Apr. 3rd, 2019

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Cow-T, settima settimana, M12

Prompt: Gemelli

Numero parole: 261

Rating: SAFE


Fandom: Originale

Personaggi/Ship: Esme, Zachary

Note: voi non avete letto niente.



"Lo odio."

Esme non smise di torturare il tovagliolo del pub, continuando a guardare con astio il piccolo palchetto come tutti i presenti. La canzone era appena iniziata...


I don't want to be a poet, cause poets drown in lakes

And I don't wanna be a sinner and watch the devil dance at my wake.

I just want to be a dreamer; a dreamer who's wide awake

And I just want to be a lover even if my heart has to break.


... ed Esme già detestava tutto e tutti.

"Sei impossibile" Zachary era sbracato al suo fianco e giocherellava con il bicchiere vuoto della birra, lanciando occhiate prima a Esme e poi al palco. Le corde della chitarra vibravano e la musica scorreva sulla pelle come una carezza.

"Cosa ci trovano tutti in lui?" sbottò il moretto, sbuffando e scivolando di più sul divanetto a braccia conserte.

"Sta solo cantando. Cosa ci trovi tu che non va?"

Esme guardò Zachary con un'espressione oltremodo tradita.

"Tutto! Arriva lui e improvvisamente sembra diventato il centro dell'attenzione solo perché è bravo a strimpellare! E sai cos'è successo oggi? Che qualcuno mi ha fermato e mi ha fatto i complimenti! Suoni davvero bene!" scimmiottò in maniera così acuta da dare fastidio all'udito di Zach. "Peccato che io non abbia mai suonato manco un flauto!"

L'ex lo guardò con un sopracciglio inarcato, ma un mezzo sorrisetto derisorio. "TI scoccia che ti scambino per lui? Siete gemel-"

"Non dire quella parola!" sbottò Esme, beccandosi un sssh dal tavolo vicino. "Io ed Ezra non abbiamo proprio nulla in comune!"

"A parte l'aspetto, i geni, i genitori, una spiccata dote nel far incazzare il prossimo..."

"Ti odio."

"Stai zitto e guarda il tuo gemello prendersi la gloria, gli applausi e oscurarti. Tutti inizieranno a chiamarti Ezra e ti riempiranno di complimenti per quello che non sei."

"Ti odio fortissimo."

"Vorrei ricambiare, davvero."


Cause we were born to be dreamers, dreamers wide awake.

We were born to be lovers even if hearts have to break
[Beautiful & Wild - Kris Allen].


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Cow-T, settima settimana, M12

Prompt: Gemelli

Numero parole: 105

Rating: SAFE


Fandom: Originale

Personaggi/Ship: Logan Baskerville

Note: //



"Non sapevo che Lucian avesse un gemello."

Era una frase che Logan sentiva ripetersi spesso. Gli scivolava addosso. Non c'era mai stato rancore, in fondo le persone non potevano sapere della sua esistenza. Lui sorrideva, annuiva, aveva imparato qualche battuta o due, spesso era Lucian stesso a intervenire, il resto gli scivolava addosso.

Ma andava bene così. Logan doveva solo essere identico a Lucian, non doveva fare altro. E non aveva nulla contro il proprio aspetto. Anzi. Amava essere considerato il gemello di Lucian. Significava essere suo fratello, ed era ciò che aveva desiderato da quando lo aveva conosciuto.

"Sì, sono Logan, il suo gemello."


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Cow-T, settima settimana, M12

Prompt: Pesci

Numero parole: 234

Rating: SAFE


Fandom: Voltron LD

Personaggi/Ship: Lance, Hunk, Shiro

Note: //



"Lance, riesci a concentrarti un attimo?" sbuffò Hunk, dandogli una gomitata. Il ragazzo lo guardò con faccia da ebete, per poi trasalire quando avvertì il freddo della granita colargli sulla mano. Imprecò, spegnendo il macchinario al volo e guardandosi intorno alla ricerca di un panno per asciugarsi. Panno che gli fu passato dallo stesso Hunk, che continuava a fare segni di diniego e biasimo col capo.

"Che ti prende oggi?" borbottò, prendendo un altro bicchiere e scostando con una fiancata l'amico per completare l'ordinazione da sé.

