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[personal profile] sidralake
Cow-t, quinta settimana, M2

Prompt: Francia

Numero Parole: 1305

Rating: SAFE

Warning: SPOILER! SPOILER! SPOILER!


Nota 1: storiella nata da un headcanon sugli ultimi capitoli usciti del manga. Sappiamo che Dazai (e Dostoevskij) sono stati arrestati e portati in una prigione di massima sicurezza per dotati di abilità a Meursault, un comune della Francia. 

Ora, dato che Chuuya non si vede dal capitolo dell’elicottero in cui salva Kunikida&Co, e Akutagawa in questo arco narrativo ancora non ha messo piede, con la socia ce li siamo immaginati spediti in Francia da Mori per recuperare Dazai, visto anche il patto che il Boss della mafia ha stretto con Fukuzawa sul salvare i membri dell’Agenzia. 

Ovviamente non andrà così, vero Asagiri? 





Uno sbadiglio occupò la bocca di Chuuya per la quarta volta, questo mentre tentava di godersi il croissant ancora tiepido e buttava un occhio al giornale aperto sul tavolino del bar. Il cambio di fuso orario si faceva ancora sentire, nonostante fossero passati già tre giorni. 

Era una mattinata calda ed erano i primi di Aprile. Il cielo era sgombro, i fiori lungo le strade della città avevano colori vividi e il chiacchiericcio generale era un sottofondo tutto sommato sopportabile. Anche se non era una vacanza, Chuuya sentiva nei muscoli la pigrizia tipica delle ferie, col sonno derivato dal jet lag e quell'atmosfera tranquilla che si respirava a Parigi. 

Lui e Akutagawa erano atterrati all'aeroporto Charles de Gaulle con qualche giorno di anticipo rispetto ai piani iniziali. Piani che, sbuffò prima di sorbirsi un sorso di caffè, continuavano a mutare di ora in ora, irritandolo. Non che non avesse dovuto aspettarsi qualcosa del genere: dietro a tutto quel ribaltamento di parti, a orchestrare parte dei giochi, c'era Dazai. 

Così alla fine, tra un tira e molla infinito, e visto che continuavano a non esserci certezze sulle mosse da fare, il Boss aveva deciso di farli partire in anticipo e rimanere in attesa più vicini all’obiettivo. Motivo per cui erano a Parigi e non si erano ancora mossi alla volta di Meursault, aspettando il via libera per agire. 

Da un certo punto di vista sarebbe potuta essere una vacanza, se non fosse stato per l'irrequietezza che Chuuya sentiva serpeggiargli addosso. 

Nel giro di quarantottore scarse, l'Agenzia Armata di Detective era passata dall'essere caposaldo della giustizia giapponese a primo gruppo terroristico ricercato al mondo. Quelle stesse persone con cui la Port Mafia si era trovata invischiata e ai ferri corti più volte, tra traffici illeciti smantellati dal loro ficcanasare, la taglia di sette miliardi sulla Tigre Mannara finita in niente, fino alla guerriglia sul predominio nella città di Yokohama. 

Ma per Chuuya il mondo si era bevuto il cervello. Sarebbe diventato astemio prima di ammettere che i detective dell'Agenzia fossero davvero dei terroristi. Sì, aveva visto anche lui i filmati; sì, il loro capo, quel Fukuzawa, aveva stretto un patto con il loro Boss per la protezione dei suoi uomini, e questo non sarebbe parso innocente a nessuno. Il tutto era però una barzelletta che faceva anche molto ridere. Come lo era Dazai, rinchiuso nella prigione per dotati di abilità più sicura al mondo. E chi era stato mandato lì per tirarlo fuori? 

Altroché vacanze. Dopo quell'inferno, Chuuya avrebbe chiesto la pensione anticipata. Poi perché avessero mandato proprio lui e Akutagawa a recuperare quel mentecatto del suo ex partner ancora non gli era chiaro. Da un lato sì, il patto era ancora valido e l'Agenzia era stata decimata e di certo non sarebbe stata in grado di auto-salvarsi. Dazai era recluso e sorvegliato ventiquattr'ore su ventiquattro lì in Francia, quattro degli altri membri erano dispersi, gli altri quattro sotto la custodia dei Cani da Caccia erano appena spariti, secondo le notizie sottobanco della Mafia e l’ultimo - quello che per poco non aveva fatto andare di traverso il caffè a Chuuya quella mattina - Edogawa Ranpo, lo stronzo che lo aveva incastrato in un libro per quasi un mese, era appena stato arrestato in diretta nazionale e i giornali non parlavano d'altro. 

Un quadro più disastroso non poteva esserci. 

E parlando di quadri, Chuuya occhieggiò con un sospiro al cellulare, senza però scorgere alcuna notifica per lui. 

