Mar. 6th, 2019

sidralake: (Default)
 

Cow-T, quarta settimana, M2

Prompt: Piangere senza riuscire a smettere

Numero parole: 6270

Rating: SAFE


Fandom: Voltron LD

Personaggi/Ship: Shiro/Keith, Shiro/Keith/Lance, Allura & Pidge

Note: Modern!AU + Soulmate. Grazie alla socia per il titolo. Le statistiche sono buttate a casissimo e irragionevoli.




Keith non capiva che cosa si fosse rotto, quando tutto aveva sempre funzionato perfettamente. Pensava che le cose avrebbero seguito il loro corso naturale. Erano anime gemelle, era qualcosa di simile alla scienza, non poteva non funzionare - anche se Pidge aveva molto da ridire a riguardo quando se ne usciva con un paragone simile.
Eppure c’erano stati i primi cedimenti. Alla fine del primo anno, nonostante la sensazione fosse quella di esserci sempre stati l’uno per l’altro, come se l'incontro fosse stata solo una mera formalità a una vita passata ad aspettarsi sapendo che, ehi, sono proprio qui, mi incontrerai.
Keith non era un tipo romantico. Non con una vita in cui sua madre era sparita quando lui era piccolo e suo padre era morto salvando degli sconosciuti da un incendio. Keith aveva avuto un’infanzia costellata di casini, porte chiuse e gente che gli diceva cosa fosse giusto essere. Era sopravvissuto, ecco cosa aveva fatto. Era stata dura riuscire a uscire dal pantano in cui il mondo grigio che lo circondava lo aveva incastrato; a volte si chiedeva anche come ci fosse riuscito, chi avesse creduto in lui in qualche maniera, da sempre.
La risposta sembrava essere stata Shiro. Quando si erano poi conosciuti, per caso - per sbaglio, avrebbe detto il vecchio Keith, perché una persona meravigliosa come Shiro non la si poteva sperare di incontrare neanche in venti vite diverse... be', comunque, si erano trovati. Si erano sfiorati e in quel tocco ecco i colori. Ecco che il mondo grigio aveva iniziato a vivere, a fiorire come diceva Allura, quando le prendevano i momenti romantici.
Keith aveva passato due giorni col mal di testa per quei cambiamenti tutti insieme e così anche quello sconosciuto, Takashi Shirogane. Gli aveva chiesto di vedersi per un caffè. Per, be', conoscersi. Perché sì, succedeva tutti i giorni di incrociarsi con la propria anima gemella, ma di solito capitava agli altri. Eppure, quella volta, il protagonista del film era proprio Keith e non aveva idea di come, perché, se crederci davvero. Anche solo la vicinanza di Shiro lo faceva stare bene. Sfiorarsi, anche solo per salutarsi a quell'incontro dove il caffè si era raffreddato tra una chiacchiera e l’altra, aveva reso i colori ancora più vividi.
"Dicono che... ci voglia del tempo" aveva detto Shiro, che continuava a guardare di sottecchi Keith, sorridendo come se non riuscisse a farne a meno. "Per i colori, perché diventino stabili e appaiano tutti. La frequentazione aiuta. Se vuoi."
"Lo voglio" era stata la risposta di Keith, salvo poi accorgersi di averlo detto a bruciapelo senza pensarci, e suonando terribilmente come un altro tipo di lo voglio, che strappò una risata a quell'uomo che gli aveva chiesto di chiamarlo semplicemente Shiro.
Aveva avuto ragione. C'era voluto del tempo e vedersi, di frequente, perché il mondo intorno a loro potesse acquisire quella vitalità cromatica per cui poesie, canzoni, libri, film e anche libri di scienza - come sbuffava Pidge - descrivevano dalla notte dei tempi.
E Keith, così poco incline a condividere gli spazi, perché era sempre stato un lupo solitario, aveva trovato la frequentazione di Shiro fin troppo naturale. Non si era neanche accorto di come le cose funzionassero perché, per una volta, tutto seguiva un corso naturale. Shiro non gli metteva fretta - e si scusava anche di essere molto più grande - ma sembrava ogni giorno sempre più felice di vedere lui, Keith, e non solo i colori che li circondavano. Qualcosa che aveva rischiato di mandare in paranoia Keith, non abituato a essere il centro dell'attenzione di qualcuno che non fosse un assistente sociale.
Sei mesi a seguire, dopo la loro prima, travolgente volta insieme a letto - la prima in assoluto per Keith - Shiro gli aveva chiesto di andare a stare da lui e il ragazzo aveva detto prima ancora di rifletterci. Forse perché aveva aspettato questo per tutta la vita? Un posto proprio? O perché amava Shiro, anche se non lo avevano ancora detto ma tutto, tutto parlava per loro? Perché la mattina dopo il rosso, agli occhi di Keith, fu così brillante da lasciarlo ipnotizzato da una stupidissima tazza della colazione che Shiro gli aveva regalato come benvenuto, asserendo che quel colore gli donava.