"Il mio oroscopo dice che oggi incontrerò la mia anima gemella!" sospirò, urtando per sbaglio una bottiglia e cercando di prenderla al volo.

Il cliente della granita pagò e se ne andò con sguardo scettico, lo stesso di Hunk.

"Se stai così con la testa tra le nuvole non penso che incontrerai nessuna anima gemella."

"Non capisci! È destino! Oggi ci incontreremo! L'oroscopo diceva che sarà dei Pe-"

"È possibile ordinare?" una voce li distrasse entrambi.

Lance sembrò rimanerne folgorato. Scalzò Hunk dal posto e si sistemò in posa da flirt in cassa, un sorriso largo e suadente sul viso. Il tipo era proprio il suo tipo. Alto, muscoloso, occhi gentili e cicatrice da eroe sul naso.

"Caffè? Tè? Me?" e le sue sopracciglia fecero quella cosa per cui Hunk sentì un brivido lungo la schiena e pena per il cliente. "Dimmi che sei dei Pesci, ti prego."


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Cow-T, settima settimana, M5

Prompt: Acqua

Numero parole: 1323

Rating: SAFE


Fandom: Haikyuu!!

Personaggi/Ship: Iwachan/Oikawa/Kageyama

Note: … povero Iwachan  


Fu il termometro ad avere l’ultima parola.

« Trentasette e nove » e la voce di Iwaizumi aveva un che di poco piacevole e molto di rassegnato. Tooru, seduto nel lato di fronte del kotatsu, infagottato in un plaid e le mani a reggergli il viso arrossato, si espresse in un ghigno di trionfo degno di un idiota.

Kageyama, lì di fianco e centro dell’attenzione, lo ignorò, guardando fisso e computo Hajime. Una visione commovente e fanciullesca con le guance completamente rosse.  

« Sto bene » affermò senza esitazione, come stesse cercando di far capire al coach che era ancora in grado di giocare.

Iwachan lo guardò di sottecchi, per niente convinto, mentre riprendeva ad agitare il termometro per passarlo a Oikawa.

L’amico di infanzia lo guardò senza capire.  

« Sto già male, che bisogno c’è? »

« Controllare che tu non stia peggio. Avanti »

« Va bene Mamma Iwachan, come vuoi tu »

Il risultato fu trentotto e due. La faccia di Hajime passò definitivamente al funereo mentre i suoi coinquilini iniziarono a bisticciare come cane e gatto.

« Povero Tobio-chan, l’ho contagiato. Niente pallavolo nei prossimi giorni ~ »

« Sto bene! » ripeté con veemenza il più giovane.

« Sembri una lanterna cinese » ridacchiò l’ex setter dell’Aoba Johsai, risistemando i lembi della coperta addosso mentre faceva il giro del basso tavolino per avvicinarsi a Iwaizumi che stava ignorando entrambi immerso in riflessioni proprie.

« Sto bene »

« Quanto sei ripetitivo Tobio! Rassegnati, sembra che anche i Re prendano la febbre » continuò a cantilenare l’altro con fin troppo entusiasmo per il suo stato. Quando fece per appoggiare la testa alla spalla di Hajime si ritrovò con la brutta sorpresa di essere spinto indietro.

« Cos- Rude, Iwachan! »

« Non ci pensare per niente » brontolò l’unico sano, squadrandolo malissimo mentre si alzava e si dirigeva alla porta dell’ingresso per mettersi la giacca.

Sia Kageyama sia Oikawa, con le gote in fiamme in tandem, lo fissarono sorpresi e smarriti.

« Dove stai andando!? »

« Iwaizumi-san? »

Hajime, sciarpa e berretto sistemati ad affrontare la neve esterna, aveva la faccia poco amichevole di un martire lungi dal provare uno spassionato sentimento di sacrificio.

« A procurarvi la cena e degli antipiretici. E a dormire da Matsukawa e Hanamaki finché non sarete guariti »

« Ci abbandoni così!? »

La porta si chiuse su un drammatico e ridondante “Sei disumano, Iwachan!” seguito dal tonfo della fronte di Kageyama sul kotatsu.



Seguirono tre giorni in bilico tra realtà e allucinazioni.

