Mar. 31st, 2020

sidralake: (Default)
 

Cow-t, settima settimana, M6

Prompt: Sorrisi enigmatici

Numero Parole: 1117

Rating: NSFW

Warning: tematiche delicate e graphic description. 

Note: un missing moment post Fifteen… con un vaghissimo riferimento a una cosa. 



Il più delle volte Chuuya desiderava solo dare un pugno a Dazai e cancellargli il sorrisetto che aveva in faccia. Se dal loro primo incontro aveva capito che non c'era da fidarsi delle sue espressioni da volpe, nel giro di qualche mese all'interno della Port Mafia, Chuuya era già saturo di ogni virgola quel viso fosse in grado di proporre. Ogni volta significava una magagna, ogni volta significava che lui ci finiva in mezzo. 

Non si trattava solo dei traffici soliti della mafia, scontrarsi con qualche indipendente o altre organizzazioni, bagni di sangue o salvataggi in extremis. Dazai aveva diversi tipi di sorrisetti enigmatici per ogni occasione, fosse per preparare la cena o prima di un tentativo di suicidio. Nel primo caso - e c'era cascato solo una volta - Chuuya si guardava dall'assaggiare il cibo per non incappare in avvelenamenti fuori programma o un mix di droghe ricreative sciolte nello stufato; nel secondo caso... 

Nel secondo caso Chuuya detestava ammettere di aver sviluppato un sesto senso sgradevole. 



C'erano giornate in cui Dazai spariva. 

La prima volta, Mori aveva chiesto a Chuuya, dopo avergli elencato tutte le disposizioni della giornata, di dare un'occhiata in giro e recuperare Dazai. Con un sospiro che rasentava lo sconsolato, il Boss aveva accennato al fatto che capitavano giorni in cui Dazai non dava notizie di sé ed era meglio tenerlo d'occhio.  

Il rosso non aveva preso bene l'idea di fare da balia all'idiota del suo partner, né di andare a ficcanasare in giro per capire dove si fosse cacciato. Ne aveva fatto una questione di principio quando l'idiota aveva risposto ai suoi messaggi in modo vago per mezza giornata, ignorando le telefonate ma continuando ad assillarlo quando aveva deciso di silenziare il volume del cellulare. 

Era quasi il tramonto e Chuuya ancora non era riuscito a scovare dove il partner si fosse rintanato. 

"Sei un bravo cane a eseguire gli ordini del Boss" stava ridacchiando Dazai al telefono. Alla fine aveva risposto, ma il tono di voce aveva messo addosso a Chuuya un pessimo brivido. 

"Mi hai fatto perdere tutta la giornata, dove cazzo ti sei infilato!? Ti vengo a prendere." 

Dazai aveva riso senza allegria, come una carezza fredda sotto i vestiti. 

"Ti stai atteggiando a fratello maggiore. Hai fratelli Chuuya? Ah no, è vero, non ricordi nulla del tuo passato. Vuoi fare il cane fedele e il fratello maggiore insieme?" 

Chuuya iniziò a dubitare di aver inquadrato del tutto Dazai. Anche se il discorso lo irritava (ma cosa non lo irritava di Dazai?), il suo tono continuava a insinuarglisi sotto pelle, scendere nello stomaco a dargli una brutta sensazione. 

"Dove. Cazzo. Sei." scandì a denti stretti. 

Dazai rimase in silenzio e il rosso controllò che non avesse attaccato. 

"Ohi-" 

"Ti propongo una sfida! Vediamo chi arriva prima!" esordì di nuovo Dazai. 

"Che cazzo stai dicendo!?"

"Ricordi il locale da cui si vedeva la ruota panoramica e che abbiamo estorto a quel gruppo di wannabe spacciatori? Penso ci sia proprio una bella vista col tramonto e le prime luci della sera. Vediamo chi fa prima!"

"Chi fa prima!? Chi altro cazzo deve arrivare!?" sbraitò Chuuya iniziando a correre e maledire tutto e tutti. Si trovava non proprio dalla parte opposta ma quasi, e aveva solo un vago ricordo di dove il posto menzionato fosse. 