Erano passati altri sei mesi e Keith sentiva di essere arrivato alle pagine finali di quella favola. Come se accettare l’invito a vivere sotto lo stesso tetto avesse avviato un meccanismo inverso, proporzionale alla loro felicità. Era tornato un fastidioso vuoto al petto, sotto lo sterno, a volte così opprimente da togliere il respiro. E poi le lacrime. Le Lacrime erano state uno dei due campanelli d’allarme che aveva assicurato a Keith che qualcosa non andava. Lacrime indesiderate, che potevano arrivare nel bel mezzo della notte come all’ora di pranzo. Semplicemente, piangeva. Senza alcun motivo apparente, per un qualche malessere fisico o reazione. E non riusciva a smettere, non c’era verso. Poteva solo armarsi di un pacchetto di fazzoletti e rintanarsi dove nessuno avrebbe potuto commentare. Il più grosso problema era allontanarsi da Shiro con qualche scusa, perché non si preoccupasse o, peggio, fraintendesse. Non che Shiro non potesse sostenere delle lacrime, anzi, era probabilmente l’unica persona al mondo con cui Keith si sarebbe messo a piangere apertamente. Ma andava bene avendo un motivo plausibile e non quello che sembrava un pessimo sgambetto del destino. Aveva trovato la propria anima gemella, cos’altro doveva volere di più? Tuttavia, come aveva capito presto, quella era stata solo la prima avvisaglia. Il secondo problema era un colore. Uno che aveva aspettato comparisse, ma dopo un anno, ancora niente.

Keith stava guardando fuori dalla finestra dell'appartamento, la sua tazza rossa stretta tra le mani, il tè preferito di Shiro che profumava la stanza, e lui che continuava a fissare con odio il cartellone pubblicitario affisso sul palazzo di fronte. La pubblicità di un profumo, nulla di eclatante, Gocce di Mare, con una modella in un abito... grigio. Un’immensa sfumatura grigia, più scura sul finire e che risaliva come spuma sul corpo rosato della donna. Il trucco differiva, era più sulle tonalità violacee. Quello lo vedeva. Ma il resto non andava. Non era possibile che quell’abito fosse grigio, quando sotto c'era scritto Blue Essence.
Keith aveva un enorme problema ed era sempre più difficile da tenere segreto.

Infastidito dall’ennesimo sfregio a quella sua mancanza, dette le spalle alla finestra, ma inevitabilmente fece una panoramica dell'open space che era la casa di Shiro e diversi oggetti gli balzarono all’occhio: qui e lì, tra tutti i colori presenti, spiccavano dei grigi innaturali. La copertina di un libro, l'etichetta di una bottiglia, un panno da cucina.
Era stato da un medico, senza dirlo a nessuno. O meglio, aveva finito per confidarlo a Pidge e Allura, sia perché le due erano in grado di fiutare le frottole a due isolati di distanza, sia perché, tra le conoscenze di Keith, erano le massime esponenti sia della teoria dei colori sia delle anime gemelle su i due fronti che da sempre si davano battaglia, la scienza e il romanticismo (o pre-destinazione anti libero arbitrio, come la gremlin amava sottolineare). A detta del medico, era tutto a posto. La vista di Keith non aveva nulla che non andasse, le analisi fatte per scrupolo erano perfette, inclusa la tac al cervello e tutti gli esami ai nervi degli occhi. Il responso sul fatto che Keith non riuscisse a vedere il blu non era un problema clinico. E questo non aveva per niente rassicurato il ragazzo, ma aumentato la paranoia.
Era un dato oggettivo che da qualche tempo le cose tra lui e Shiro si erano raffreddate, come quel colore blu che non riusciva a percepire o quelle lacrime instancabili e indesiderate. Quella mancanza che Keith aveva sempre avuto nella vita, che pensava di aver colmato con la presenza di Shiro, non era tornata solo come un’impressione passeggera, che di tanto in tanto gli faceva massaggiare lo sterno distrattamente. Era pressante, lì ad attenderlo in giorni che iniziavano anche tranquilli e lo fagocitava prima di sera, rendendolo intrattabile, neanche stesse combattendo contro un fantasma senza avere possibilità. Shiro in pochi mesi, a volte a ripensarci gli sembravano solo giorno, aveva colmato, se non abbondato, tutto quello che dalla vita Keith non aveva mai avuto: una famiglia, un posto da chiamare casa, l’amicizia, l’affetto… perché dopo un anno tutto quello dovesse sfumare senza nessun motivo logico, Keith non riusciva ad accettarlo.
Da quando avevano iniziato a vivere insieme la sua vita aveva iniziato finalmente a mettere radici, mentre i colori si erano stabilizzati. Keith non li conosceva, perché non era mai stato un gran sostenitore di quel cambiamento che ti completa la vita. Come tutti i bambini, aveva letto i libri sui colori quando era stato alle elementari. Libri che aiutavano a gettare delle basi per il grande giorno, spiegando che il pistillo delle margherite è giallo e la corolla bianca, l'erba dei prati è verde, le mele sono rosse, i gatti possono essere neri, le melanzane viola, la pelle rosa, il cielo azzurro e il mare blu.

Non aveva mai prestato troppa attenzione a qualcosa che alla fine poteva benissimo non accadere, quando nella sua vita succedevano fin troppi avvenimenti spiacevoli. Non era mai stata una sua priorità, ma ora cercare di capire perché il cielo continuasse a essere di un colore indistinto era di vitale importanza; aveva ragione di pensare che fosse alla base dei suoi problemi silenziosi con Shiro.

