COW-T 12, seconda settimana, M1
Prompt: Punto di non ritorno
Numero parole: 3440
Rating: Verde
Warning: non fatelo a casa?
Chuuya era nervoso e questo si rifletté sul dito che continuava a tamburellare sul display del cellulare, cambiando canzone su spotify in continuazione. Anche se aveva le cuffiette wireless premute nelle orecchie e un volume indecente - tanto da meritarsi un’occhiataccia dalla signora di fianco per gli scorci di metal che le stava facendo ascoltare - Chuuya riusciva perfettamente ad ascoltare i propri pensieri. E c’erano campanelli d’allarme ovunque.
La metropolitana si fermò, le porte si aprirono e per un attimo il corpo di Chuuya fu sul punto di prendere il comando e la decisione che lui non sembrava in grado di intraprendere: tirarsi indietro. Gli sarebbe bastato varcare quella soglia e non arrivare a destinazione. Una sorta di sliding doors ma volontario. Come salvare il proprio (non ancora ufficiale) lavoro. Un terapista di coppia che si lasciava coinvolgere sentimentalmente dalla coppia in analisi, davvero un’ottima presentazione.
Si passò una mano sulla faccia mentre le porte della metro si chiudevano, la corsa ripartiva e lui ricominciava il conto alla rovescia delle possibilità che ancora gli restavano.
Avrebbe potuto ripetere quel teatrino mentale per ancora sette stazioni. Era come avere tra le mani una margherita e giocare con i suoi petali, salvo che lì si trattava di prendere una decisione che avrebbe finito col cambiargli la vita. O forse stava solo tirando fuori una tragedia esagerata.
Cambiò di nuovo canzone col bisogno di sentire qualcosa raschiargli le orecchie e magari dargli una svegliata. Si stava comportando come se fino a quel momento non avesse scelto lui stesso di ficcarsi in quella situazione e rimanerci incastrato.
Avrebbe dovuto capirlo dal primo momento: accettare un lavoro da Dazai Osamu era di sicuro una trappola. Con lui non esistevano mezze misure, non esistevano cose che accadevano per caso. Aveva avuto la riprova che lo Sgombro lo avesse contattato solo dopo aver architettato tutto da tempo, con il finale di quella storia già in mente. A meno che non stesse puntando a rovinargli una carriera non era ancora a tutti gli effetti iniziata, il che era un’altra possibilità da non scartare.
Sospirò così forte che sembrò un’imprecazione e la signora di fianco a lui decise di alzarsi e cambiare posto. Chuuya neanche si accorse di come il suo dramma solitario stesse attirando più di uno sguardo. Era troppo occupato a ricollegare insieme per l’ennesima volta i pezzi.
Tutto era iniziato qualche tempo prima tramite il suo instagram. Era poco più di due anni che portava avanti quell’esperimento per pagarsi gli studi e anche fare ricerche per la tesi di laurea, e fino a prima di ricevere la telefonata di Dazai era filato tutto anche troppo bene.
Chuuya aveva scelto di fare il terapista di coppia alternativo. Era nella sua natura un approccio diretto e, già dalla prima seduta, aveva capito che non sarebbe riuscito a restare con le mani in mano semplicemente ascoltando la coppia. Così si era creato un profilo fittizio su instagram e aveva iniziato a riempire le didascalie delle fotografie e le stories più disparate con le proprie frustrazioni lavorative sul voler cambiare metodo di approccio, anche se questo minava molti fondamenti dell’etica e della distanza coi pazienti. Tuttavia, aveva sorprendentemente funzionato.
La prima coppia che l’aveva contattato - Yosano Akiko ed Edogawa Ranpo - lo avevano fatto più con curiosità per capire cosa intendesse con “terapia alternativa” ed era stato grazie a loro se lo aveva capito anche lui, vivendolo in prima persona. Eticamente parlando, mescolarsi a una coppia come terzo incomodo sarebbe dovuto essere fuori discussione, ma era successo. Da lì era diventato più un “terzo comodo”, un nomignolo che gli faceva storcere il naso, ma che, grazie a un bislacco passaparola, aveva iniziato a funzionare.
Nel mentre, Chuuya si accorse che un’altra fermata metro era passata, le porte si erano chiuse e le possibilità di salvarsi erano diminuite di una. Era sempre più vicino al punto di non ritorno.
Riprese a ricordare, nel tentativo di sedare l’agitazione. Dopo Yosano e Ranpo c’erano stati Mori Ougai e Fukuzawa Yukichi, i padrini della coppia. Gli era anche stata raccontata tutta la storia, di come Fukuzawa fosse in effetti il padre adottivo di Ranpo, mentre Mori era stato il mentore di Yosano - anche se i rapporti non erano rosei. Tralasciando i loro trascorsi, la prima impressione che aveva avuto Chuuya era che il suo esperimento sarebbe finito ancor prima di iniziare.