Hajime aveva lezione all’università la mattina, un breve part-time il pomeriggio e gli allenamenti al club di pallavolo poco prima di cena. Una serie di impegni che nella normale routine quotidiana era in grado di attendere arrivando a sera con la giusta dose di stanchezza e soddisfazione.

In quei tre giorni il suo sistema nervoso fu messo a dura prova.

Fare da balia a Oikawa non era mai stato realmente problematico; anni passati insieme ormai avevano quasi automatizzato i suoi gesti e riusciva anche a interpretare in anticipo quanto male stesse dalle gradazioni diverse di rosso o pallido del suo corpo. Sapeva quali medicinali avrebbero fatto più effetto, quali cibi avrebbe preferito mangiare, come convincerlo a starsene buono e paziente. Se alle superiori non avesse capito che tutte quelle sue premure avevano radici in sentimenti più profondi, probabilmente, in retrospettiva, si sarebbe consigliato da solo un terapista.

Tolto Oikawa, nemmeno Kageyama era un problema. La prima volta era stato un po’ scioccante, perché Tobio da un attimo all’altro, sulla porta della cucina, dopo un “ho bisogno di un tè, non mi sento molto bene” gli era letteralmente svenuto tra le braccia - e sorreggere un ragazzo alto poco più di sé, crollato a mo’ di sacco di patate addosso, non fu una passeggiata. Quel bastardo di Tooru si era anche scompisciato dalle risate, prima di aiutarli.

Non erano loro la rogna, non se presi singolarmente, con un dispendio di forze nella norma.

Ma ammalati entrambi, insieme, fece passare a Hajime la voglia di avere figli in futuro, oltre che riconsiderare le sue opinioni sull’omicidio.    


Iwachan entrò in casa alle sei e tre quarti di mattina, busta del kombini al braccio, la posta e un paio delle riviste a cui era abbonato Oikawa in mano. Era distratto da queste ultime, leggendo i titoli del magazine sullo sport e togliendosi le scarpe, quando mise il piede sul bagnato. Si aprì la visuale scostando le braccia per constatare la pozza d’acqua sul pavimento. A realizzarla ci mise anche di più - era sveglio da più di un’ora e solo per riuscire ad arrivare a casa in tempo per sfamare e controllare i due malati.

Dopo un paio di scettici battiti di ciglia, il suo sguardo finalmente si mosse a cercare l’inizio della chiazza, ma man mano che alzava la testa quella proseguiva e si perdeva nel corridoio buio. Nel silenzio della casa si accorse alla fine dello scorrere dell’acqua proveniente dal bagno, in cui scattò l’attimo successivo, abbandonando zaino, buste e quant’altro in terra.

Iwachan non gridò un’imprecazione solo perché il buon senso era ancora forte in lui, come anche l’incredulità alla vista della vasca colma, della piccola cascatella che veniva giù dal bordo, le piastrelle offuscate da almeno due centimetri d’acqua per tutta la stanza.

Chiuso tutto, coi calzini zuppi, marciò verso la camera da letto sua e di Oikawa senza preoccuparsi delle impronte lasciate in giro. Spalancò la porta e dentro era totalmente buio; la tapparella abbassata e solo la fioca luce del corridoio delineavano due lunghi bozzoli di coperte, pacificamente addormentati. La luce della lampadina esplose non dissimile a una granata accecante e mugolii scontenti salirono dal letto.

« … che succede? » borbottò Oikawa, tastandosi intorno alla ricerca del cuscino da premersi sulla faccia. Da sotto il piumone, tirato fin sopra i capelli, Kageyama articolò qualcosa di indecifrabile.

La replica di Iwachan fu manuale, non verbale. Le coperte finirono frullate per aria, rivelando un intontitissimo Tobio, ancora rosso sulle gote, accoccolato contro Oikawa, mentre quest’ultimo lottava per trattenere il cuscino sulla faccia contro la presunta - a sua detta - prepotenza di Hajime.

« Che vuoi Godzilla, qui siamo malati, che ti prende » farfugliò il setter castano, con la voce ovattata dalla federa.