Dazai continuò con quei suoi suoni di gola che somigliavano a vetri rotti strofinati tra loro finché non riagganciò la telefonata, lasciando il partner con uno sgradevole sentore e un'imprecazione che fece girare i pochi passanti presenti. 




Chuuya detestava sentire il cuore pompare a mille. Detestava l'incertezza alla basa di quel battito accelerato. Odiava che fosse per colpa di Dazai. 

Aveva trovato il posto; aveva superato i cartelli Vietato l'ingresso - stabile in ristrutturazione che gli agenti della Mafia avevano sistemato dopo aver occupato il posto, e si era diretto di corsa verso l'ultimo piano. 

Il sole era già scomparso dietro l'orizzonte e la luce che illuminava l'ultimo piano dalle immense finestre era rosso sangue, un ricordo di quanto ne era stato versato la settimana prima. Il luogo era già stato ripulito e l'arredamento era già a buon punto, tanto da costringere Chuuya a fare lo slalom tra divani, mobili, casse e scatoloni ancora da aprire e teli per la pittura. 

"DAZAI! Dove cazzo sei!?" urlò Chuuya con una nota troppo incazzata e troppo alta. 

Ripensò alla chiamata e alla menzione della ruota panoramica, così corse nella stanza successiva, ricordando che la vista fosse diversa. 

Se il rosso detestava avere il cuore in gola, aggiunse alla lista anche la sensazione di ritrovarselo improvvisamente alle caviglie, col respiro che non entrava più nei polmoni. 

Dazai penzolava dal soffitto con una corda intorno al collo. 

Chuuya ebbe l'impressione di muoversi a scatti. Un attimo prima era sulla porta del grande salone, che presto avrebbe ospitato un lounge bar con gioco d'azzardo, e l'attimo dopo, con un balzo e l'uso della gravità, recideva la corda col proprio pugnale, per poi ricadere col corpo di Dazai sul divano incellofanato sottostante. 

"Uh." 

Il suicida emise un gemito di dolore nel ritrovarsi un ginocchio del partner nella schiena. Di contro, Chuuya, terreo, sentì l'aria tornare nei polmoni come se avesse aperto una valvola a pressione. Prese un respiro che fece male, ma afferrò ugualmente Dazai per il bavero e con dita rigide strattonò il cappio per allentarlo. 

"... mi fai male! Mi graffi!" lamentò Dazai. 

Chuuya emise un verso come se quello che avrebbe voluto dire si fosse appena schiantato contro i denti serrati. Finché non ebbe lanciato via il pezzo di corda oltre lo schienale del divano non si sentì padrone del proprio corpo e della situazione. 

"... ah ah, hai visto? Hai fatto prima te" ridacchiò Dazai, riverso di traverso sulle gambe del rosso, una mano a massaggiarsi la zona dolente del collo dove la corda aveva lasciato profondi segni rossi. 

Se c'era qualcosa che Chuuya avrebbe voluto dire, non ne trovò più l'utilità. Avrebbe potuto seppellire di bestemmie il partner, ma dal sorrisetto enigmatico del cazzo di Dazai una vocina nella testa gli diceva che ne avrebbe ricavato solo un ulteriore rodimento allo stomaco. 

Si frugò in tasca e tirò fuori un accendino a una sigaretta. Il primo tiro diede un iniziale senso di anestesia ai nervi, ma la boccata che soffiò in faccia al compagno fu più d'aiuto di qualsiasi tranquillante o bestemmia. 

"Cough. Ehi! Vuoi soffocarmi dopo avermi appena salvato?" 

Chuuya rincarò la dose con una seconda nuvola di fumo. 

"Prima o poi io ti ammazzo" promise. 

Purtroppo fu solo la prima di numerose altre volte a cui Chuuya fece il callo, riuscendo a decifrare dalla piega delle labbra di Dazai quale tipo di giornata sarebbe stata.


sidralake: (Default)
 

Cow-t, settima settimana, M6

Prompt: Luna nuova

Numero Parole: 1197

Rating: SAFE

Note: un post canon random in cui Atsushi e Akutagawa hanno deposto le armi e vivono insieme.  