Perché era ormai ovvio che a Shiro quella situazione creasse del disagio, anche se non ne avevano mai parlato. Ogni volta che qualcosa che sarebbe dovuto essere blu gli capitava tra le mani, guardava Keith e lo riponeva, o perdeva il filo della conversazione. E Keith si sentiva in colpa. Sembrava come se quel blu maledetto avesse tracciato una linea di confine tra di loro, una sorta di fosso che non potevano travalicare. E non poteva continuare così. Non scoppiando poi a piangere senza nessun motivo, a coronare la tensione. E tutto per un fottuto colore.



"Uhm… ti sarebbe utile un fazzoletto?" esordì Pidge dopo che Keith si fu messo comodo sul divano vicino alla finestra, nel piccolo appartamento di Allura. Il ragazzo trasalì, tastandosi le guance e trovandole umide.

“Merda” si lasciò scappare. Con poca grazia e frettolosamente, con le dita cercò di asciugarsi il viso, ma il pianto continuò silenzioso come ogni volta, facendolo sentire impotente. Pidge gli allungò una scatola di kleenex con espressione comprensiva, anche se il suo sempiterno piccolo ghignetto sembrava voler fare capolino.

“Tranquillo, abbiamo la soluzione anche a questo. Abbiamo fatto un po’ di ricerche sulle anime gemelle.”

Lo suo sguardo sospettoso e arrossato di Keith passò da lei alla proprietaria di casa, che finì di servire il tè prima di sedersi vicino all’amica sul divano dirimpetto. “Tutto bene, Keith? Come ti senti?” domandò con un tono intenerito dalla scena.
"Sto bene” sbottò lui, praticamente ficcandosi due fazzoletti negli occhi e reclinando la testa, facendo appello a qualsiasi essere o cosa perché finisse. Ci volle qualche minuto perché finalmente Keith potesse tornare una persona normale senza lacrimazioni improvvise. Fissò le due amiche, accantonando quel siparietto perdi tempi. “Voi due avete fatto insieme delle ricerche sulle anime gemelle? Non vi siete scannate?" domandò il ragazzo, cercando segni di unghiate o capelli fuori posto. Pidge roteò gli occhi, sbuffando.
"Non siamo rozze come te. Abbiamo una divergenza di opinioni, ma le abbiamo appianate in favore tuo e di Shiro."
Allura sorrise, porgendogli una tazza accompagnata dal tintinnio dei braccialetti al polso. Keith notò la forma aristocratica della porcellata, modellata in curve che ricordavano un fiore. Peccato che i colori fossero un accostamento spaventoso di tonalità sbagliate, ma in fondo, né Allura né Pidge avevano ancora incontrato la loro anima gemella. Sarebbe stato divertente il giorno in cui Allura avesse scoperto il colore delle sue tazzine preferite - e forse non sarebbe stato neanche troppo lontano come avvenimento, visto come Pidge stesse lavorando a un prototipo rivoluzionario di occhiali in grado di bypassare quel problema di grigi.
"Vedrai che si sistemerà tutto" lo rassicurò Allura con un sorriso. "Shiro è teso per la situazione e si sente in colpa, ma questa cosa che abbiamo trovato io e Pidge potrebbe aiutarvi."
Keith la guardò senza capire. "Perché Shiro si sente in colpa? Cosa c'entra lui?”

Il disorientamento sui visi delle ragazze a quella domanda fu lampante. Pidge si prese il viso tra le mani, soffocandoci un'imprecazione.
"Lo sapevo! Uomini! Non sanno parlare tra di loro!"
"Oh mio dio, ma non te lo ha detto?" continuò Allura, imbarazzata ma scandalizzata quanto l’altra.
"Cosa non mi ha detto!?" incalzò Keith, iniziando a sentire sulla nuca un formicolio poco piacevole.
"Credi di essere l'unico a non vedere il blu, eh? Guarda che anche per Shiro è così. Non è un tuo problema, è un vostro problema!" spiegò Pidge, scuotendo la testa e consolandosi con uno dei biscotti nell’alzatina al centro del tavolo.
Keith si sentì molto stupido; improvvisamente la riottosità di Shiro aveva un senso, essendo la stessa sua. Fu il suo turno di passarsi una mano in faccia e prendersi qualche secondo, per poi imprecare.
"Esattamente, Keith. Anche se io direi che siete proprio due cogl-"
"Linguaggio!" borbottò Allura. "Avanti, diamogli le buone notizie."
Keith tornò attento, anche se aveva una mano chiusa a pugno e le unghie conficcate nel palmo.
"Io e Allura pensiamo che tu e Shiro rientriate in una piccolissima e rara percentuale di anime gemelle triplici" esplicò subito Pidge, sganciando la bomba; mise sotto al naso dell’amico dei fogli stampati da internet, mentre Allura appoggiò di fianco un piccolo libro, un'edizione ingiallita di inizio secolo. "Se ne parla poco, perché scientificamente ha ancora meno senso delle anime gemelle in sé-"
"Ma esistono svariate fonti e delle basi fin dall'antichità, se si sa cosa si sta cercando!" la interruppe Allura.
"Sì, ci sono stati diversi poeti e autori che ne hanno scritto, ma i casi accertati e classificati negli ultimi anni sono tipo... pochissimi. Ma positivi."