« Chi di voi due idioti ha lasciato l’acqua della vasca aperta!? Avete allagato il bagno! Fino all’ingresso! »

« … eh? » il viso stupito di Tooru, con gli occhi ancora accartocciati dal sonno e dalla luce invadente, non intenerirono Iwaizumi. Soprattutto quando la realizzazione si fece strada fin troppo chiaramente sui lineamenti, seguita da un ops.

Il cuscino tra le mani di Hajime assunse improvvisamente l’aspetto di un’arma contundente.

« No no no, fermo! Questa notte- aspetta! Non sommmpphh »

Kageyama grugnì stranito dal tafferuglio; combinò lo stringersi inconscio a Oikawa con lo stiracchiarsi, e questo tolse definitivamente al più grande il fiato, rischiando di farlo soffocare sul serio sotto il guanciale.

« Vi ho lasciati da soli una notte! » ruggì Hajime rimettendosi in piedi dopo aver mollato la presa. Masticando improperi iniziò a tirarsi su le maniche della camicia e a saltellare verso lo sgabuzzino delle scope togliendosi i calzini inutili.

Districandosi da Tobio, che finì con le braccia a penzoloni fuori dal letto, Tooru lo rincorse sbatacchiando a destra e sinistra; alzarsi in tutta fretta con ancora i sintomi della febbre e un capogiro poco piacevole non lo aiutarono a mantenere l’equilibrio, soprattutto sul bagnato del corridoio. Evitò di scivolare, ma più perché fu inchiodato dallo sguardo assassino di Hajime.

« Posso spiegarti » pigolò aggrappato allo stipite del bagno, rabbrividendo per il contatto dei piedi con l’acqua fredda.

« Sparisci a letto, ora »

Iwachan passò la mattinata ad asciugare mezza casa, senza smettere di borbottare improperi contro Shittykawa - che a sua discolpa lamentava che era anche colpa di Kagebaka, ancora addormentato (o svenuto) nel letto.


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Cow-T, settima settimana, M6

Prompt: Rosso

Numero parole: 826

Rating: SAFE


Fandom: Voltron LD

Personaggi/Ship: Lance/Keith

Note: amorini.



Festeggiare il Natale stava diventando una tradizione, anche se era solo il terzo anno.

Nonostante i due Natali precedenti fossero stati sperduti nello spazio senza nessun vero e proprio addobbo, albero, o cenone, era stato più lo spirito a contare. E Keith non ne aveva mai avuto molto in generale.

Però al primo «Ehi, ma mancano solo due mesi a Natale!» di Lance cominciava ad avvertire un formicolio lungo la schiena. Non era qualcosa di fastidioso o spiacevole, più un gentile promemoria che gli riportava a galla ricordi tiepidi.

Sì, da quando erano tornati sulla Terra avevano l’obbligo morale - sempre a detta di Lance - di fare le cose per bene: decorazioni di ogni sorta, carta da regalo a tema, ricette di nonne, ricorrenze di trisavoli e tradizioni varie ed eventuali. Però, e Keith lo stava ammettendo tra sé, sorseggiando la tisana digestiva post veglione, il tam-tam valeva la piacevole sensazione dello stomaco pieno, il calore del camino che pervadeva la stanza, la televisione in sottofondo impostata su qualche film datato e la compagnia che in quegli anni aveva sostituito la sua solitudine.

«È ora di aprire i regali!» trillò Matt con l’entusiasmo di un bambino.

«Eeeh? Di già? Ma non ho ancora battuto Pidge a carte!» si lamentò Lance.

«Se aspetti di vincere per aprire i regali, puoi iniziare la lista per l’anno prossimo» ghignò Pidge, chiudendo anche quella partita a proprio vantaggio.

«Shiro ci ha visto lungo a imporre la regola che non si gioca a soldi...» commentò Hunk impietoso, dalla sua posizione sul divano vicino a Keith. «O a Strip Poker. Lance in mutande non è la mia idea di Natale...»

Keith si lasciò sfuggire una risata più sonora del solito, arrossendo, ma solo Hunk, nella confusione da “Apriamo i regali!”, la colse e lo ricambiò con un immenso sorriso e una pacca sulle spalle.

In meno di dieci minuti il pavimento del salone fu ricoperto di carta stracciata e nastri, mentre l’aria frizzantina si saturò di allegria man mano che i pacchetti venivano aperti. Ci furono i regali più vari, da quelli seri e toccanti, a quelli scherzosi e imbarazzanti.

