[Voltron] Lullaby for a silent night
Mar. 5th, 2019 09:31 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Cow-T, quarta settimana, M2
Prompt: Dimenticarsi di qualcosa/qualcuno
Numero parole: 1234
Rating: SAFE
Fandom: Voltron LD
Personaggi/Ship: Shiro & Lance, Baby!Allura, past Allura/Lance
Note: POST S8.
Un Lunedì sera scrivi questa cosa, il giorno dopo gli autori di Voltron dichiarano “eh, ci siamo immaginati Lance che cresce una piccola Allura e il suo amore romantico diventa platonico” WTF. No, pigliatevi l’ANGST.
Lance stava cantando una ninna nanna da più di mezz’ora ormai e Shiro si decise a chiudere il libro che stava fingendo di leggere. Lo abbandonò sul tavolino e si alzò dalla poltrona, sentendo addosso tutta la stanchezza di quei giorni, ma senza che questa lo portasse a dormire, anche solo un sonno esausto. Quando si affacciò alla cameretta allestita alla bell’e meglio, trovò Lance esattamente come l'aveva lasciato: ancora sulla sedia a dondolo, ancora con la piccola Allura tra le braccia.
Erano quasi le undici di sera e nel cielo brillava Ilyan, il satellite naturale di Nuova Altea, con le sue sfumature sfumate di rosa. I raggi filtravano dalla finestra e illuminavano in pieno l’ex paladino blu e la piccola principessa. I marchi di entrambi, piccoli come i petali di un fiorellino appena sbocciato quelli di Allura, e azzurri come due gocce d'acqua quelli di Lance, baluginavano di un tenue bagliore, stimolato proprio dalla luna.
Shiro si avvicinò piano, senza dire una parola. Rimase lì ad aspettare ancora un po', ma anche se Lance lo aveva notato non accennò a smettere, lanciandogli un'occhiata rapidissima per poi distogliere l'attenzione, come se servisse a non renderlo reale e prolungare quel limbo.
In silenzio, Shiro prese una seria e la sistemò davanti a Lance. Si sedette in una posa stanca, i gomiti appoggiati alle ginocchia e le dita intrecciate scompostamente.
Le parole di quella nenia spagnola andarono esaurendosi; Lance chiuse gli occhi e smise anche di cantare. Allura continuò a dormire, la testolina appoggiata alla sua spalla e un pugnetto stretto in bocca.
"Non riesco a staccarmi" sussurrò il ragazzo; le mani gli tremarono appena, insieme alla voce, rimarcando la sensazione di stanchezza e vuoto che si trascinava in quei giorni.
Shiro gli poggiò una mano sul ginocchio, in un piccolo gesto di conforto e incoraggiamento a parlare.
A Lance servì qualche minuto ancora, prima di poter parlare di nuovo. "Non è giusto. Prima il sacrificio, ora questo..." sospirò, ed era un sospiro pieno di lacrime. "Non fraintendermi, saperla viva è più importante di ogni cosa... ma..."
Non ci riuscì; gli sfuggì un singhiozzo che gli scosse il petto e la bambina si mosse con un piccolo verso di protesta. Lance si allarmò, rinsaldando la presa tentando di riprendere a cantare, appoggiandole una mano sulla testa, ma il suo corpo non ne voleva sapere di smettere quei tremori e lui non andò oltre la prima strofa.
Shiro allungò le braccia e si fece passare la piccola, che si agitò indispettita, guardandolo con un broncetto tutto contrito. Ma bastarono le sue grandi mani calde, in coccole lente e affettuose, per far arrendere qualsiasi principio di malcontento nella piccolina. La principessa sgambettò un po', nella nuova posizione accoccolata, e tentò di afferrare con la mano il ciuffo dell'ex paladino nero, tutta concentrata nei suoi tentativi.
"Si è dimenticata di me. Non si ricorderà mai di… noi" la voce di Lance non sembrava la sua, ed era così piccola e misera che Shiro si irrigidì a sua volta. "Crescerà, diventerà di nuovo la Principessa Allura di Altea e... vivrà un'altra vita, senza sapere chi ero io per lei."
Non c'era modo di rispondere a quella constatazione senza sentire il cuore stringere nel petto e fare male.
