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Cow-T, terza settimana, M2

Prompt: Sabbia a perdita d’occhio, tra le ultime colline e il mare. (Alessandro Baricco, Oceano mare)

Numero parole: 1047

Rating: SAFE


Fandom: Voltron LD

Personaggi/Ship: Elfo della Notte!Lotor & Sirenetto!Lance

Note: Fantasy!AU (gasp)



Quando Lotor riuscì a risalire anche l'ultima collina, la distesa di sabbia che gli si presentava davanti lo scoraggiò definitivamente e lo lasciò privo degli ultimi barlumi di volontà. Il sole stava tramontando alle sue spalle, lì dove ancora sorgeva il fumo della sua sconfitta.

Non era stato in grado di spodestare suo padre dal trono. Aveva intrapreso una guerra civile che aveva portato a morire chi si fidava di lui. La strega che una volta era stata sua madre lo aveva osservato con sguardo impietoso, mentre vigliaccamente scappava, con i pochi sopravvissuti. Quel giorno aveva perso per sempre la foresta. Non sarebbe mai potuta più essere sua.

Gli Elfi della Notte avrebbero continuato a osannare un re che pian piano li avrebbe portati tutti a morire per le sue mire di potere. La sua razza era destinata alla sconfitta quanto lo era lui in quel momento, un giorno lo avrebbero capito e sarebbe stato troppo tardi.
Ma ora Lotor era lì, solo. Quei pochi che erano scappati con lui non ce l'avevano fatta a sfuggire ai soldati di suo padre. Perché il re, pur di vederlo distrutto, aveva continuato a uccidere chiunque lo avesse seguito, chiunque si fosse arreso, fino a lasciare vivo soltanto il figlio ribelle, affinché ammirasse cosa succedeva a chi si fosse fidato di lui, lo avesse appoggiato, lo avesse seguito o amato.
Lotor era partito con la consapevolessa che non si sarebbe piegato mai più a un tiranno del genere, a qualcuno che aveva scelto, molto tempo prima, il potere oscuro totale, pur di vincere. La nomea di Elfi della Notte già di suo bastava a renderli bersaglio per l'odio di tutte le altre creature, suo padre avrebbe soltanto scatenato una guerra totale per la follia del potere.
Anche quando l'ultimo raggio di sole caldo raggiunse la sua schiena, tuttavia, Lotor non si voltò indietro. Non gli era rimasto più nulla, probabilmente neanche l'alba successiva, se non avesse medicato le ferite infertegli nello scontro. Digrignando i denti per il dolore, si rimise in piedi e affrontò la discesa dalla collina.

Affondare nella sabbia fu qualcosa di nuovo. Non si era mai allontanato così tanto dai territori degli Elfi della Notte o dalla foresta in generale. Quando era stato esiliato, era stato confinato sulle montagne, al gelo dei venti, e quella distesa l'aveva conosciuta da lassù, osservandola all'alba, quando il sole sorgeva dal confine ultimo del mare e l'aurora apriva la strada al mattino con le sue dita rosate, fino a tingere le onde e la sabbia su cui si infrangevano.
In quel momento, con l'avanzare del buio, i granelli avevano un'ombra bluastra a colorarli, oltre al rosso del sangue che Lotor vi stava facendo colare sopra. L’elfo cercò di non perdere l'equilibrio, ma fu difficile camminare per metri e ancora metri, affondando e cercando di proseguire. Poteva sentirlo, il rumore del mare. Poteva chiudere gli occhi e non essere più lì, nel regno della sua sconfitta, cullato dallo sciabordio che lo attendeva alla fine di quella spiaggia.