Da quando vivevano insieme, Ryuunosuke aveva iniziato a prendere nota di diverse abitudini di Atsushi che non conosceva e non si aspettava. 

La prima era stata il suo essere quasi del tutto vegetariano. Un dettaglio che lo aveva lasciato in parte spaesato, più per l'idea non proprio da amante delle verdure che la forma di tigre di Atsushi suggeriva. Kyouka gli aveva poi spiegato che nessuno all'Agenzia aveva mai smentito il soprannome Mangiatore di uomini che gli era stato dato dai primi rapporti della polizia. La paranoia aveva fatto il resto.  

La seconda era l'entusiasmo quasi infantile che Atsushi dimostrava ogni volta che c'era la possibilità di organizzare incontri fuori dal lavoro o addirittura piccole gite con gli altri membri dell’Agenzia. Nell'appartamento del dormitorio Akutagawa aveva scoperto un cassetto pieno di mazzi di carte, piccoli e semplici giochi da viaggio e un taccuino per i punti, corredati di date e anche scarabocchi che - sempre Kyouka confermò - erano disegni storti e minimalisti dei partecipanti alle varie partite. 

La terza abitudine era qualcosa che Ryuunosuke aveva scoperto dopo diversi mesi e un indizio datogli da Dazai. Un indizio che aveva trovato irritante, perché avrebbe voluto la risposta chiara e tonda e non un: "Guarda il calendario." 

Vicino alla porta di ingresso dell'appartamento, Atsushi aveva appeso un calendario, segnando i giorni della spesa, dello stipendio, delle uscite, appunti sui casi, i compleanni... un casino di post it tagliati storti, adesivi e grafia volante. Akutagawa, quando era il suo turno di cucinare e il cibo si cuoceva lentamente, si era ritrovato più volte a fissare il mese corrente cercando di sviscerare l'indizio di Dazai. Il lato positivo era che aveva memorizzato qualsiasi "dove" e "quando" di Atsushi per i giorni che dovevano arrivare, il lato negativo era poi lo scrostare dalle padelle parte del pranzo o della cena bruciati, e sentire pure le lamentele di Jinko senza poter spiegare il perché fosse così distratto. 

Dopo due mesi così, Ryuunosuke aveva optato per un altro metodo: quando capitavano "quei giorni" di Atsushi, metteva un pallino sul calendario. Dopo quattro mesi, i dati raccolti erano i seguenti: una volta al mese, per circa tre giorni, Atsushi diventava un altro Atsushi. 

Non fu una risposta chiarificatrice, tutt'altro. L'aver convissuto con una sorella per molti anni gli aveva insegnato diverse cose, ma Atsushi decisamente non rientrata in quella categoria, per quanto i dati di base combaciassero.

Il piano b era tornare da Dazai e intimargli la soluzione a quel dilemma, ma il suo orgoglio voleva evitare un suicidio del genere. 

Kyouka non aveva avuto che un'alzata di spalle da dargli, dicendogli che capitava a tutti di essere un po' con la testa altrove e che era una caratteristica neanche così poco ricorrente in Atsushi. Ryuunosuke gli aveva dato il beneficio del dubbio, ma quando poi il mese successivo si era ritrovato di nuovo con un Atsushi che attraversava la strada ciondolando lo sguardo per aria, si addormentava sulla prima panchina disponibile anche addosso a sconosciuti, metteva il sale nel caffè e lasciava l'acqua della vasca aperta fino ad allagare il bagno... be', aveva avuto da ridire. Kyouka l'aveva liquidato con un "Ah sì, è successo qualche volta quando dividevamo l'appartamento. Penso che sia solo sbadato." Sbadato non era il termine giusto. 

Ryuunosuke aveva tuttavia omesso l'altra parte di dettagli su quei comportamenti, quelli che iniziavano al calare del sole: l'inappetenza, anche di fronte al piatto preferito (opinabile) di Atsushi, il raggomitolarsi in una coperta anche quando faceva caldo, l'insonnia e, dato non trascurabile ma neanche rivelabile senza imbarazzo, la libido smodata. 