Keith era più confuso di quando era entrato. Continuò a passare gli occhi dall’una all’altra e poi ai risultati della loro ricerca.
"Cosa intendete con triplice?"
"Che non siete solo tu e Shiro. Vi manca una terza parte. Ed è anche il motivo del tuo iniziare a piangere senza riuscire a smettere."
Il mondo di Keith vacillò per un istante. "... che cosa significa?"
Pidge ghignò. "Mai sentito parlare dei ménage à trois?"
"Pidge! Sii seria!" la bacchettò Allura, ma l'altra rise e basta.
"Be', è quello che succederà, quando troveranno la loro parte mancante!"
"No, ferme” boccheggiò Keith, senza riuscire a mettere in ordine le parole che voleva dire. “Io e Shiro non vediamo il blu perché una terza persona... uno sconosciuto deve ancora entrare nelle nostre vite… ? Piango perché anche questa - gesticolò confuso - terza parte piange?"
"Esatto!" squittì contenta Allura, non riconoscendo il tono smarrito del ragazzo.
Pidge fu più pragmatica, sorseggiando il suo tè col mignolino alzato per prendere in giro l’amica. "Anche tu e Shiro eravate perfetti sconosciuti, quando vi siete incontrati. Nel novantadue percento dei casi funziona così, per le anime gemelle."
"Sì ma, ho sempre avuto la... ecco, la sensazione di conoscerlo" farfugliò Keith, perché a parte averlo confessato a Shiro una volta, non lo aveva mai detto a nessun altro, ma aveva troppa confusione in testa per tenere quel particolare per sé.
"E ora quella sensazione non ce l'hai più?" continuò Pidge, che sapeva esattamente quale fosse la risposta, ma Keith era restio ad ammatterlo. Incrociò le braccia, guardando da un’altra parte; per un pessimo scherzo del destino, anche lì fuori dalla finestra c'era la stessa pubblicità della Blue Essence. Avrebbe voluto lanciargli contro una di quelle tazzine troppo variopinte.
"Shiro è... è tutto per me" sussurrò, mentre dentro la sua testa si consumava una lotta.
Allura addolcì lo sguardo, allungando la mano per posargliela sul ginocchio con un sorriso comprensivo. "E tu sei ciò che Shiro ha sempre cercato da quando lo conosco" e se lo diceva Allura, che era stata la ex ragazza di Shiro, poteva darle il beneficio del dubbio.
Pidge lo guardò a sua volta, sospirando e grattandosi la testa.
"Senti, non ti abbiamo detto questa cosa per compromettere il vostro rapporto. Tu sai quanto reputo assurda tutta ‘sta predestinazione amorosa, ma c'è poco da fare: funziona. Almeno, nel novantotto percento dei casi le anime gemelle sono felici. E se tu e Shiro rientrate in questa rarità non sarà diverso. Sempre di anime gemelle si tratta ma... siete in tre” il momento serietà tuttavia sparì un attimo dopo, soppiantato dalla logica. “Sto ancora facendo ricerche, perché, insomma, tre parti davvero? Tre anime legate o un’anima in tre? Ma poi parliamone, nessuno è riuscito ancora a dare delle basi solide tramite metodo scientifico al concetto di anima, ecco. Rimango dell’idea che sia una questione di chimica.”
"Pidge" la richiamò Allura, paziente.
"Va bene, va bene. Ascolta Keith, questa terza persona non minerà la vostra relazione, tutto il contrario. Non vi dividerà, si... ecco, si aggiungerà” e la quattrocchi alzò indice e medio di una mano, per poi alzare anche l’anulare. “Secondo alcuni racconti medievali, questa eccezione delle anime gemelle triplici deriverebbe dal concetto di tre come numero perfetto. Sai, la santa trinità tipo, eh?” ma dal tono non sembrava prendersi seriamente neanche lei.
"Questa persona non si metterà tra voi, sarà parte di voi. Non dovrete scegliere con chi stare o avere delle preferenze. Sarà come è stato con Shiro" si aggiunse Allura, con il suo sorriso rincuorante, interrompendo lo sproloquio poco costruttivo. Si chinò in avanti e picchiettò sulla copertina del libro messo vicino ai fogli. Gli amanti sconosciuti, recitava il titolo. "L'autore di queste poesie era come voi, anche lui in una relazione di anime gemelle a tre. Sono riuscita a trovare solo questa vecchia edizione, ma ti assicuro che se hai bisogno di certezze ti sarà di aiuto."
Keith prese in mano il libro, anche se non riusciva davvero a dargli peso in quel momento. Voleva solo correre a casa da Shiro.




Leggere le poesie divise a metà Keith; le sentì penetrargli sotto pelle e lasciargli sentimenti contrastanti, come se avesse potuto sfiorare con mano quella mancanza che sentiva, stringerla e farla propria, ma tutto durava l’attimo in cui poi cadeva e tornava alla realtà, con le mani vuote. I pianti improvvisi e non richiesti continuarono e Keith non riuscì a non trattenere qualche imprecazione contro quella ancora sconosciuta terza anima gemella proprietaria delle lacrime. Continuava a chiedersi cosa avesse da piangere in continuazione e senza degli orari precisi, facendo fare a lui i salti mortali per spiegarsi con i colleghi di lavoro o quando si trovava in posti affollati.