Di certo, quello che era successo con Yosano e Ranpo - a letto - non si sarebbe ripetuto con la coppia più veterana. Non per una questione di età o pregiudizi, ma più perché i loro problemi erano di natura prettamente intellettuale (sfiorando l’illegale, ma non aveva voluto ficcanasare più del necessario a rinsaldare i rapporti). Dopo tre mesi Chuuya era sfibrato, ma si era conquistato, cosa non da poco, la fiducia di Mori, insieme a qualche cenno di intesa da parte di Fukuzawa per il proprio operato, il tutto coronato da alcune cene in ristoranti tanto chic che neanche con uno stipendio fisso si sarebbero potute permettere.
Quello che non aveva previsto era stato come Mori, una sera, se ne fosse uscito con una frase all’apparenza del tutto casuale, ma che aveva ribaltato lo stomaco a Chuuya nel giro di due battiti di ciglia.
“Sei decisamente diverso da come ti descriveva Dazai. Dovevi stargli molto antipatico.”
Il tutto corredato da una risatina che la diceva chilometricamente lunga.
Era stato l’inizio della fine. Chuuya aveva scoperto quella sera che Mori era stato il tutore di Dazai Osamu, un suo vecchio compagno del liceo, la sua nemesi numero uno, il ragazzino allampanato che gli aveva appestato l’adolescenza spingendolo a una precoce crisi di nervi. La cosa più bella di finire il liceo era stata quella di levarsi lo Sgombro dai piedi, ma non di certo per ritrovarsi anni dopo a gravitare intorno al suo ex tutore.
Chuuya in breve aveva deciso di accettare un’altra richiesta di consulenza per staccare la testa e prendere momentaneamente le distanze, mentre frammenti di incubi dei suoi quindici, sedici, diciassette e diciotto anni tornavano a imperversargli nella mente come se qualcuno avesse lasciato aperte delle finestre e tutte le foglie avessero iniziato a invadere i suoi spazi; tempo di spazzarne via alcune, eccone altre arrivare e infilarsi ovunque.
La coppia a cui aveva deciso di dedicarsi avrebbe dovuto svuotargli la mente, e in realtà ci era riuscita, oltre a togliergli ogni briciolo di pazienza ed energia. Aveva dovuto ricredersi nel cacciarsi in mezzo a Nakajima Atsushi e Akutagawa Ryuunosuke, due ragazzini - non importava che avessero poco più di vent’anni - che non sapevano passare mezza giornata senza litigare… per poi saltarsi addosso come gli (ex) adolescenti che erano. A Chuuya c’erano voluti due mesi solo per capire quali fossero le incomprensioni di base - esperienze simili, ma approcci molto diversi - e aveva anche intuito che il litigare fosse parte integrante della loro relazione e non c’era molto da farci. Ci aveva ricavato del sesso niente male, una volta messi a cuccia entrambi, e aveva anche insegnato loro come prendersi un po’ di tempo senza essere totalmente distruttivi. A conti fatti, era stata una soddisfazione a trecentosessanta gradi. Se non fosse stato per uno spiacevole finale.
“Dazai-san è davvero un bugiardo. Diceva che eri inaffidabile, Chuuya-san.”
Eccolo lì, di nuovo. Lo Sgombro. Lo stronzo che riappariva nel discorso a cose fatte. Quasi strozzandosi con il vino all’happy hour a cui aveva portato i cuccioli per festeggiare la fine della terapia, Chuuya aveva appreso da Atsushi che Dazai era stato l’insegnante di entrambi - motivo per cui si erano conosciuti.
“Dazai insegna!?” era stato il primo pensiero sconvolto di Chuuya. Quale persona sana di mente avrebbe affidato la formazione delle giovani menti del paese a uno scellerato come lo Sgombro?
Nel giro di una serata Chuuya aveva appreso quale fosse la nuova vita della sua nemesi, dettagli che non avrebbe davvero voluto sapere. Prima delle nove era già ubriaco perso e, senza pensarci due volte, era stato ospitato sul divano di Atsushi e Ryuunosuke che non se l’erano sentita di mandarlo a casa da solo. Ebbro di alcool e di ricordi che voleva cacciarsi dalla mente, aveva accettato un nuovo incarico da una coppia che spendeva davvero troppe parole a tergiversare su come non avessero davvero bisogno del suo aiuto, ma che provare alla fine non costava (e quella affermazione sarebbe invece costata ai due una tariffa maggiorata).
