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COW-T 13, seconda settimana, M1

Prompt: un personaggio si prende cura di un altro personaggio infortunato, malato, e/o bisognoso di conforto.

Numero parole: 1591

Rating: Verde

Note: un ipotetico incontro tra un giovanissimo Hawks e Mera circa ventitrenne nella caffetteria (?) della Commissione per la Sicurezza Nazionale degli Hero.  


Mera Yokumiru non aveva mai capito cosa volesse fare nella vita.

Per lo più si era fatto trascinare dalle correnti, cercando qualche ideale da perseguire, ma con scarsi risultati.

Appena uscito dal liceo si era ritrovato ad accettare un lavoro fisso dietro una scrivania, fino a quando qualcuno non aveva intuito - o sancito per proprio comodo - quanto fosse un lavoratore instancabile

Da lì, in un’escalation che l’uomo stesso aveva faticato a comprendere, si era ritrovato a scalare una dopo l’altra le mansioni della Commissione per la Pubblica Sicurezza degli Eroi, fino a ritrovarsi a gestire le pratiche per le licenze, vedersi affidata per intero l’organizzazione degli esami, annuali e straordinari, fino al rilascio degli attestati, oppure al ritiro delle patenti, con annesse verifiche sui reclami, più tutti gli extra che potevano derivare dall’essere considerato praticamente il braccio destro nell’ombra del Presidente in carica. Se c’era un mezzo segreto all’interno della Sicurezza prima o poi lo veniva a sapere, sempre se dato segreto non partisse direttamente dal suo ufficio. 

In breve, Mera aveva iniziato a sperimentare la vita dal punto di vista degli insonni e di chi aveva una casa per bellezza, a volte dimenticava persino l’indirizzo, date le scarse volte in cui riusciva a tornarci.

Imparare a dormire ovunque era diventata una necessità, come avere sempre in tasca almeno un paio di boccette di integratore power-up che lo rivitalizzassero abbastanza da affrontare il mare infinito di scartoffie sulla sua scrivania.

Notte e giorno avevano acquisito significati relativi alle situazioni o ai gradi di deprivazione di sonno in cui versava. A volte scambiava una semplice luce al neon per il sole o la luna e si immaginava in vacanza da qualche parte. Un miraggio.

Quella notte, più che un’illusione data dalla stanchezza, ciò che provò fu un mezzo infarto.

Non che fosse nuovo ad allucinazioni dettate dalla spossatezza - ci avrebbe potuto riempire i taccuini di uno strizza cervelli - ma accendere la luce della caffetteria e ritrovarsi fissato da un bambino alle quattro del mattino aveva del patologico.

“E-Ehi…” salutò per buona educazione, mentre cercava di ricordarsi a che livello di esaurimento fosse arrivato per avere una visione simile. Era certo di aver schiacciato un pisolino almeno ventisei prima. “Ti sei perso?”

Il ragazzino si guardò intorno. 

“No” e scosse la testa.

No, quello che si sentiva perso era Yokumiru. Si guardò alle spalle, sperando di intercettare qualche collega, ma non vide nessuno. Salvo il bambino, la caffetteria e le stanze limitrofe erano deserte. Forse con una tazza di caffè a ricollegargli le sinapsi quell’allucinazione sarebbe sparita. O volata via dalla finestra, viste le ali rosse che aveva sulla schiena.

Un tarlo gli grattò la testa, dandogli l’idea che quello fosse l’indizio giusto per venire a capo dell’enigma, ma nelle condizioni in cui versava, Mera poteva processare mezzo pensiero alla volta.

“Io mi preparo un caffè… tu… vuoi qualcosa?”

Si sentì osservato - indagato? - dallo sguardo del piccolo mentre raggiungeva la caffettiera. Probabilmente avrebbe dovuto chiedere altro - dove sono i tuoi genitori? Chi ti ha fatto entrare?di preciso, come fai a essere qui? - ma non poteva affrontare tutto quello senza prima della caffeina in circolo.

Il bambino fu in dubbio se rispondergli o meno, continuando a fissarlo, tanto che Mera, in soggezione come se non fosse stato lui l’adulto della situazione, quasi fece strabordare dalla tazza la preziosa linfa vitale.

“Ci sono i biscotti?”

“Biscotti” ripeté Yokumiru, neanche fosse nuovo alla parola. La sua mente gli venne in soccorso con una gamma di possibilità. 

“Biscotti…” poggiò la tazza e aprì i primi due sportelli davanti a lui, trovando una dozzina di ramen istantanei impilati. Non aveva neanche idea che ce ne fossero. Le sue gite in caffetteria si limitavano all’elemento base - il caffè. Gli venne il dubbio di non avere mai aperto nessun armadietto. Quella fu l’occasione per scoprire cosa ognuno contenesse.

“Biscotti!” disse un’altra volta con più convinzione, deciso a tirarli fuori. Era certo che almeno uno dei suoi colleghi fosse goloso. Lo sfiorò persino l’idea di uscire un attimo e andare al konbini davanti il palazzo, se fosse stato necessario. Ma non ce ne fu bisogno.

“Oh. Eccoli” Se li trovò davvero davanti. Due scatole, una aperta e fermata con una clip. Le prese con estrema cura, come fossero state le sue ferie arretrate.

“Tè verde o cioccolato?”

Il ragazzino lo scrutò con gli stessi occhi fissi - iniziò a notare qualche dettaglio in più, come la natura del suo quirk riconducibile a un rapace cacciatore, nonostante il visino tondo - per poi passarli sull’una e l’altra scatola.

