. Non erano deduzioni da detective, ma mera constatazione. Negli anni aveva compreso che appena sveglio il suo intuito e i suoi ragionamenti faticavano a carburare senza prima una dose di caffeina (la questione era peggiorata da da quando viveva all’Agenzia Mouri e le sue dosi di caffè erano state drasticamente ridotte per ovvie ragioni infantili).
Tentò di rigirarsi tra le lenzuola, ma una fitta alla testa lo fece desistere. Rimase prono sul materasso, in quel tepore fuori luogo come il resto delle sue deduzioni. Allungando un po’ una mano per tastare il letto, lo sentì caldo abbastanza da dire che qualcuno che era stato sdraiato di fianco a lui si fosse alzato non meno di dieci minuti prima.
Non riusciva proprio a ricordare cosa fosse successo il giorno prima da ridurlo così e portarlo a dormire in un letto sconosciuto, e questo lo stava frustrando insieme alla sensazione di non doversi preoccupare. Non c’era un filo logico e questo lo stava facendo agitare.
Provò di nuovo a rialzarsi, ma quando puntò il piede destro una fitta di dolore lo fulminò, risalendogli dalla gamba al cervello come una freccia. Gemette e tremò nel tornarsene buono tra le lenzuola, mordendosi il labbro nel sentire il pulsare lancinante delle due ferite insieme.
Senza preavviso, una mano gli si poggiò sulla schiena. Era di un adulto, calda - odorava di burro? - ed esercitò una leggera pressione, per poi iniziare a muoversi in piccoli gesti concentrici che lo confortarono dalla fitte.
“È tutto ok, sei al sicuro.”
Furuya-san, realizzò Conan.
Riconoscerlo diede motivo di espandersi a quella sensazione che gli sussurrava sottopelle di non preoccuparsi. Mugugnò appena in risposta, avvertendo la bocca ancora secca.
“Cos’è successo…?” riuscì a dire. Rimase a occhi chiusi, godendosi quelle premure.
Il materasso di fianco a lui cedette un po’. Con la coda dell’occhio, anche se sfuocato dai residui del sonno, il bambino notò Rei stendersi di fianco a lui, senza smettere di massaggiargli la schiena. Aveva il suo sorriso sempiterno, molto più genuino e morbido di quello affilato che mostrava costantemente al mondo. L’odore di burro che emanava si fece più presente, insieme ad altri aromi della cucina che risvegliarono il palato del piccolo detective.
“Due giorni fa siamo rimasti coinvolti in un incidente.”
Gli occhi del bambino si spalancarono a fissarlo. Dei flash confusi riaffiorarono dalla sua memoria. Ricordava di essere in macchina, nella Mazda bianca del biondino. Rammentava vagamente che stessero inseguendo il colpevole di un caso in cui si erano imbattuti. Il rumore di un clacson a un incrocio e poi-
Una fitta alla testa lo fece mugugnare di nuovo. Strusciò la guancia contro la federa del cuscino per lenire il fastidio, ma il dolore servì a svegliarlo. Osservando meglio Furuya, si accorse dei due grandi cerotti su fronte e guancia. Dove ha sbattuto contro il finestrino, realizzò.
“Ho fatto in tempo a tirarti via dal sedile, anche se il tuo piede è rimasto in parte incastrato. Ma niente di rotto” sorrise Rei con sollievo. “Sei stato ko per quasi tutta la giornata di ieri, non ti ricordi di esserti svegliato un paio di volte, eh? Comunque i medici dell’ospedale hanno detto che hai solo bisogno di riposo.”
Tra i ricordi confusi di Conan, un pensiero riaffiorò più prepotente degli altri, facendolo tendere.
“Devo avvertire-”
“Tecnicamente no” lo precedette Furuya. “Questo weekend avevi detto che saresti stato fuori col professor Agasa.”
“Ah…” Conan si sforzò a rimettere insieme i pezzi. L’odore di colazione lo stava distraendo. “Sì… ricordo.” Guardò Furuya con un vago senso di colpa rimarcato dai suoi grandi occhi da bambino.
“Questo sarebbe dovuto essere il nostro weekend insieme.”
Furuya ridacchiò appena.
“Ma lo è, in un certo senso. L’importante è che tu stia bene.”
Conan nascose il viso nel cuscino per non lasciar trapelare il vago rossore. Abituarsi all’idea che tra lui e Furuya fosse in corso qualcosa di più di una semplice collaborazione su due fronti contro l’Organizzazione era ancora una situazione che lo lasciava incerto, per quanto piacevolmente preso.
