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COW-T 11, seconda settimana, M2
Prompt: Una semplice domanda
Numero parole: 1204
Rating: SAFE
Warning


Il modo migliore per fare una sorpresa a Furuya era andare dritti al punto. 

Saper organizzare qualcosa alle sue spalle senza lasciargli sospettare nulla era un’impresa che richiedeva tempo, una strategia e persone fidate che avessero una faccia di bronzo inossidabile. Tutte cose che Shuichi e Shinichi non avevano a portata di mano, quindi puntarono sull’improvvisazione. 



“Non è il mio compleanno.”

Fu la prima cosa che Rei tenne a specificare quando mise piede nell’androne di casa Kudou, dove le luci erano state spente e quei due idioti se ne stavano in piedi. Akai sorreggeva con le mani una torta che sopra aveva - con un calcolo a colpo d’occhio - circa trenta candeline. 

“Non lo è ancora” lo corresse Shinichi con un sorriso che inneggiava al più basso istinto di prenderlo a schiaffi. “O potremmo anche dire che è passato.” 

“Questione di punti di vista” concluse Akai, sfoggiando un’espressione uguale a quella del più giovane. 

Rei aveva davvero voglia di colpirli quando lo fissavano così. Non c’era mai nulla di buono da aspettarsi. Per questo rimase fermo sulla porta, la giacca ancora addosso, una busta di carta con dentro i grembiuli del Poirot da mettere in lavatrice. Li studiò per capire le intenzioni, ma loro, consci di quel suo gesto, rimasero fermi in attesa, le ombre sui loro volti che mutavano seguendo il baluginio delle candele. 

Rei sbuffò arrendendosi, iniziando a togliersi le scarpe.

“Perché?”

Shinichi e Shuichi si scambiarono uno sguardo, come se non avessero preso in considerazione il perché. Per avere quasi quindici anni di differenza somigliavano più a due fratelli dispettosi che a un agente dell’FBI e a un giovane detective liceale con la vita incasinata. 

Rei si soffermò soprattutto su quest’ultimo, con una seconda occhiata. Arrivare a prendere l’antidoto per l’APTX4869 e farsi trovare adulto doveva per forza presupporre qualche guaio in vista. 

Allora? Cosa significa?” incalzò con un tono che avrebbe usato per spronare uno dei tuoi sottoposti, tipo Kazami. 

“Non ci avevi detto del tuo compleanno” buttò lì Shinichi con un’alzata di spalle e niente di più. “Scoprirlo non è stato facile come pensavamo.”

“E coglierti con la guardia abbassata non è cosa da poco” aggiunse Akai, il cui sguardo sembrava intendere diverse altre cose. 

Rei si impose di non abboccare, avvicinandosi finalmente agli altri due e venendo illuminato in volto da quelle trenta candeline. 

“Non c’era bisogno di festeggiare” sospirò, cercando di sciogliersi un po’, allentando un po’ l’irrigidimento delle spalle. 

Non era più abituato a ricordarsi un evento come il compleanno o a pensare di celebrarlo. Era solo un modo per tenere il conto di quanti anni il suo lavoro gli stesse succhiando via come un vampiro. Non che se ne lamentasse davvero. Avrebbe dato la vita per quello che faceva. Voleva solo dei risultati concreti, trovare il modo di chiudere quel pozzo oscuro e profondo in cui si era calato più di cinque anni prima e che gli aveva portato via troppe persone e occasioni importanti. 

“Dai, spegni le candeline!” lo incoraggiò Shinichi. 

“Ed esprimi un desiderio” continuò Akai, ma sempre con quel suo modo di fare un po’ ambiguo. 

“Perché?” 

“Porta fortuna” spiegò il giovane detective con un ampio sorriso. 

L’espressione di Furuya era quella di chi è abituato alle ultime parole famose. Con un sospiro che fece tremolare le piccole fiammelle, prese un respiro più profondo - pensò qualche secondo a cosa potesse desiderare, magari a una svolta positiva - e soffiò sulle candeline. 

In un attimo fu solo buio. 

Seguì un altro sospiro, spazientito ma anche rassegnato. 

“Non avevate pensato al dopo?” 

“Eh-” iniziò Shinichi, per poi ridacchiare e tastarsi i fianchi. “Ho lasciato il cellulare in cucina.” 