Soprattutto il secondo giorno, di quei tre che mensilmente Akutagawa segnava sul calendario, Atsushi era incontenibile. Era capace di andare avanti fino all'alba e più volte Ryuunosuke aveva sperato che i vicini avessero tutti il sonno profondo e ignorassero i gemiti, gli ansimi e gli urli occasionali che Atsushi si lasciava scappare anche con la faccia premuta nel cuscino. 

Di certo non era una situazione normale o di qualcuno semplicemente sbadato. Erano sì giovani entrambi e avevano avuto la loro prima volta insieme da quando avevano deposto l'ascia di guerra; ciononostante il loro "sesso tipo" era molto diverso e su un'altra lunghezza d'onda. 

Durante quei tre giorni Atsushi sembrava un animale affamato in gabbia che cercava di emergere. Era come se per tutto il mese covasse qualcosa che poi pretendeva e otteneva attenzioni, attingendo a ogni briciolo di stamina di cui disponeva e consumando totalmente quella di Ryuunosuke, rendendolo un fantasma il giorno successivo. Il problema era anche trovare qualcuno con cui confrontarsi, perché se da un lato "non c'erano problemi di coppia” in quel senso, dall'altro era un comportamento che nascondeva per forza un significato. Era da considerare anche quanto Atsushi sottovalutasse il tutto, riducendolo a un "Odio l'insonnia" o "Mi sento davvero stanco oggi" come se nulla fosse o neanche se ne rendesse conto. 

Di certo Akutagawa non si aspettava che la soluzione del problema arrivasse di punto in bianco proprio da Dazai, tramite Atsushi. 

"Dice che ti ha visto un po' deperito negli ultimi tre giorni, così ha pensato di farti un regalo" gli stava spiegando scettico Jinko, passandogli il pacchetto, confezionato in carta di giornale alla bell'e meglio. C'era un biglietto, scarabocchiato con la grafia del suo ex mentore. "Non possiamo reprimere del tutto la nostra vera natura" recitava, accompagnato da una piccola caricatura di Dazai stesso che faceva il segno di vittoria e l'occhiolino. 

Scartato, il regalo si rivelò essere un altro calendario, di quelli a grandi tirature che si trovavano in libreria o nei supermarket a poco, con stampato in copertina un Tao tribale piuttosto pacchiano. 

"Ha un significato particolare per voi due?" indagò dubbioso Atsushi, guardando prima il calendario poi il compagno. 

"No" replicò secco e di istinto Akutagawa, sentendosi preso in giro per l'ennesima volta. Era un classico di Dazai rimarcare la lezione finché non veniva imparata. Anche se non lo stava prendendo a calci o non gli stava sparando addosso, Ryuunosuke avvertì quel "Forza, ci puoi arrivare anche tu!" che quel regalo sottintendeva. 

"È un regalo un po' strano da fare quando siamo già in primavera. Forse Dazai-san non sa che abbiamo già un calendario?" si domandò dubbioso Atsushi, occhieggiando quello appeso in ingresso. 

Nello sfogliarlo, l'ex membro della mafia si accorse di un particolare: erano marcati alcuni giorni famigliari, gli stessi che lui aveva segnato a sua volta. La particolarità era che in alcune di quelle caselle era cerchiato un simbolo nero, un grosso punto. Quello che a un'occhiata migliore e integrale della pagina il ragazzo riconobbe come la "Luna Nuova". 

Un'idea balenò nella mente di Ryuunosuke. 

Gli diede adito per un momento, dicendosi però che fosse una realizzazione stupida. Tuttavia, riprese in mano il biglietto di Dazai, lo rilesse, riguardò il calendario, e poi Atsushi, a sua volta totalmente spaesato. "Che succede?"

Il cellulare di Akutagawa squillò. Era Dazai. 

"Allora? Serve che lo scriva sui muri?" lo canzonò il suo ex mentore. 