Erano passati quasi cinque anni da quando la loro avventura a bordo di Voltron era finita. Cinque anni in cui avevano ricostruito dalle macerie intere civiltà che l'Impero Galra aveva piegato e spezzato per migliaia di anni. Avevano ricostruito anche le loro vite, un po' alla volta, pezzo dopo pezzo, passo dopo passo, senza smettere di essere quella squadra di cui l'universo aveva avuto bisogno, nonostante non agissero più insieme.
Non era stato facile per nessuno di loro. Avevano imparato a convivere con i fantasmi, gli scheletri e i sensi di colpa, ma i giorni di tempesta si erano rasserenati e il futuro era tornato ad avere una prospettiva affrontabile.
Poi, una notte, senza alcun preavviso, tutti e cinque avevano distintamente sentito un vecchio brivido lungo il corpo e un ruggito inconfondibile in testa. Di lì a poche ore, su Nuova Altea avevano fatto ritorno i cinque Leoni di Voltron, nello stupore generale di chi era stato svegliato di soprassalto, temendo che tutto potesse ricominciare.
Ma due pianti li avevano scossi più di qualsiasi altra congettura. Due pianti di bambini, di neonati, uno proveniente da Black e uno da Red. All’apertura delle loro fauci meccaniche, gli ex paladini si erano arrampicati all'istante dentro i robot fino alla cabina di pilotaggio, per trovare sui rispettivi sedili due infanti. Non c'era voluta che un'occhiata per riconoscerli. Erano Lotor e Allura.
I giorni successivi si erano alternati tra riunioni generali per cercare di capire il significato di quell’evento e momenti in cui tutti sembravano dimenticarsi della faccenda, occupandosi dei bisogno dei due neonati.
Lance, dapprima restio, ora non pareva più in grado di lasciare Allura da sola un istante. Shiro lo aveva osservato prendersene cura diviso da sentimenti diversi, passando dall’entusiasmo nello scegliere quale tutina metterle ad attimi estemporanei, in cui il suo sguardo sembrava vuoto nel guardarla nella culla. Non era stato l’unico ad accorgersene e, durante una riunione in cui Lance era stato volutamente lasciato in disparte, con gli altri si era concordato di tenerlo d’occhio.
Non tanto perché potesse fare qualcosa di stupido, il pensiero non aveva sfiorato nessuno di loro, quanto invece il timore che quella faccenda avrebbe potuto portare Lance a comportarsi di nuovo come nei giorni post guerra, dove i suoi sorrisi erano congelati e la sua presenza un fantasma di quello che era stato il paladino blu.
Non mancava istante in cui Keith ribadisse che avrebbero dovuto affidare Allura a qualcun altro e non a Lance, avanzando l’idea che sarebbe potuta crescere con le Lame di Marmora come era stato deciso per Lotor, ora alle cure di Kolivan, Krolia e delle sue ex generalesse. Ma nessuno avrebbe avuto davvero cuore di portare Allura lontana da Nuova Altea e da Coran, che per la prima volta in cinque anni aveva riacquistato lo stesso brillio negli occhi. Questo però significava anche che Lance sarebbe rimasto a gravitare intorno ad Allura, essendo Nuova Altea anche la sua nuova casa. Era una situazione complicata.
Tra le braccia di Shiro, Allura si riaddormentò di nuovo, nonostante desse l’idea di combattere il sonno, tra uno sbadiglio e l’altro. Con attenzione, l’uomo la sistemò nella culla, rimboccandole le coperte e dandole un’ultima carezza sulla testa. Anche se in silenzio, in quei giorni, Shiro non riusciva a non mascherare la tenerezza e l’affetto di saperla di nuovo viva, al di là di cosa potesse significare il suo ritorno; sentiva ancora bruciare addosso il loro ultimo abbraccio, il desiderio di fermarla e non lasciarla andare. Ma ora, c’era qualcun altro che in quel momento non voleva se ne andasse, perdendosi in se stesso.
Voltandosi, trovò Lance rannicchiato sulla sedia a dondolo, gli occhi umidi in un pianto silenzioso, ma con la potenza di un tuono in grado di scuotere le fondamenta. Shiro gli si inginocchiò davanti, cercando la sua attenzione. Gli offrì la propria mano umana e rimase in attesa finché, chiudendo gli occhi, Lance la afferrò.
“Non sei solo” rimarcò Shiro in tono fermo e sincero. “Non posso prometterti nulla su cosa succederà, ma lo affronteremo insieme. Sei con me?”
Lance annuì, soffocando i singulti in una mano, e lasciò che Shiro lo abbracciasse e lo consolasse.