Non l’avesse mai fatto. Se Chuuya pensava di avere avuto problemi con Mori e Fukuzawa, sopportare anche solo una settimana Kunikida Doppo e Sakaguchi Ango fu la vera sfida.
Mentre ripensava a quei due pali in culo si accorse che mancavano solo due stazioni al capolinea e sentì le mani sudate e nelle cuffiette era partita un’inaspettata Avril Lavigne con Head Above Water che sembrava perfettamente in tema con la sua situazione interiore. Deglutì e imprecò di nuovo, tornando a concentrarsi sul come fosse in quel pasticcio.
Anche se interamente la colpa non era di Kunikida e Sakaguchi, a Chuuya piaceva pensare che fossero stati la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Ovviamente l’aveva scoperto a conti fatti, solo alla fine dei quattro mesi di terapia spesi con loro.
Si chiedeva ancora come fosse sopravvissuto al loro percorso di coppia con i continui rimbrotti di quel biondastro con un OCPD parzialmente diagnosticato che non passava dalla porta. Non che Sakaguchi fosse meglio, con la la sua vena depressiva, vittimistica e stacanovista altrettanto ingombrante. Le giornate con loro terminavano solo quando Chuuya raggiungeva e si scolava in solitaria un’intera bottiglia di vino senza neanche farci caso, ma solo col bisogno di affogare i pensieri. Far capire a entrambi che, oltre al lavoro, esistevano anche le loro esigenze affettive, motivo per cui avevano finito col contattarlo, era stato come insegnare a un bambino che due più due faceva quattro e non tre. Era elementare, ma non ci arrivavano.
La parte più divertente di quell’ABC della vita di coppia era stato però insegnare ai due come dare dei baci decenti. Perché ne avevano avuto davvero bisogno. A detta di Chuuya, sembravano due bastoncini Findus quando si baciavano. Lo smacco li aveva fatti arrossire come ragazzini. A pensarci, ci rideva ancora di gusto. Kunikida pretendeva di dargli lezioni con quel suo tono arrogante e giudicante, quando non riusciva neanche a esprimere l’affetto che provava per il proprio compagno. Chuuya si era chiesto più volte da dove derivasse la propria pazienza - anche se esteriormente non sembrava possederne, ma per aiutare quei due casi umani ne aveva dovuta tirare fuori davvero parecchia.
Peccato che, ancora una volta, era arrivata la stangata inaspettata - e sempre mentre sperava di rilassarsi al termine di una terapia e si stava gustando una ricompensa culinaria a gratis, una benedizione per le sue tasche da studente squattrinato. Ma come si diceva, non c’era due senza tre, e il concetto non gli era entrato in testa.
Era successo fuori a cena con i due Quattrocchi, durante il secondo. Kunikida aveva ricevuto una telefonata che era cominciata con uno sbuffo davvero troppo pesante - un presentimento che aveva già lasciato intuire anche Ango chi dovesse esserci dall’altro capo del telefono, ma non di certo a Chuuya.
“… che significa che domani non vieni a scuola!? Ti sei stirato la schiena facendo cosa!?”
Chuuya aveva scelto il momento sbagliato per mettersi in bocca un boccone del filetto costoso che riempiva il suo piatto.
“Giuro che domani alle sei e mezza sarò davanti a casa tua e butterò giù la porta se necessario per portarti al lavoro, Dazai!”
Era una persecuzione ed era sempre più vicina, capì Chuuya dopo che ebbe ingollato un intero bicchiere di vino per non strozzarsi. Fissò il cellulare di Kunikida come fosse stata una bomba, o come fosse stato Dazai stesso. Aveva ignorato volutamente l’occhiata di Ango, che sembrava saperne molto, ma che stava volutamente tacendo.
Gli eventi avevano subito un’impennata quando Kunikida aveva spostato lo sguardo sul rosso, fissandolo dritto negli occhi, ancora al telefono a sentire il collega blaterare - Chuuya si era sentito un cretino per non aver pensato alla possibilità che, in quanto professore di matematica, il biondastro potesse conoscere Dazai, ma sarebbe stato davvero un mondo troppo piccolo. Kunikida gli aveva quindi allungato il proprio cellulare, sbuffando dalle narici.
“Vuole parlare con te.”
Chuuya aveva osservato lo smartphone come se si fosse dimenticato come si usava. Una voce, che purtroppo conosceva bene, trillò contenta dall’altra parte.
“Ehi? Lumaca? Ci sei? Mi senti? Terra chiama Lumacaaa!”
Lumaca.
Erano anni che non sentiva quel nomignolo.