Non sapeva perché stesse andando verso il mare; non avrebbe potuto proseguire e non c’era nulla lì intorno. Una terra di nessuno. Ma i pensieri, come gli ideali e l'onore, avevano perso di importanza ormai.
Poi lo sentì. Un suono diverso, più simile a una voce, ma con note che non aveva mai sentito. Aveva i sensi annebbiati dalla battaglia, eppure era sicuro si trattasse di una voce che cantava. Era surreale, ipnotica e con parole che non riusciva a cogliere. Traballante, si mosse ancora, ignorando che le gambe non ce la facevano più. Camminò per quelle che gli parvero al contempo delle ore e pochi minuti, la vista così sfuocata da non distinguere più cosa avesse davanti.
Quando cadde in ginocchio, era ormai arrivato alla battigia e un'onda gli si infranse contro prima che potesse anche solo realizzarlo. Era gelida e il sale gli bruciò le ferite, strappandogli il primo vero gemito di dolore e sfogo.
La voce smise di cantare a quel verso e Lotor provò a cercare le parole per chiedere che continuasse, ma niente aveva davvero importanza. Rimase lì, immobile, le mani abbandonate vicino alle gambe, mentre le onde continuavano a lambirlo, finché non cadde sulla sabbia bagnata. Sopra la sua testa, il cielo notturno scintillava di stelle, in uno spettacolo così bello e insperato per una sconfitta, che Lotor sentì le lacrime pizzicargli gli angoli degli occhi.
Aveva fallito. Aveva perso tutto e tutti. E a poco a poco, stava smarrendo anche se stesso. Il mare avrebbe potuto portarlo via. Avrebbe potuto cancellare la sua esistenza, avviluppandolo tra le onde, e nessuno si sarebbe ricordato di lui e lui non avrebbe dovuto vivere col peso della sconfitta.
Chiuse gli occhi e smise di pensare.
Fu allora che la canzone ricominciò. Una nenia, leggera e portata dalle onde. Le stesse che continuavano a passare sopra il corpo abbandonato di Lotor, lavandolo dal sangue, confortandolo anche quando non avrebbe voluto. Una di quelle onde fu più consistente delle altre e non lo abbandonò. Lotor sentì un peso sul petto e riaprì gli occhi per ritrovarne due di un blu zaffiro a fissare i suoi. E ora la nenia era lì, a un passo dalle due orecchie, sussurrata come una buonanotte.
Non aveva la forza di sorprendersi, o di muoversi. Ne trovò un barlume solo per piangere, di fronte alla prima creatura del mare che avesse mai visto al di fuori di un libro. Le scaglie azzurre brillavano di un piccolo riverbero, e delle linee dorate, come tatuaggi, correvano sulla pelle nuda e scura. In viso aveva un’espressione smarrita che provocò in Lotor una dolcezza inaspettata.
"Stai morendo?” sussurrò il sirenetto, tastando con attenzione alcune delle sue ferite che continuavano a perdere sangue.

Lotor aveva la gola arsa, le labbra che bruciavano bagnate dalle onde, ma riuscì a sollevare lo stesso un angolo della bocca, in un tentativo di ultima ironia.

“Sarei un pessimo bugiardo… se dicessi che non ho più nulla per cui vivere.”

Vedere quella creatura bellissima arrossire, incorniciata dalle stelle sopra le loro teste, riuscì a fargli battere di nuovo il cuore con qualcosa di diverso dalla disperazione.

“Come ti chiami?”

“... Lotor” sospirò, chiudendo gli occhi senza più sentire dolore. “Tu?”

“Lance…”

“Spero di incontrarti in un’altra vita, Lance…”


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Cow-T, prima settimana, Missione Speciale

Prompt: Capelli

Numero parole: 904

Rating: Safe


Fandom: Voltron LD

Ship: Lance/Lotor

Note: da qualche parte prima della fine della S6, soprattutto nei miei headcanon.



Mentre l’acqua in bagno continuava a scorrere, Lance si sgranchì le braccia, restandosene sul letto a gambe incrociate e avvolto nel suo confortevole pigiama blu, che dopo l’ennesima giornata (di una durata media di quarantotto ore) ingabbiato a sudare nella tuta e nell’armatura da paladino era proprio quello di cui aveva bisogno. E quella serata sarebbe stata dedicata solo al comfort e ai suoi rituali di benessere personale messi da parte troppo a lungo nell’ultimo periodo.

Aveva sistemato tutto l'occorrente su un asciugamano adagiato a sua volta sulla coperta, in ordine di utilizzo, anche se aveva la tentazione di mettere il tutto per gradazione di colore, mentre aspettava che il suo complice di beauty care uscisse dal bagno.

Si sfregò le mani, impaziente, finendo davvero col risistemare i barattolini e i tubetti, finché non sentì chiudere il rubinetto del lavandino.

Dalla soglia del bagno fece capolino Lotor, in un pigiama viola confezionato in pandant con quello del resto degli inquilini del Castello dei Leoni per consolidare i rapporti, a detta di Lance. (Che, a dirla tutta, aveva tossicchiato qualcosa che somigliava a “bonding moment” giusto per vedere Keith triggherarsi).