«Ma quella scatola immensa per chi è?» si interessò Pidge, quando ormai sotto l’albero erano rimasti pochi altri pacchi, tra cui quello citato. Era una scatola con coperchio, a sfondo blu con cristalli di neve e un largo nastro di raso azzurrino che la teneva chiusa con un fiocco sulla cima.

Lance si schiarì la voce, saltando in piedi e battendo le mani.

«Facciamo un gioco! Chiudete gli occhi e non riapriteli finché non ve lo dico io! E bocca cucita!»

Dopo un’occhiata perplessa generale e vari «Eddai! Cosa vi costa!», tutti cedettero alla richiesta. Per qualche secondo si sentì solo Lance muoversi sugli scarti della carta a terra, esprimere un «Oh issa!» e scalpicciare di nuovo. Poi, per quasi un minuto, un silenzio di stasi.

«Ci vuole ancora molto?» borbottò Pidge a braccia incrociate, ma con le labbra piegate in un lieve sogghigno mentre iniziava a capire la situazione.

«Ssh!» la rimbeccò Lance all’istante, preda del proprio cuore in tumulto.

Lui e Keith si stavano guardando negli occhi con un’incertezza da cardiopalma. Quando il paladino rosso aveva sentito qualcosa toccarlo era leggermente sobbalzato, per irrigidirsi l’attimo dopo in cui aveva capito di essere il destinatario del grosso pacco di Lance.

Davanti a lui, Lance si stava passando una mano sulla faccia sentendola calda, mentre con l’altra cercava di esprimersi a gesti secchi per incoraggiarlo a sciogliere il fiocco. Keith si mosse maldestramente - finendo col dare una gomitata a Hunk, anche lui ridacchiante della situazione nonostante gli occhi chiusi - e si liberò del nastro. Un istante dopo stava fissando il contenuto con un’espressione indecifrabile.

Shiro si schiarì la gola, seduto al tavolo con la testa appoggiata alla mano in una posa che sembrava comunicare quanto si stesse godendo la scena anche senza vederla. «Ci state tenendo sulle spine.»

«È emozionante! Anche questa è una tradizione?» domandò Allura, senza trattenere l’entusiasmo e tenendo le palpebre serratissime.

Lance e Keith li stavano ascoltando a malapena, immersi nella loro parentesi di imbarazzo. Ancora impacciato, Keith tirò fuori dalla scatola il proprio regalo e un bigliettino svolazzò di fianco a lui.

“Per ringraziarti di quel bonding moment che però non è mai avvenuto!”

Lance aveva cambiato colore e, di nuovo, a gesti, pregò Keith di nascondere il bigliettino.  

«Ok, potete aprire gli occhi!»

Nonostante fossero tutti già pronti a ridere, rimasero inermi di fronte alla scena.

Keith, con le gote sfumate di un rosa acceso, stava stringendo e contemplando il proprio regalo negli occhietti finti. Era un grande peluche a forma di ippopotamo, di una sfumatura insolitamente rossa e, anche se di pezza, sembrava capace di rendere il paladino rosso un bambino felice del proprio regalo.

«Grazie Lance» mormorò Keith, stringendolo al petto, e Pidge dovette allungare le mani e sostenere il paladino blu prima che gli crollasse addosso incespicando nelle proprie emozioni.


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Cow-T, settima settimana, M12

Prompt: Ariete

Numero parole: 147

Rating: SAFE


Fandom: Originale

Personaggi/Ship: Bryan, Chris

Note: poveri loro.  



Bryan quasi cadde di faccia, ridendo fino a tossire. La bottiglia di birra sparse il contenuto ovunque, mentre Chris tentò di tenerlo in piedi.

"Ah, ma capisci che a me piace farlo ad ariete."

Chris sospirò, maledicendosi per essersi offerto come guidatore sobrio della serata. Bryan era l'ultimo da riaccompagnare e sembrava non essere in grado neanche di attraversare il vialetto del condominio. Poi aveva tirato fuori un'altra birra, dal nulla.

"Che stai dicendo?" borbottò Chris.

"Dai, hai capito! Anche a te piacerà farlo ad ariete!"