“Il mio è scarico” puntualizzò Rei. 

“Il mio è nella tasca destra” istruì Akai, girandosi di tre quarti verso Furuya, facendo attenzione a reggere la torta. 

Rei infilò le dita nella tasca destra, ma la trovò vuota. 

“Ah, devo averlo lasciato anche io in cucina” ridacchiò a mezze labbra Shuichi.

“Quanto sei spiritoso” replicò la spia a denti stretti per esserci cascato. Gli rifilò una pacca sul fianco, ma questo non fece che aumentare la sommessa risata dell’altro. 

“Sto reggendo la torta” gli ricordò, anche se non sembrava davvero un problema. 

“Non la terrai per sempre” fu la minaccia non tanto blanda. 

La luce si accese sulle loro teste, cogliendoli un attimo impreparati.  

“Ma guardatevi” commentò Shinichi, giudicandoli da lontano. “Siete proprio una coppietta imbarazzante.” 

“Solo perché Ran non è in giro” lo rimbeccò Akai, voltandosi e superandolo per tornare in cucina. Il giovane detective gli fu subito dietro per protestare, rosso sulle gote, mentre Rei scosse la testa, seguendoli a distanza. 

Non si aspettava di trovare degli striscioni colorati alle pareti, qualche palloncino, un piccolo buffet sul tavolo insieme a tovaglioli colorati, una bottiglia di ottimo vino e tre cappellini a cono. 

Fu con uno di questi in mano che Akai gli si ripresentò davanti, un angolo della bocca inarcato in un’espressione che non prometteva nulla di buono. 

Perché?” richiese Rei, impuntandosi su quell’unica domanda, ma caricandola di tutta l’assurdità di quella situazione. Iniziò a pensare di aver battuto la testa e di stare a immaginarsi tutto, ma la faccia tosta di Shuichi era troppo reale, insieme allo sghignazzare di Shinichi poco distante, già seduto su una delle sedie alte intorno al bancone della cucina. 

“Puoi frenare le congetture” gli rispose Akai, infilandogli il cappellino da festeggiato. Furuya glielo permise solo per farlo continuare a parlare. “Volevamo regalarti un po’ di stacco da tutto il lavoro che stai facendo.” 

“Mi state facendo venire i brividi.” 

Shinichi rise sinceramente e Akai fu sul punto di fare altrettanto. 

“Furuya-san, rilassati!” tentò il giovane detective, facendo cenno agli altri due di raggiungerlo al tavolo. 

Rei ci mise ancora qualche istante prima di provare, solo provare, a distendere i nervi. Poteva credere che fosse davvero il loro modo per sollevarlo dalle preoccupazioni e dalle incombenze che tre vite diverse gli davano. Fosse anche stata solo una trappola per qualche scherzo, per quella sera avrebbe pensato ad altro. 

“Mangia, voglio sapere che ne pensi.”

Akai lo riportò coi piedi per terra offrendogli un piatto con diversi stuzzichini assortiti. L’aspetto non era quello patinato del cibo comprato, ma più quello casalingo di chi ci aveva messo particolare cura. 

“Hai fatto tutto tu?” lo scetticismo di Rei era vagamente divertito. L’alter ego di Akai, Okiya Subaru, stava conquistando sempre più territorio, almeno dal punto di vista culinario. L’Akai che ricordava lui - Rye - era capace appena di mettere insieme due fette di pane e una farcitura commestibile. 

“Sono stato in videochiamata con Yukiko-san per tutto il pomeriggio. Non rischi l’avvelenamento.” 

“Confermo, sono buoni” si intromise Shinichi, afferrando qualcosa a sua volta e iniziando a mangiare senza aspettare il festeggiato. 

Rei si arrese, definitivamente, con un piccolo sorriso. 

Prese una tartina, la squadrò per bene fingendo ancora dello scetticismo lungi dal provare, lanciò un’occhiata sottile a quell’agente dell’FBI che ormai gravitava nella sua mente e nella sua vita troppo insistentemente, e alla fine diede un morso. Il suo carattere puntiglioso precisò che un margine di miglioramento era fattibile, ma quello che Furuya espresse fu un mmmh soddisfatto. 

“Ti piace?” 

“Sì.” 



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