“Cioccolato.”



Qualche minuto più tardi, il divano della caffetteria era stato colonizzato.

Mera era al secondo sorso di caffè e cominciò a ristabilire i contatti con la realtà. Al suo fianco, il bambino stava consumando in lenti morsi il bottino.

“Sono buoni?”

La lunga occhiata probabilmente lo giudicò, o semplicemente fu curiosa, ma l’impiegato non poteva essere più in pace col mondo in quel momento. Una manina allungò un biscotto verso la sua faccia. Non disse nulla, ma continuò a mantenere lo sguardo su di lui come una preda e Mera si sentì obbligato ad accettare. Senza sapere esattamente cosa fare, lo inzuppò nel caffè prima di dargli un morso.

Un mugugno di puro piacere lo sciolse contro la spalliera del divano.

“… non ricordavo più il sapore del cioccolato.”

Il bambino gli offrì l’intero pacco e Yokumiru se ne concesse un secondo.

La caffeina e lo zucchero ebbero un effetto doping, ravvivandolo.

“Che fai da queste parti? Sei in visita? Dove sono i tuoi genitori?”

Come fosse stato premuto un interruttore, il ragazzino smise di masticare. Ingoiò quello che aveva in bocca e poggiò la scatola di lato, fissando davanti a sé. Ma davanti a loro c’era solo la vetrata che dava sugli uffici dalle luci spente, quindi non c’era davvero nulla da guardare. 

Sulle prime, Mera non comprese. Non era bravo con i bambini - era più abituato a vedere adolescenti chiassosi e impavidi, e anche lì aveva scarse doti relazionali - ma qualcosa di quel piccoletto lo faceva sembrare molto più simile a un adulto. Un adulto cresciuto terribilmente in fretta.

“Mio padre è in prigione. Mia madre non lo so. Sta bene. Mi hanno che si sarebbero occupati di lei.”

Mera ebbe la netta impressione di essere caduto in una di quelle gaffe dove si parlava prima di connettere il cervello - Cos’è quel muso lungo? Non ti sarà morto il gatto, spero!

Avrebbe voluto avere lui la scatola di biscotti per offrirgliene uno e rimediare. Si grattò la nuca, cercando di pensare.

“Err… Mi dispiace. Non deve essere facile.” 

Lo guardò, mentre la sua testa lo riempiva di input che non riusciva a riordinare. Aveva iniziato la conversazione col piede sbagliato, ma alle quattro di notte incappare in una forma di vita intelligente non rientrava nella sua routine.

Tuttavia, a guardarlo non dava l’idea di essere abbattuto dalle circostanze. Eppure, qualcosa in Yokumiru lo spinse a riconsiderare quell’ipotesi. Era piccolo - sei o sette anni forse? - ed era da solo, con uno sconosciuto, in un ufficio governativo a mangiare biscotti al cioccolato alle quattro del mattino. Non era più o meno la fine che aveva fatto lui, ma rischiava si esserci molto vicino.

“C’è qualcosa che ti piace?” provò, aggiustando il tiro.

Quando il bambino lo fissò con quella mono espressione da cui non traspariva nulla, Mera fu certo di aver messo di nuovo il piede in fallo. Ma poi qualcosa gli illuminò lo sguardo. Qualcosa che sembrava poter vedere solo lui.

“Endeavor.”

Yokumiru sbatté le palpebre, piegando la testa di lato.

“Endeavor?”

“Endeavor. Mi piace Endeavor.”

“… l’Hero?”

Non doveva essere così strano, ma raramente sentiva nominare al primo posto l’eroe di fuoco, nonostante fosse il secondo della nazione. All Might era il preferito dei bambini. 

“Endeavor ha catturato mio padre.”

Mera fu ancora più confuso su come dover prendere quell’affermazione. Una parte della sua mente gli gridò disperatamente Biscotti! Come se afferrare la scatola e metterla fisicamente in mezzo alla conversazione potesse essere più sensato.

Mmmh… Endeavor… vediamo…”

Prese il cellulare e aprì YouTube, digitando il nome. Uscirono i risultati più disparati e cliccò sul primo che recitava Compilation delle vittorie fiammeggianti - Parte 3.

L’audio partì fin troppo alto, ma quando girò lo schermo e passò il telefono al bambino, vide come il viso gli si illuminò, le immagini sul display che si riflettevano nei suoi occhi. Non disse nulla. Non espresse nessun entusiasmo se non trattenere il fiato. Non iniziò neanche a blaterare nulla che avrebbe fatto un qualsiasi ragazzino della sua età, elencando nomi di mosse o episodi particolari. Rimase solamente fisso su ogni sequenza, mangiandola con gli occhi.

C’erano poche cose che smuovevano Mera dal suo torpore costantemente costretto alla veglia. Quella notte, in maniera del tutto casuale, scoprì quanto potesse essere rilassante condividere del tempo, che avrebbe potuto impiegare per dormire, con un bambino taciturno e per nulla abituato a chiedere o ricevere attenzioni. Avrebbe scoperto negli anni tutte le potenzialità avvolte da quelle piume rosse, oltre che il nome e i segreti che si portava dietro. 

Per quella notte, quando chiusero gli occhi stanchi e crollarono l’uno addosso all’altro - con la voce profonda di Endeavor proveniente dal cellulare - nessuno dei due si chiese chi fosse l’altro. 

Il conforto arrivava nelle forme più disparate, ma il tepore non cambiava, anche se si era due perfetti sconosciuti. 


April 2025

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