"... intendi dire a-" Chris tentennò un attimo, guardando il sorriso ebete dell'amico. "A pecorina?"

Bryan guardò dubbioso l'amico, per quanto l'alcool lo fece sembrare molto più stupido.

"Ma sono gli arieti che sfondano. Quindi si fa ad ariete per forza! Vuoi provare? Sali!"

Chris mollò Bryan davanti la porta di casa, rosso in faccia e con un'imprecazione incastrata in gola.


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Cow-T, settima settimana, M6

Prompt: Rosso

Numero parole: 525

Rating: SAFE


Fandom: Voltron LD

Personaggi/Ship: Lance, Shiro

Note: Teen Wolf!AU




Lance fu plateale nell’ignorare Keith.

Non si preoccupò di passare da idiota quando superò il corridoio degli armadietti con il libro di economia alto a parargli la faccia, la camminata svelta e ingobbita e a malapena lo sguardo diretto al pavimento, fissandosi i piedi mentre li metteva uno davanti all’altro.

Non diede retta neanche a Hunk quando lo richiamò e chiese vagamente scusa nell’urtare quella che percepì essere Allura, dai capelli che gli finirono in faccia, la sua cotta da sempre, new entry in quel circolo di pazzia sovrannaturale che era diventata la sua vita e forse anche tutta la scuola ormai, ne era certo.

Il punto di tutta quella marcia forzata rimaneva però mettere più distanza possibile tra sé e Keith, di cui avvertì lo sguardo incandescente sulla schiena fino a un attimo prima di svoltare l’angolo.

Si comportò così anche al cambio della prima ora, e alla seconda, e durante Chimica si posizionò tra Hunk e Pidge, ignorando le loro domande Stai bene? Chi ti prende? e preferendo apparire per una volta come uno studente ligio che non alzava lo sguardo dal libro di testo. Di quel passo, Keith gli avrebbe bucato la schiena a furia di fissarlo.

Alla pausa pranzo, col sacchetto dei suoi sandwich accartocciato in mano e la tachicardia a perforargli i timpani, neanche fosse in fuga da tre giorni, Lance fu agguantato per un braccio e trascinato in un’aula vuota.

Gli occhi che si ritrovò nei suoi furono quelli grigio piombo di Shiro.

«Stai innervosendo Keith. Smettila di ignorarlo.»

Dritto al punto, conciso e con un tono grave ed esasperato.

Dal canto suo, Lance esplose tutto lo stress per quella situazione, fischiando come una pentola a pressione.

«SCUSA se da ieri vivo un attimino nel PANICO che quel decerebrato di Keith mi attacchi di nuovo! Ho passato la notte a sognarmi lui e la sua lucertolosa coda che mi strangolava e i suoi cinque centimetri di artigli che mi scuoiavano! Cosa dovrei fare!? Ti ricordi sì che mi ha aggredito

Shiro chiuse gli occhi, si massaggiò una tempia e fece un passo indietro per dargli aria, evitando di essere colpito dal suo gesticolare indignato.

«Nel suo inconscio lo ha fatto per proteggerti.» tentò di blandirlo, poco convinto.

Lance si premette i palmi sulla faccia, lasciando andare un lungo verso esasperato e molto stanco.

«Paralizzarmi e farmi assistere mentre ammazzava Gnov. Bell’inconscio!»

Shiro strinse Lance per le spalle, usando la sua presa rassicurante da Alpha e gli occhi di Lance fecero capolino tra le dita, seguiti da un uuh arrendevole.

«Cosa vuoi che faccia?»

«Comportati come tutti i giorni»

Lance scosse la testa in un chiaro nope nope nope.

«Comportarmi come tutti i giorni significa litigarci, litigarci significa farlo incazzare, incazzare signifimmmppffhh»

Con un palmo Shiro bloccò il blaterare di Lance, riuscendo a non sbuffare sonoramente dal naso e fissandolo indulgente, sebbene parlò con voce che non ammetteva repliche e con i suoi occhi rossi da Alpha. Gli occhi che mettevano i brividi a Lance e non ammettevano repliche negative.

«Non ignorarlo.» Al docile cenno di assenso del ragazzo scostò il palmo, continuando. «Procediamo col piano.»

«Evviva.»

Ovviamente non funzionò.


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