“Sgombro di merda, che cazzo stai combinando!?”
Perché il nocciolo era sempre lo stesso con lui. C’erano stati dei puntini nella mente del rosso e tutti si stavano unendo per indicare quello stronzo spilungone come il burattinaio dietro le quinte. Chuuya si era massaggiato la fronte, ignorando gli sguardi sorpresi di Kunikida e Ango.
Ci stava arrivando finalmente.
“Sei stato tu, fin dall’inizio, non è vero?”
“Non so di cosa tu stia parlando” e il tono era stato così falsamente innocente che avrebbe anche potuto credergli, perché la realtà lo faceva solo che incazzare.
“Tu… cazzo, chi dei due conosci!? Yosano o Ranpo!?”
Dazai aveva fatto finta di pensarci un poco.
“In effetti entrambi, ma prima Yosano. Prendeva lezioni dal mio tutore.”
Ed eccolo lì, il collegamento. Yosano e Mori, e poi…
“Atsushi e Ryuunosuke. Perché?”
“Perché no? Atsushi era davvero entusiasta del tuo aiuto, mi ha anche rimproverato per come ti avevo dipinto.”
Chuuya non era riuscito a trovare l’insulto più appropriato. Aveva scelto però di alzarsi e allontanarsi dal tavolo, sordo ai richiami di Kunikida per riavere indietro il proprio cellulare.
“E la coppia di stacanovisti, invece?”
“Ah, su di loro sono innocente.”
“Dazai.”
Chuuya aveva capito dal proprio tono di essere stanco. Aveva corso tanto lontano dallo Sgombro che aveva finito col ritrovarsi di nuovo allo stesso punto. Il destino doveva odiarlo.
“Sul serio. Quasi innocente, diciamo.”
Chuuya aveva sbuffato esasperato.
“E allora chi!? Sembra che tutti i miei ultimi pazienti siano collegati a te!”
“È stata un’idea di Odasaku. È amico di Ango - anche io, ma dettagli. Ha spinto lui affinché ti contattassero.”
Il nome aveva vibrato nella memoria del rosso come un ricordo archiviato nella catasta che gli stava piovendo addosso da mesi, ma non lo aveva riafferrato sul momento. Dazai doveva averlo intuito, perché gli era andato incontro.
“Il nostro insegnante di letteratura al liceo, ricordi? Oda Sakunosuke, capelli rossi, occhi color del mare.”
“Certo” aveva mentito l’altro, sbuffando. “Cosa siete ora, un’associazione a delinquere che plagia le giovani menti? Chi è la testa bacata che ti ha dato la licenza per insegnare!?”
Dazai aveva riso e lo stomaco di Chuuya si era contratto, facendo una specie di capriola. Era stato un suono che Chuuya aveva archiviato nella memoria, ma si era fatto molto meno cattivo, sempre con un fondo di presa per il culo, ma decisamente più leggero e orecchiabile.
“Qualcosa del genere.” Poi Chuuya aveva sentito un’altra voce di sottofondo e Dazai si era allontanato un attimo dal ricevitore. “Parli del diavolo. Odasaku ti saluta.”
“Siete ancora a scuola a quest’ora?” aveva chiesto Chuuya confuso.
Dazai aveva riso di nuovo, in maniera davvero troppo morbida per non entrargli nelle vene.
“Siamo a casa. Conviviamo da un anno e un po’.”
La vetrata del ristorante aveva restituito a Chuuya il proprio riflesso con la bocca spalancata e lo sguardo smarrito. Il suo cervello aveva messo insieme i pezzi con qualche difficoltà, non perché non si incastrassero - aveva tutto perfettamente senso, Dazai aveva sempre spasimato per il professore di letteratura - ma per tutte le implicazioni di sottofondo.
“Ti sei fatto il prof!?” e Chuuya era tornato ad avere diciassette anni.
Dazai era stato così cristallino nella risata che si era potuto avvertire totalmente la sua felicità. Un altro nodo si era chiuso alla bocca dello stomaco del rosso. Avrebbe dovuto dire addio a quel filetto nel piatto, ormai freddo.
“È più corretto dire il contrario, ma sì. Vuoi farmi le congratulazioni?”
“Ma strozzati, Sgombro. Dimmi invece che cazzo vuoi da me? Perché mi stai dando il tormento?”
“Ma se è la prima volta che parliamo da anni?”
“Non voglio stare ancora al tuo gioco, che vuoi?”
Dazai era rimasto in silenzio qualche secondo, ma non perché fosse a corto di parole. Chuuya aveva invece passato il peso da un piede all’altro, ripetendosi di non essere nervoso. Aveva una quasi laurea in psico-drammi e tutta la sfera del genere, eppure Dazai sarebbe rimasto il suo più grande mistero.