Parlare con Shiro invece fu liberatorio e passarono la notte a chiedersi scusa e a fare il sesso più dolce e liberatorio che avessero mai provato, come se avessero potuto toccare davvero quell'anima che li legava, continuando a mormorarsi tutte le paure che per settimane si erano costruiti intorno alla mancanza di un colore. Capitò anche uno di quei pianti indesiderati mentre erano insieme, e Shiro impedì a Keith di scappare in bagno, tenendolo ferme mentre gli asciugava una per una le lacrime e gli lasciava piccoli baci sulle guance. Keith non capì come si sentì, in un subbuglio di emozioni per la tenerezza o per una vena di gelosia verso l’autore delle lacrime. Nel dubbio, rimase abbracciato a Shiro senza alcuna intenzione di lasciarlo andare.
Affrontare la faccenda della terza anima gemella fu però un altro paio di maniche, soprattutto per l'ostinazione di Keith che in due funzioniamo alla grande, è una stronzata. La pazienza di Shiro fu miracolosa come al solito nel cercare di indorare la pillola. Se non erano completi, a suo dire, probabilmente c'era un perché. E se l'arrivo di quella terza persona poteva eliminare del tutto la sensazione di mancanza (e le lacrime) che ancora aleggiava tra di loro, che a volte si frapponeva tra di loro, allora cercarla poteva essere la scelta migliore. Keith però non riusciva ad accettarlo e lo fece solo perché era Shiro a chiederglielo.
"Eri restio anche quando mi hai incontrato la prima volta" scherzò quest’ultimo, quando tornarono sull'argomento anche quel giorno.

Era domenica ed erano al centro commerciale per fare spese. Essendo prossimo il Natale, era stata la scelta più sbagliata che potessero fare, ma Allura aveva insistito che andassero in luoghi affollati, dove era più probabile incappare nella propria anima gemella. Keith ancora sbuffava come un bollitore.
"Era diverso. Venivo da una situazione che non pensavo sarebbe mai cambiata e tu... tu hai riordinato la mia vita a occhi chiusi! Tu sei perfetto!"
"Vorrei che questa tua idea la rivedessi, ho i miei difetti anche io."
"Come ti pare" borbottò Keith, le mani affondate in tasca in maniera controproducente, visto che era il contatto quello che scatenava la percezione dei colori. Urtare per sbaglio qualcuno era la scena più classica in cui un’anima gemella si poteva trovare. Tuttavia, la folla nevrotica del centro commerciale ispirava in Keith zero fiducia. "Mettiamola così: non ti ho dovuto incontrare in questo inferno di persone! E' stato tutto più-- più naturale e poco invasivo!"
Shiro rise. "Keith… non sarà un intervento chirurgico dove rischiamo di perdere qualcosa o qualcosa ci sarà impiantato a forza."
Keith aprì bocca, ma all'ultimo non gli diede soddisfazione di rispondergli. Cambiò tattica. "Chi dice che questa terza parte sia nella nostra stessa città? E non sia, che ne so, in Messico! O in Eurupa!"
"Disse il ragazzo del Texas arrivato a New York per puro caso."
"Non è stato un caso-!" ma Keith imprecò, capendo di essere caduto nella trappola.
"Hai sentito Pidge, ed era più restia di te ad ammetterlo. Per loro natura, le anime gemelle tendono a spostarsi verso il luogo dove si trova l'altra..."
"Mi hanno sbattuto i servizi sociali qui a New York" fece presente Keith, incrociando le braccia.
"... nell'ottantasette percento dei casi" finì Shiro, che continuava a ridersela. Si chinò di fianco per baciarlo e, per un istante, anche se in mezzo a un tramestio che Keith davvero non sopportava, tutto sembrò essere perfetto lo stesso.
"Non sei neanche un po' curioso di sapere come sia il blu?" domandò Shiro, riprendendo a camminare e adocchiando le vetrine. Avevano unito l'utile al dilettevole, decidendo anche di fare i regali di Natale.
Keith tenne il broncio, appoggiandogli la testa contro la spalla. "E se con questa terza... anima gemella" faticò a dirlo. "Le cose non andassero davvero? Non posso essere così fortunato da trovare un altro te" sbuffò, rosso in faccia.
"Ci sarà un altro tipo di carattere con cui vai d'accordo, oltre al mio" Shiro era davvero troppo divertito da quelle confessioni e intenerito allo stesso tempo. "Con Pidge e Allura vai d'accordo."
"Sono amiche..." poi un pensiero lo rabbuiò e fermò Shiro dal proseguire. "Senti, se la terza parte fosse una.... una donna, io avrei dei problemi" confessò, guardandosi nervosamente intorno come se all'improvviso tutti fossero dei nemici. "Cose da anime gemelle o meno, io non... non mi sento a mio agio con-" e si bloccò, gesticolando con sguardo febbrile, ma Shiro lo fermò prima che tutto diventasse imbarazzante.
"Keith, respira. Io non credo sarà una donna" lo rassicurò, stringendogli le dita fredde e portandosele alle labbra per baciargliele.
"Cosa te lo fa dire?"
"Sensazione?"
"Ti prego Shiro, non è una risposta!"
L'uomo sospirò. "Non è qualcosa di cui vado fiero, ma quando stavo con Allura a volte cercavo di indagare lo stesso quella sensazione di mancanza che sentivo, tentando di capire che tipo di conforto avrebbe potuto darmi la mia anima gemella. E, non so come spiegarlo, ma quando ti ho incontrato, tu incarnavi perfettamente la forma di quella mancanza... ora che la sento di nuovo, come dire... le vibrazioni sono ancora quelle."
"Mi fido di te" sospirò Keith.
"Ho capito che per te non è facile, ma proviamo a fidarci entrambi. Facciamo dei tentativi, e se non vanno, penseremo a qualcos'altro."
Keith capitolò. "Va bene... ma non mi metterò a stringere la mano a sconosciuti o a urtarli per sbaglio... non sono ancora così disperato."