"No" e il ragazzo chiuse la chiamata. 

Dopo sei mesi, Ryuunosuke si diede dell'idiota e accettò silenziosamente il fatto che Atsushi fosse quel che era: una inconsapevole tigre mannara lunatica che risentiva dell'assenza della Luna nei giorni di novilunio.


sidralake: (Default)
 

Cow-t, settima settimana, M6

Prompt: Un altro giro della spirale

Numero Parole: 1082

Rating: Safe

Note: post Dark Era, incentrato su Ango.  




Alla Divisione Governativa per la Supervisione dei Poteri Sovrannaturali c'era un'usanza per quegli agenti a cui toccavano incarichi sotto copertura. Non era una regola e non era riportata in forma scritta da nessuna parte. Non tutti ne erano a conoscenza, anzi, erano più i casi in cui agenti di passaggio, segretarie, nuovo personale e via dicendo si trovavano ad additare la buffa statuina che compariva sulle scrivania di quei membri della Divisioni "in congedo momentaneo". 

Era la piccola scultura in legno scuro di una rana. 

Dal giorno alla notte appariva vicino alla targhetta sulla scrivania che identificava il proprietario dell'ufficio. Non era molto grande e neanche particolarmente pregiata. Però stava lì, senza spiegazioni. Era anche uno dei motivi per cui alcuni avevano soprannominato la Divisione "lo stagno", scherzando su come quelle ranocchiette ogni tanto facessero la loro apparizione, presidiando posti lasciati vuoti. 



Ango aveva conosciuto quella storia quando era tornato dalla sua missione sotto copertura presso la Port Mafia. Mentre tentava di arginare la voragine che gli si era aperta nel petto e si chiedeva se fosse giusto, per lui, dopo tutto quel tempo, tornare a sedersi a una scrivania e lavorare, aveva trovato quella rana in legno ad aspettarlo. Non ci aveva fatto caso da subito, i suoi pensieri erano altrove. 

Non solo Odasaku era morto, Dazai era scomparso e la Mafia, raggirandolo come avesse avuto cinque anni, aveva ottenuto il permesso di adoperare i poteri soprannaturali legalmente in cambio della sua vita. Ango si sentiva sconfitto su tutta la linea e non riusciva a focalizzare realmente l’attenzione su quella piccola scultura intagliata. 

"Ancora a crucciarti, ragazzo?" 

Il capo Taneda entrò nell'ufficio e chiuse la porta alle proprie spalle. Aveva il solito sorrisetto provocatorio sulle labbra, qualcosa che l'Ango di ora riusciva a tollerare poco rispetto a prima. Dopo due anni nella Mafia a contatto con Mori Ougai e Dazai, Ango aveva appreso quanto insidiosi, menzogneri e dolcemente velenosi potessero rivelarsi i sorrisi. Il suo umore era di un grigio così scuro che poteva sentire il rombo di quei tuoni che nelle ultime ore si erano tradotti come battiti feroci nelle sue orecchie. Un momento così basso nella vita Ango non lo aveva mai sperimentato, ma da quello che aveva imparato, impastò un contro sorriso in risposta. 

"Sto meglio" mentì, e non si sentì in colpa. Si era abituato a farlo. 

"C’è un detto in Occidente: Ora et labora, Prega e fatica, lo conosci?" 

Ango abbassò lo sguardo sulla rana intagliata. "No." 

"Era un modo di dire dei monaci benedettini. Il tempo per la preghiera e il tempo per la fatica. Un modo per scandire le giornate con equilibrio." 

Per un attimo, un'espressione sarcastica attraversò il viso di Ango, nascosta solo dal fatto che stesse dando le spalle al superiore. Le sue dita si erano mosse di propria iniziativa per sfiorare quell’oggetto che non gli apparteneva, eppure sembrava lì per aspettarlo.

"Hai passato due anni sotto copertura, dividendoti tra noi, la Mafia e anche la Mimic. Un giorno ne raccoglierai i frutti." 