“Vorrei i tuoi servigi come terapeuta di coppia” iniziò lo Sgombro con un tono quasi convincente, tanto che Chuuya restò zitto aspettando la cazzata. “Io e Odasaku non abbiamo propriamente dei problemi tra noi, ma non viviamo benissimo la vita scolastica col fatto che io sono un suo ex allievo e be’, il nostro rapporto non è ufficiale, ma non è neanche un segreto. Questa via di mezzo non fa per noi.”
Chuuya aveva atteso ancora. O, più precisamente, aveva cercato di elaborare la richiesta per quella che era. Ma era stato surreale.
“Ora che hai finito con Kunikida e Ango dovresti essere libero? Che ne dici?”
“Sei… serio?”
“Perché non dovrei esserlo? I feedback che ho avuto da tutti sono stati entusiasti, anche troppo considerando che sei tu, Lumaca. Sei come il vino che ti piaceva bere di nascosto a scuola, eh? Stai invecchiando bene. Ieri Kunikida pareva una persona nuova a scuola - ho sgamato subito che dovesse aver sperimento del sesso decente come probabilmente non gli è mai capitato prima. Che gli hai fatto?”
Chuuya si era schiaffato una mano sulla faccia, lanciando un’occhiata alle proprie spalle, dove Kunikida e Ango stavano continuando la cena senza di lui, dando l’idea a tutti gli effetti di una coppia felice e contenta.
“Non ero con loro l’altra notte” aveva precisato, ma un lato di lui era contento di sapere che le sue lezioni avessero aiutato i due. Era sempre la parte più soddisfacente del proprio lavoro.
“Mh, mh. Vedi? Vuol dire che sei affidabile. Potrei accontentarmi dei feedback di Yosano, Atsushi, anche di Mori, ma vedere Kunikida rilassato e appagato li batte tutti.”
“Senti” lo aveva fermato Chuuya, sospirando e guardando verso il soffitto elegante del ristorante, ingoiando un insulto. “Io e te abbiamo dei trascorsi, non puoi chiedermi una cosa del genere.”
Si era appellato all’etica per la prima volta da quando aveva iniziato quel lavoro e si era dato dell’ipocrita da solo un attimo dopo.
“Ti pago tre sedute in anticipo e avrai tutte le cene gratis, tanto cucina Odasaku. Ti sorprenderai di scoprire quanto è bravo non solo a parlare di autori morti e sepolti.”
“Sgombro, non è così che funziona-”
“E ho un Romanée-Conti da aggiungere alla tariffa. Se però non lo vuoi, penso che proverò a rovesciarlo nel prossimo stufato di Odasaku.”
“Cristo, tu hai bisogno di un esorcista, non di uno psicologo” aveva imprecato Chuuya. “Va bene, accetto. E se hai mentito sul vino ti uccido.”
“È bello sapere che le tue minacce non sono cambiate. Facciamo Domenica alle sedici? Ti mando l’indirizzo per messaggio, se il tuo numero non è cambiato. Vengo a prenderti in stazione.”
Suddetta stazione fu quella che la voce pre-registrata annunciò come la successiva e Chuuya scattò in piedi, interrompendo la musica nelle cuffiette di colpo insieme al viale dei ricordi recenti. I famigliari rumori dei vagone lo colpirono rimportandolo alla realtà.
Era arrivato al capolinea. Varcata quella soglia non si tornava indietro. Avrebbe riallacciato i rapporti con la persona che più aveva odiato in vita sua e lo avrebbe persino aiutato con la sua vita sentimentale.
Deglutì il vuoto, pensando a com’era andata fino a quel momento. Esclusi Mori e Fukuzawa, con tutte le altre coppie che aveva seguito Chuuya era finito a letto come parte, in un certo senso, del percorso terapeutico. Il solo pensiero che potesse arrivare a un punto del genere anche con Dazai e con il suo ex professore di letteratura gli diede una sensazione molto strana, perché non fu un totale rifiuto. Ingoiò il brivido e il pensiero insieme.
Tuttavia, sul suo viso doveva esserci del disgusto vero perché Dazai gli scoppiò a ridere in faccia appena lo vide.
“Sei davvero contento di incontrarmi di nuovo, eh? Sei ancora in tempo per rifiutare…”
“Ma piantala, Sgombro. Da qui in poi non si torna indietro. Avanti, fai strada. Ho accettato per il vino, ne avrò bisogno e una sola bottiglia non ti basterà per sopportarti e farmi restare.”