Visto che avevano "del tempo in avanzo" - per quanto dovessero tenersi pronti a ogni evenienza - Mori-san aveva suggerito loro di fare un po' i turisti. Senza dare nell'occhio e seminando eventuali seccatori, soprattutto senza spargimenti di sangue. Che era come mettere la museruola e la camicia di forza ad Akutagawa - anche se paradossalmente avrebbe funzionato di più mandarlo in giro nudo. Tuttavia, Chuuya aveva notato un inaspettato, quanto inquietante, cambio d'umore nel suo lugubre compagno di missione: Parigi gli piaceva e aveva anche fatto un programma di visite in giro. 

Il giovane dirigente aveva sentito dire che Akutagawa fosse interessato all'arte, ma da qui a trovarselo a studiarsi la cartina della città, gli orari dei musei, comprare i biglietti come una persona normale, era come avere davanti il gemello buono del cane della Mafia più sanguinario che la storia ricordasse. 

Quanto a se stesso, Chuuya era passato dal ritenersi un babysitter al fare quasi l'accompagnatore scomodo. Non che Akutagawa gli avesse detto di no nell'andare con lui, ma non l'aveva neanche interpellato, spingendo il giovane dirigente a dirgli esplicitamente di considerare anche la sua presenza nel comprare biglietti o andare a spasso, per non rimanersene con un palmo di naso. 

A differenza del più giovane, era già stato a Parigi più di una volta, sia per lavoro sia per piacere; avrebbe anche potuto barricarsi nella loro stanza d'albergo e aspettare l'ok a procedere con l'estrazione tra un bicchiere di vino e uno zapping compulsivo alla televisione. Tuttavia, non riusciva a mettere a tacere la sensazione che una qualche trappola dovesse scattare di lì a poco e inghiottirli tutti. C'erano troppe cose che non gli tornavano, troppe pedine in bilico e forze in gioco con cui non avrebbero dovuto abbassare la guardia. Oltre al fatto che, da quello che aveva capito, tutto era opera di un'abilità legata al Libro. 

Chuuya non era tipo da dare retta alle chiacchiere di corridoio su cose che per lo più erano miti, ma essere stato il partner di Dazai aveva implicato ascoltare una serie di informazioni e deliri che, purtroppo, tolte le stronzate sui suicidi, troppo spesso si erano rivelate vere. Conosceva la storia di quel Libro da diverso tempo, in una delle tante confidenze senza né capo né coda di Dazai, ed era una di quelle cose rimaste tra loro, nate e morte in una notte di insonnia che Chuuya aveva archiviato. 

Ma il resoconto sugli ultimi giorni - l'Agenzia di Detective sembra sia stata incastrata attraverso l'uso di un’abilità derivata da un Libro - aveva fatto riaprire quel cassetto all'istante. 

Mori-san non aveva fatto una piega e questo aveva suggerito a Chuuya che primo, sapesse, secondo, non fosse così stupito. Per lui, pensare che bastasse scrivere su un fottuto pezzo di carta qualcosa per poter creare tutto quel macello, lo faceva incazzare come poche cose. Non che si sentisse più magnanimo verso l'Agenzia - considerando anche che su di lui l'effetto era stato qualcosa di più simile a un solletico fastidioso che non se ne va, quindi doveva esserci un inghippo per non cadere nella trappola - ma di sicuro aveva voglia di prendere quelli che stavano dietro a quella pantomima e piantarli metri sotto terra. Perché ciò che stava succedendo all'Agenzia sarebbe potuto succedere a chiunque, inclusa la Mafia. Chuuya questo non l’avrebbe permesso. 

Il suo cellulare squillò in quel momento, distraendolo. 

Era un messaggio di Akutagawa. 

Sono quasi all’ingresso

Chuuya sbuffo, tentando di distendere i nervi, mentre si alzava e abbandonava la colazione non finita. Odiava che gli passasse l’appetito durante una missione, era sempre un cattivo presagio. Lo era anche però sapere di essere lì in terra straniera per salvare il culo a Dazai. Dopo la storia della Gilda e del Cannibalismo pensava che il peggio lo avessero già toccato, ma doveva essere stato un ingenuo a pensarlo. 

“Ripigliati Chuuya” si disse, uscendo al sole caldo della giornata, gli occhiali scuri di nuovo sul naso, un cappello da baseball scomodissimo a sostituire il suo, troppo appariscente, e la voglia di pestare qualcuno repressa nelle spalle rigide. Poteva solo sperare che la visita al Louvre lo rilassasse, anche se la distrazione migliore sarebbe stata quella di ricevere dal Boss l’ok a procedere, andare a prendere Dazai per la collottola e rivolarsene a casa. 

Ogni minuto che passava aveva sempre più la sensazione che qualcosa sarebbe andato storto. 

“Vaffanculo.” 


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