Avergli rivelato di essere Kudou Shinichi era stato un passo necessario sul fronte della fiducia, ma anche per andare a riparare a quelle attenzioni che Furuya stava provando nei suoi confronti ma che, a buon ragione, lo stavano mettendo in crisi, pensando di star facendo qualcosa di profondamente sbagliato. L’ultima cosa che voleva Shinichi era far sentire Furuya in colpa per via della propria età fisica apparente.
Sospirò. Quello sarebbe dovuto essere un weekend di stacco per entrambi, per passare un po’ di tempo insieme lontano dalle preoccupazioni di tutti i giorni e dalle loro doppie vite.
“Hai fame?” lo distrasse Rei e Conan tornò a guardarlo. Il suo stomaco confermò che sì, ho fame. Una nuova sfumatura di rosso si aggiunse sulle gote del ragazzino.
L’appartamento di Rei dava l’idea di essere più grande di quello che sembrava per l’assenza di mobilio superfluo. Il bianco delle pareti aiutava a darle un aspetto luminoso, insieme alle superfici che non avevano un colore più scuro del betulla.
Conan si guardò intorno curioso, sbadigliando in braccio a Furuya mentre raggiungevano la cucina.
“È la tua vera casa?” chiese, anche se sapeva già la risposta.
Rei annuì.
“Anche se dopo più di quattro anni è solo un appartamento come un altro.”
Fu il turno di Conan di assentire.
Casa era un concetto che da qualche mese gli era diventato estraneo, da quando viveva con Ran e il padre. Non si sentiva più sicuro da nessuna parte, con quelle ombre nere in agguato, e l’unico luogo che gli mancasse veramente era la biblioteca con lo studio di suo padre. Poteva tornarci quando gli pareva, ma non poteva rimanerci. Si sentiva un po’ un nomade, un posto al momento valeva l’altro.
“Dopo ti segnerò l’indirizzo preciso e ti darò una chiave di scorta. Potrai venire qui ogni volta che vorrai o se ne avrai necessità. Oltre me, solo Kazami e il mio capo sanno dove abito davvero.”
Conan arrossì di nuovo. Sia per la fiducia tra le righe, sia perché Rei si era appena seduto al tavolo della colazione tenendolo ancora in braccio. Aveva apparecchiato per due in un solo posto. Due tazze, due paia di posate, un unico grande riempito con le porzioni per entrambi.
“Ti piace la colazione occidentale?”
“Non credo ci sia qualcosa che tu non riesca a non far piacere” commentò Conan decidendo di dare voce a un pensiero di pancia, accompagnandolo con uno sguardo eloquente e scaltra che non rispecchiava minimamente la sua età esteriore.
Rei rise, allungandosi a versare il caffè per entrambi.
“Lo dici per deduzione o per dati alla mano?”
“Non è un po’ la stessa cosa, Furuya-san?” ribatté Conan, prendendo finalmente la fonte dell’odore buono che impregnava i vestiti del più grande. Una fetta di pane tiepida dove era stato fatto sciogliere il burro.
“Chiamami Rei.”
Il boccone quasi andò di traverso a Conan, ma riuscì a mantenere un discreto contegno.
“Rei.”
“Shinichi.”
Si scambiarono un’occhiata complice che li avvicinò più di quanto avessero mai fatto le indagini che stavano portando avanti entrambi.
“Una volta ogni tanto è bello sentirsi chiamare col proprio nome” sospirò Furuya.
“Mh mh” concordò il minore, godendosi un altro pezzo di pane col burro, lasciandosi andare contro il petto del biondino come se fosse stato il vero schienale di una poltrona.
Emanava un tepore confortevole, lo stesso del letto dove aveva dormito. Aveva quasi voglia di richiudere gli occhi e riposarsi. Avevano meno tempo di quello che avevano preventivato progettando quel weekend insieme, ma quella sensazione tiepida lo stava vincendo.
Qualche minuto più tardi, Rei aveva finito di bere il proprio caffè e aveva dato due morsi a una fetta di pane imburrata, per poi alzarsi piano, assicurandosi il piccolo detective tra le braccia mentre tornava verso il letto. Con attenzione, si stese tenendoselo contro il petto e recuperando le coperte con una mano per coprire entrambi.
Prese un libro dal comodino, abbandonato lì da chissà quando, e andò alla pagina col segnalibro. Non ricordava di cosa parlasse la storia, ma aveva tempo per recuperarla, finché Shinichi non si fosse svegliato di nuovo. Sorrise tra sé e sé, squadrando il suo viso completamente perso nel sonno.
Il weekend non aveva seguito il programma previsto, eppure Rei ora lo sentiva perfetto, senza il bisogno di chiedere altro.