L'unica cosa che Ango avvertiva più forte e impossibile da rimarginare era il senso di colpa e la perdita delle due persone a cui meno e mai avrebbe dovuto affezionarsi. I frutti li avevano raccolti la Mafia e la Divisione, la prima col permesso di operare legalmente, la seconda con tutte le informazioni che lui aveva alacremente scritto in quegli anni. La sconfitta, il lutto e il dolore era ciò che avevano lasciato ad Ango. 

"Vivere due vite, anzi tre, nel tuo caso, è stata la causa che ha spezzato il tuo equilibrio. Hai faticato troppo senza il tempo da dedicare alla preghiera." 

Forse, pensò l'agente, il capo Taneda aveva voglia di prenderlo in giro. Lo sapeva un tipo tradizionale, anche dal modo in cui vestiva, ma non era qualcosa che faceva per lui. Ango non rammentava di essere mai stato particolarmente devoto a nessun culto o divinità. Aveva degli ideali, qualcosa che al momento si trovava sepolto dentro di lui, sotto i sentimenti che si erano corrosi in fretta nel giro delle ultime settimane. Ma pregare, ora come ora, lo faceva ridere interiormente in maniera disgustosa. Che cosa volesse intendere il capo Taneda non era così sicuro di volerlo sapere in quel momento. 

"Cosa sai di queste rane?" continuò il superiore, prendendo in mano la statuina. 

Anche se stanco e con la voglia di togliersi gli occhiali e non vedere più il mondo, Ango rimase nel proprio personaggio. 

"Avevo sentito qualcuno dire che appaiono sulle scrivanie degli agenti in congedo." 

"Apparire è una concezione metafisica” rise Taneda. “Metto io personalmente queste statuine sulla scrivania dei miei agenti sotto copertura. Ho lasciato questa rana qui il primo giorno in cui sei entrato nella Mafia.”

Un’emozione impercettibile e inspiegabile fece guizzare lo sguardo di Ango, che tuttavia si focalizzò finalmente sul proprio capo, che continuò nella spiegazione. “La rana è un anfibio e l’etimologia della parola è dalle due vite. Questo perché la rana è capace di vivere sia in acqua sia sulla terra, la stessa capacità che sviluppano i miei agenti quando si infiltrano, il vivere una doppia vita, parallelamente, dividendosi tra malavita e rettitudine.” 

Ango sentì una commozione indesiderata premergli agli angoli degli occhi. Non ne riconobbe il motivo, ma era come se uno dei tanti sentimenti stracciati dentro di lui avessero trovato la voglia di emergere e palesarsi. Era così rotto dentro, che qualsiasi movimento, qualsiasi pensiero, rischiava di ferirlo con fin troppa facilità. 

Se Taneda se ne accorse, non infierì. Riappoggiò la statuina sulla scrivania, infilandosi poi le mani nelle maniche del kimono e riprendere il discorso. 

“La rana è anche simbolo di buona fortuna, per il suo nome che significa ritornare. Concedimi questo pensiero sentimentale e di buon augurio, ma spero sempre che ognuno di voi torni in ufficio sano e salvo” e qui Taneda sospirò con aria paterna, guardando altrove e lasciando ad Ango la privacy necessaria a scacciare una lacrima indesiderata. “Non hai fallito nel tuo incarico. Sapevo che Mori non si sarebbe fatto fregare facilmente, ma non avevo inteso appieno fino a dove potesse spingersi per i propri obiettivi. I tuoi anni da infiltrato ci sono valsi informazioni inestimabili. E sei tornato vivo. Questo è quello che importa, intesi?”

“Sì, signore.” 

“Bene così, ragazzo. Prenditi il tempo necessario e chiudi con quello che è successo. Non è che un altro giro della spirale chiamata vita, non trovi?. Ah, la rana puoi tenerla. Non si finisce mai ad avere bisogno di fortuna oggigiorno.”  


April 2025

M T W T F S S
 1234 56
78910111213
14151617181920
21222324252627
282930    

Most Popular Tags

Style Credit

Expand Cut Tags

No cut tags
Page generated Jun. 29th, 2025 08:40 am
Powered by Dreamwidth Studios