“Assolutamente d’accordo, non vorrei che venissi arrestato per molestie” ridacchiò Shiro, guadagnandosi uno spintone. “Che ne dici se ci concentriamo sui regali, per oggi?”
Keith sbuffò, annuendo, e si fece trascinare per negozi, continuando a detestare un po' tutto e tutti, ma se aveva Shiro al fianco poteva tenere duro.
Questo finché non entrarono in una profumeria e Keith si ritrovò davanti quella che era diventata la sua nemesi. Su un'intera parete del negozio troneggiava la pubblicità della Blue Essence.
"Questa è una persecuzione” sbottò, guardando malissimo la modella con quell’abito così grigio da dargli ormai il voltastomaco. “Neanche fosse bella” aggiunse con una smorfia.

“Sarai bello tu” replicò una voce a pochi passi da lui, distraendolo. “Devi essere sulla lista dei bambini cattivi di Babbo Natale per entrare e offendere così un povero cartello pubblicitario” continuò con una melodrammatica mano sul cuore quello che si rivelò essere un commesso.

“Cosa!?” Keith lo guardò con diffidenza, risistemandosi il berretto che gli stava scivolando sulla fronte. Il naso gli pizzicava un po’ per la miscellanea di odori del negozio e cercò si ritrovare Shiro spaziando l’ambiente. Ma fu distratto di nuovo.

“Fammi indovinare, sei uno di quei tipi che non ha mai creduto a Babbo Natale” continuò il commesso, mani sui fianchi e un angolo della bocca sollevato neanche avesse trovato qualcuno da torturare.

Keith era confuso, ma non sapeva se per l’atteggiamento arrogante o per il discorso. Lo guardò assottigliando lo sguardo.

“Non sono mai stato in nessuna lista di Babbo Natale” replicò imbronciato e con un’onestà disarmante anche per se stesso, avendo implicitamente ammesso di non aver mai passato dei gran natali. Lo aveva affermato con così tanta naturalità che neanche gli diede peso.
L’espressione del commesso di addolcì, almeno nello sguardo, che Keith notò essere grigio, ma di una tonalità diversa da quella di Shiro. Erano belli, anche se sembravano stonare nell’insieme dato dalla carnagione caffellatte e dal capelli castano scuro. Erano come privi di…

Keith sbuffò tra sé, passandosi una mano in faccia con rassegnazione.

“Ehi amico, se c’è qualche problema sono qui per aiutarti! È letteralmente il mio lavoro” ridacchiò il commesso, indicandogli con un ampio cenno il negozio. “Il cartello della Blue Essence non lo tirò giù neanche se mi preghi, ma abbiamo un reparto di profumi da uomo molto fornito.”

“Non mi interessa il profumo” borbottò Keith, cercando di nuovo Shiro in mezzo alle folle assiepate davanti agli espositori. “Sono… siamo qui per un regalo. Credo.”

“Oh, sei un bambino sperduto allora!”

Di nuovo, Keith lo guardò come se quel rivolgersi a lui in maniera così sfrontata fosse uno scherzo o se il ragazzo fosse serio. “Mi stai prendendo in giro?” il pensiero divenne parole e Keith avrebbe voluto strapparsi la lingua da solo. Tuttavia, il commesso non sembrò aspettarsi di nuovo quella sincerità e ridacchiò ma cercando di tenere serrate le labbra per limitare l’eccesso.

“Può darsi, ma diciamo di no, se ti lamenti in cassa di me poi mi tolgono punti! Quindi,” si schiarì la voce, “lascia che ti aiuti nella tua quest! Chi stiamo cercando?”

“Shiro.”

Il commesso annuì lentamente e con pazienza. “Ok, Shiro. Che sembra il nome di un cagnolino adorabile, ma presumo sia una persona, giusto?”

Keith lo guardò male di nuovo. “Shiro è la mia anima gemella” sbottò, per arrossire un attimo dopo dandosi dell’idiota per aver sottolineato il loro legame come una quindicenne sognatrice e innamorata.

Per la prima volta, qualcosa sul viso del commesso non sembrò così divertito, ma più simile a una tristezza rassegnata, anche se la dissimulò bene. “Ok. Shiro. Mi sai dare una descrizione così ti aiuto a cercarlo?”  

Fu come chiedere a Keith di descrivere il suo gusto di gelato preferito; il suo viso si colorò di entusiasmo, fu improvvisamente loquace e gesticolò senza rendersene conto.

“È più alto di me, così. Spalle larghe. Ha un cappotto grigio in lana, i capelli neri ma un ciuffo bianco e gli occhi grigi”

“Wow, per fortuna che alla tua anima gemella piacciono le tonalità grigie, non saprei come avrei fatto diversamente” asserì sarcastico il commesso. La potenziale figura di merda colpì Keith in pieno, facendogli bruciare le guance dall’imbarazzo.

“Posso cercarlo da me” aggiunse Keith alla svelta.