Lotor aveva tutti i capelli tirati indietro, compreso il ciuffo ribelle, leggermente gonfi dall’uso del phon, mentre la pelle del viso era appena umida sui lati, pronta per essere impiastricciata di creme dalle sapienti mani di Lance.

Lo stesso Lance lo accolse con un sorrisone, dando dei colpetti al copriletto di fronte a sé per far sedere il principe Galra dove voleva. Nel farlo, Lotor gli porse una fascia per capelli.

« L’avevi lasciata in bagno » disse con una nota decisamente stanca nella voce. Quella giornata era stata lunga davvero per tutti.

Lance la usò subito per tirarsi indietro le ciocche dalla fronte - che a differenza di quelle dell’alleato non stavano al loro posto - e si armò prontamente della prima cremina sfoggiando il suo sorriso più largo.

« Posso? Vado? » trillò, come se avesse recuperato tutte le energie solo per quell’occasione. C’era poco da fare: i momenti dedicati al beauty care riuscivano a risvegliarlo anche dopo le battaglie o le missioni estenuanti. L’aver trovato in Lotor (sia) un amante (che un amante!) delle sue stesse routine aveva reso quelle serate più elettrizzanti, oltre a fargli scoprire un repertorio di prodotti di bellezza alieni che non si era minimamente immaginato, e ottimi per sopperire alla mancanza di quelli terrestri.

« Vai » concesse Lotor, senza mai perdere il suo tocco elegante, anche se sorrise brevemente prima di chiudere gli occhi e affidarsi al tocco del Lover Boy.

Le chiacchiere non tardarono ad arrivare (altra cosa che Lance amava e che Lotor sorbiva in silenzio), iniziando da un semplice « Adoro l’odore di questa crema, anche se non voglio sapere cosa ci sia dentro » e proseguendo fino a perdersi, col principe che ogni tanto non faceva mancare qualche breve commento, palesando il suo prestare attenzione dopo tutto.

La fase viso e mani durava in media una trentina di dobosh, manciata di tick in più o in meno, ma quella che Lance aspettava davvero era la parte finale, quando tutti i prodotti venivano infagottati nell’asciugamano e riportati in bagno, e lui tornava armato di spazzola, pettine e un amore così profondo per la candida e serica chioma di Lotor che il principe Galra a volte si chiedeva se dovesse mostrarsene geloso.

Non ci fu neanche bisogno che Lance dicesse nulla: Lotor si risistemò sul letto, dandogli le spalle, in modo che il paladino blu, restando in piedi, avesse libero accesso alla sua cascata di capelli.

« Voglio farti una treccia. »

« No. »

Uno scambio di battute diventato esso stesso un’altra abitudine, preludio a Lance che si perdeva a pettinare ciocca per ciocca, trovando ogni volta un modo diverso per descrivere quella setosità a cui pareva essersi votato come un poeta con l’amata.

« Sembra di immergere le dita nel latte » se ne uscì quella sera, mentre i capelli scivolavano tra le sue dita e lui seguiva rapito ogni sinuoso movimento.

« Latte? » domandò con scetticismo il principe, cercandolo con la coda dell’occhio.

« La base dei milkshake che ti tracanni quando non ti vediamo! »

Lotor non negò né confessò, ma si prese qualche momento di riflessione, mentre il pettine in mano a Lance districava piccoli nodi.

« Stai paragonando i miei capelli alla sostanza prodotta dal vostro animale pezzato? »

« Oh sì! » tubò Lance, che non aveva minimamente percepito la diffidenza, con una malcelata punta di disgusto, nel tono del principe. E continuò imperterrito. « Ora che ci penso, quando torneremo sulla Terra ti farò provare un bagno al latte, la tua pelle mi ringrazierà. »

« Dovrai essere più convincente di così per farmi immergere in quel... liquido. »

Lance emise un suono che voleva essere un assenso, ma uscì attutito dal pettine che si era infilato in bocca per liberarsi entrambe le mani.

Qualche istante dopo, Lotor, troppo rilassato da quelle coccole di bellezza, realizzò cosa avesse combinato il paladino blu, e fu quando questi gli adagiò sulla spalla una lunga e perfetta treccia, chiusa in fondo a più ritorni dalla fascia che gli aveva tenuto indietro i ciuffi castani, ora sparati ovunque.

« La prossima volta te ne faccio una alla francese. »

Lotor roteò gli occhi al soffitto. Diecimila anni di vita e si lasciava infinocchiare da un ragazzino dalla parlantina rintronante.  


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