“Ma no, no. Non mi sono offeso. Tanto prima o poi l’anima gemella si incontra, no? Secondo la mia abuelita io non sono fatto per vedere il mondo grigio per sempre.”

“Abue.. lita?”

“Mia nonna, la mia nonnina, in spagnolo. Sono di Cuba” spiegò il commesso, mentre si guardava intorno alla ricerca del fantomatico Shiro. “Sono venuto qui per studiare e, be’, credo anche per trovare la mia anima gemella, visto che ho questa fissa per New York da tipo sempre” ridacchiò tra sé, poi guardò Keith con un nuovo brillio negli occhi, stavolta di curiosità. “Non mi sembra che tu abbia un accento di qui, ma neanche particolarmente marcato. Di dove sei?”

Keith soppesò la domanda per un po’, ma alla fine non ci trovò nulla di male a rispondere.

“Texas” ma non aggiunse particolari che comprendessero orfano, affidamento o servizi sociali, anche se ebbe uno strano impulso a dirlo.

“Un ragazzo del Texas nella Grande Mela per la sua anima gemella, sembra la didascalia di un film!”

Keith rise senza pensarci. “Vale anche per te” la confidenza fu strana ma lasciò correre.

Il commesso gli puntò addosso due dita-pistola, facendogli l’occhiolino.

“Si intitolerebbe Just a boy from Cuba! Potresti starmi simpatico, anche se l’ho visto che hai un mullet lì dietro! Gli anni ‘80 sono finiti, ti hanno informato?”

Keith sbuffò, ma senza prendersela. Quel tipo sarebbe andato d’accordo con Pidge.

“Oh, se il tuo Shiro è un manzo da un metro e novanta con l’eyeliner perfetto credo di averlo trovato.”

“Cosa? Dov’è?”

“Qui” e indicò a pochi passi da loro, alle loro spalle, appena fuori dal raggio d’azione delle loro chiacchiere. “Ehi, Shiro!”

Confuso dalla voce, Shiro si guardò intorno, per individuare poi la mano sventolante del commesso che gli indicò Keith. Si avvicinò, scambiando prima un’occhiata intima con il compagno per poi squadrare il commesso con l’aria colpevole di chi pensa di non ricordarsi qualcuno.

“Piacere, Shiro! Il tuo ragazzo non ti trovava e si è affidato al mio eccellente occhio da cecchino per scovarti! Quando passate in cassa lasciate una buona parola per il vostro amichevole commesso di profumeria!” ridacchiò, facendo un passo indietro come di commiato, anche se non si allontanò davvero. “Se poi vi serve una mano per scegliere qualche regalo, rimango a disposizione.”

Nonostante a Shiro mancasse qualche tassello in quel riassunto veloce, accettò l’offerta.

“Volevo un parere sul profumo Gocce di Mare per un regalo.”

“Che!? No!” Keith intervenne di istinto, facendo voltare gli altri due, ma lui guardò in faccia solo Shiro. “A chi vuoi regalarlo!? Non compreremo quel-- quel-” non trovò le parole per esprimere il concetto di odio ingiustificato che aveva verso quel prodotto.

“So che ad Allura interessa” spiegò il compagno, suonando un po’ come una scusa un po’ no, perché non capiva il comportamento di Keith.

Anche il commesso lo guardò scettico. “Amico, cosa ti ha fatto di male la Blue Essence? Giuro che la loro linea di prodotti rispetta l’ambiente e non fanno test sugli animali.”

“È blu” bofonchiò Keith, incronciando le braccia.

“È blu” ripetè Shiro, in un sospiro, capendo cosa intendesse.

“Ehi, ma che problemi avete voi due col blu?” intervenne il commesso in atteggiamento di ramanzina con le mani sui fianchi. “Ok, capisco che iniziare a vedere i colori può essere un trauma, ma ora non ditemi che il blu è brutto perché mi sentirò personalmente offeso!”

“Non ti riguarda” borbottò Keith di nuovo a disagio per creare situazioni imbarazzanti e risultare poi scontroso. Doveva mettere una croce sopra i centri commerciali e auto bannarsi.

“Ok, d’accordo” concesse il commesso, ricordandosi del proprio ruolo. “Ma qui sono il responsabile delle vendite della Blue Essence, visto come i miei colleghi trovano divertente che sia l’unico colore che io riesca a vedere, quindi piano con le offese. E poi, come stavo dicendo, i prodotti di questa linea sono davvero buoni, lasciano la pelle-”

“Cosa hai detto?” lo interruppe Shiro.

“Stavo dicendo che sono prodotti di un’ottima qualità! Oltre al profumo c’è-”

“No, aspetto. Prima, che cosa hai detto? Riguardo al blu.”

“... che è l’unico colore che vedo. Sentite, mi state simpatici, davvero, e non lo dico perché poi possiate lasciare una bella recensione - cioè, anche - ma fuori di qui vi sarete scordati di me, quindi facciamo che adesso io rientro nel ruolo di commesso che prova a vendervi qualcosa e voi tornate a essere clienti in cerca di regali di Natale, ok? … Shiro, perdona la franchezza, ma il tuo sguardo mi sta mettendo in soggezione.”

Shiro lo stava esattamente guardando come fosse il proprio regalo di Natale.

“Puoi vedere solo il blu? Come? E perché?” brontolò Keith, ancora perso nei propri sentimenti negativi verso quel colore per realizzare. Shiro gli diede una gomitata e un’occhiata eloquente, ma il compagno farfugliò solo un “Ahia!” massaggiandosi la parte lesa.

Nella confusione di chiacchiere e scalpiccii affrettati, Shiro allungò una mano verso il ragazza sconosciuto che aveva davanti, dimentico di tutto il resto.

“Possiamo presentarci di nuovo? Mi chiamo Takashi, ma Shiro va benissimo” offrì.

L’espressione del commesso non era delle più convinte; era certo che da un momento all’altro sarebbero scappate fuori telecamere nascoste e quello fosse tutto uno scherzo per incastrarlo sul fatto che perdesse tempo al lavoro, nonostante fosse tra quelli con il numero di vendite più alto proprio in virtù del suo essere tanto amichevole. Tuttavia, quello Shiro aveva una presenza a cui non si riusciva a dire no, quindi gli strinse la mano.

“Sono Lance”

Accadde. Per tutti era uno spettacolo che succedeva una sola volta nella vita, se si era fortunati. Per Shiro non fu nuova, ma bellissima lo stesso; avvertì la stessa sensazione, lo stesso brivido della prima volta, quando un anno prima aveva conosciuto Keith.

“Piacere, Lance. Hai degli occhi blu veramente molto belli” disse e c’era solo una sconfinata dolcezza nel suo tono, un po’ come sentire qualcuno dire bentornato a casa.

Lance, al contrario, aveva perso l’uso della parola. Continuava a fissare la mano che stringeva la sua, e nessuna delle due era più grigia. O almeno, non del tutto. Due toni diversi, un rosa chiarissimo e uno più tendente al cioccolato. Era così perso in quella contemplazione che neanche udì Keith commentare offeso e Shiro replicare con una risata roca, liberatoria. No, lo guardo di Lance, ancora basso, fu attirato da altri piccoli dettagli, come gli adesivi sul pavimento del negozio, colorati a indicare il percorso per i reparti, o un elastico giallo caduto a qualcuno, e ancora la pila di volantini con le promozioni del periodo.

Shiro gli strinse la mano, stretta alla sua, per farlo tornare in sé. Lance lo guardò in faccia.  

“Certo che tu non cambi davvero molto” rise nervoso, riferendosi ai suoi capelli bianchi e neri e gli occhi grigi. Poi, fu colto da un pensiero che gli procurò un filo di panico, mentre adocchiava Keith, senza mai lasciare andare le dita di Shiro. “Non è possibile” disse, troppo frastornato per elaborare. “Voi due siete già… perché io riesco a…”

“È una storia che stiamo ancora cercando di capire” risposte Shiro, anche se in quel momento era l’ultima cosa che gli interessava.

“Ehi” intervenne di nuovo Keith, che stava guardando malissimo le loro mani. “Che cazzo sta succedendo?” e sembrava davvero offeso.

Lance ritrasse la sua, a disagio, ma allo stesso tempo senza riuscire a distogliere l’attenzione da Keith, confuso nel vedere affiorare pochi colori su di lui, ma rimanendo rapito dalla tonalità violacea dei suoi occhi, che letteralmente lo lasciarono in apnea per qualche secondo.

“Io…”

“Keith” lo richiamò Shiro. “Penso che compreremo quel profumo ad Allura. E che pagherai tu.”

“Cosa!? Non esiste.”

Ma Shiro rise, scuotendo la testa e tornando a rivolgersi a Lance. “Ti dispiace prendere una confezione e darla a lui?” e gli fece l’occhiolino.

Lance obbedì come sotto incantesimo - il fascino di Shiro stava rapidamente acquistando una prospettiva diversa - e afferrò una delle scatole di Gocce di Mare, ficcandola in mano a Keith frettolosamente.

Era successo appena cinque minuti prima, ma Lance avvertì di nuovo la stessa sensazione avuta con Shiro. Quel grigio che vedeva nel cappotto di Keith mutò e divenne una fiamma nel buio, colorandosi di rosso intenso per una frazione di secondo. Poi Lance sentì una fitta alla tempia e si ritrasse.

“Piano” Shiro gli appoggiò una mano sulla schiena per sostenerlo. “Avrai un po’ di mal di testa all’inizio. Domani andrà meglio.”

“Mi viene da piangere” bofonchiò Lance. Aveva così tante emozioni dentro ad agitarsi che iniziava a fargli male anche il petto. E due lacrime lasciarono davvero i suoi occhi.

“Per tutto questo tempo è stata colpa tua” la voce di Keith lo raggiunse tremante.

Quando alzò il viso, Lance lo vide con le guance rigate e un’espressione omicida. Stringeva la confezione del profumo così tanto da averla rovinata, mentre la guardava come se lo avesse offeso nel profondo. Poi Keith spostò la propria attenzione al cartellone pubblicitario della Blue Essence, completamente diverso, completamente blu come quel mare in gocce che pubblicizzava.

“Lance” chiamò, tornando con un’occhiata verso di lui e verso i suoi occhi, molto più belli e in armonia col resto di lui. “Prendiamo questo profumo. E anche te. Voglio andare a casa.”


April 2025

M T W T F S S
 1234 56
78910111213
14151617181920
21222324252627
282930    

Most Popular Tags

Style Credit

Expand Cut Tags

No cut tags
Page generated Jul. 3rd, 2025 08:36 pm
Powered by Dreamwidth Studios